Bando Gioco
Forse solo gli insegnanti dei licei, e i relativi alunni, sanno che esistono da qualche anno a questa parte le “Olimpiadi di filosofia”, con vari step: da quello d’istituto, attraverso quello regionale, sino a quello nazionale e poi mondiale. Esse hanno un intento lodevole: far entrare, attraverso il metodo pedagogico della “gara” , la pratica argomentativa nell’insegnamento della filosofia, viziato ancora dallo storiografismo gentiliano, nelle nostre scuole. L’idea, ripeto è senz’altro lodevole, (tra l’altro nella mia scuola ogni anno vi partecipa un gruppo nutrito di alunni, e alcuni giungo spesso alle fasi nazionali) ma mia sia concesso un piccolo «scherzo» sulle modalità esplicative dello svolgimento delle prove.
(per ogni riferimento serio si veda qui)
Bando Gioco
Consegna
«Nella produzione del saggio filosofico occorre curare i seguenti aspetti: problematizzazione, argomentazione, contestualizzazione, attualizzazione.»
Saggio [Un insegnante alle macchinette distributrici, motivando il suo disinteresse per le Olimpiadi di Filosofia]
Il Bando dice: un saggio, non una lettera, né una pagina di diario, un’autobiografia, né una poesia, né un dialogo, un racconto…. E neppure un saggio sul modello della tesi di laurea, una ricerca originale. Ma che davvero? Ci vogliono imporre il loro modello?
Sarebbe come tagliar fuori i tre quarti della produzione di quel genere letterario che si chiama “filosofia”! Come se Seneca, Kierkegaard, Agostino, Rousseau, Platone, Bruno, i presocratici, la maggior parte dei filosofi non-accademici, che costituiscono la più parte del canone occidentale (e la quasi totalità di quello orientale), non abbiano attinenza con ciò che si chiama filosofia. Per non parlare della filosofia come oralità, come dialogo non scritto, e ci siamo giocati la tradizione di Socrate, ma anche la gran parte della pratica scolastica, che non lo scordiamo mai, per la maggior parte è orale! Basta con queste cose! Ribelliamoci!!
Quanto zucchero?
Problematizzazione [Dialogo tra A e B]
Cosa vuol dire problematizzare?
Vuol dire chiedere cosa vuol dire problematizzare.
Mah…Cosa vuol dire rispondere in questo modo?
Significa problematizzare!
Esistono domande che hanno risposte.
I problemi della filosofia sono come i problemi di matematica, che hanno solo una soluzione?
…Mmm
No?
E allora a che serve?
Tu fai solo cose che servono?
A scuola sì. Non voglio perdere tempo.
Allora ti dico che la filosofia serve.
Dici? Ma ognuno ha comunque la sua opinione.
Vale anche per la scienza e la matematica?
Ma è diverso!
E perché? Non pensi che…
(Interrompendo) E poi, perché ci viene chiesto di porci il perché, se la risposta non si può trovare?
Chi ti ha detto che non si può trovare?
Lo penso io. Ognuno ha le sue opinioni.
Allora hai opinioni anche per le risposte alle tue domande. Te le fai? «Ti fai» problemi?
Sì, mi pongo dei problemi, ma non ho le parole per rispondere. Anzi, preferisco non pensare.
Forse già sei convinto della risposta. Non è così? O forse non hai le parole per rispondere o non hai le parole da dare alle domande che ti fai? E se io ti dicessi che la filosofia è l’esercizio del trovare le parole adatte a quei problemi per cui non ci sono di solito le parole?
Cosa? Ahahah. Mi prendi in giro?
Sì e no. Scopriamolo !
Argomentazione [lettera]
Caro Harry Potter, leggendo il bando ho pensato queste cose, te le dico scusandomi se possono essere un po’ confuse.
Esiste un unico modello di argomentazione? E quale? Quello dei sofisti? Quello di Platone? Quello di Aristotele? Quello di Bruno? Quello di Cartesio? Quello di Leibniz (calculemus)? Quello dei logici (ma quali logici?) Quello degli analitici (ma quali analitici?).
Già questo è altamente problematico. Cioè l’argomentazione è un problema della filosofia. È il problema delle regole del discorso. Esiste un unico modello del discorso? Esiste una grammatica logica universale? La pratica costituisce il senso di un campo, e perimetra l’argomento o la serie degli argomenti di quel campo costituendo insieme la topografia del campo medesimo, e le sue regole implicite o esplicite. Le regole definiscono il gioco. Dunque se le regole sono date in anticipo, il gioco magari sarà anche divertente, ma magari sarà di una noia assoluta, in ogni caso non ci cambierà radicalmente. Si potrà decidere di smetterlo quando vogliamo, magari dopo averci provato, e di fare altro. Dopodiché magari si penserà che la filosofia è quel gioco, e basta. Ma saremo sempre convinti che la filosofia è quel gioco, con quelle regole. E magari, come in questo caso, che esso è un gioco competitivo. Un’olimpiade. Una gara individuale.
Non è così. La filosofia nasce come amicizia. E gli amici si aiutano, non competono. Semmai competono insieme per cercare insieme la verità, quello che dà senso alla loro vita. I primi filosofi erano amici del sapere e così erano amici tra loro. Se si intende per gara non una pratica competitiva dove conoscendo già le regole e applicandole si possa raggiungere un premio, che consiste nell’aver primeggiato, allora la filosofia sarebbe già uccisa prima di nascere. Se ne usciamo come siamo entrati, magari con una medaglia, tanto vale darsi al Risiko. La filosofia non è un gioco in questo senso. Non è un gioco d’azzardo. In filosofia non si perde mai.
Certo, si potrebbe pensare che la gara semmai sia con se stessi, per migliorare se stessi. Ma questo avrebbe significato se già si sapesse chi si è. Ora esattamente questo è già uno dei problemi maggiori della filosofia: chi si è? Chi siamo? Chi sono?
Ma la gara può avere un’altra funzione: quella di un esercizio. Esercizio di argomentazione. Ma allora l’argomentazione è la ricerca, non solo lo strumento. È la ricerca di regole che costituiscono il gioco della ricerca della verità. Bella sfida, non è vero?
Allora io vi propongo di giocare a questo gioco. Ma con ironia. Ci chiedono di giocare, a un gioco dove le regole sono talmente vaghe che potrebbe sembrare che non esistano. La vaghezza delle regole costituisce proprio il gioco della filosofia. Ma si tratta di trovare queste regole. E questo vuol dire argomentare. Argomentare è il fine, non lo strumento.
La filosofia è la ricerca della verità, essa ama la verità. E odia tutto ciò che ostacola questa ricerca. Se tale violenza dipende dalle regole che vorrebbero imporsi su di essa, la filosofia sarà critica. Ma non per partito preso. Si può dire anche che la filosofia è quell’arte di dare a sé la regola nella ricerca della verità, sullo sfondo di un limite fondamentale: tutte le volte che una regola ostacola tale ricerca, deve essere oltrepassata. La verità è il senso. Il senso del mondo, di noi, della vita, delle relazioni, delle cose, delle speranze e delle angosce in cui ci intruppiamo nell’esistenza. Argomentare significa in fondo questo: non cedere alla violenza, anche se essa possa apparire ragionevole, riflettere su quello che ci permette di non cedere alla violenza, sforzarsi di cercare sempre di nuovo, osare di dare un senso. Osala la verità!
Contestualizzazione [Spiegazione in classe del professor Aldobrando de Pa(pe)ris]
Qui intendono che tutte le cose che pensiamo debbono essere collocate accanto a nomi di Grandi Filosofi, che le avrebbero pensate meglio di noi. Oppure si intende per contesti: contesti storici. Ad esempio: qual è il contesto storico in cui a qualcuno viene in mente di pensare che la filosofia sia un’olimpiade? Che essa sia una gara per primeggiare in base all’esibizione di competenze argomentative? Forse c’è qualcuno molto interessato a selezionare “capitale umano” in base a queste competenze? Forse che ne ha bisogno il mercato?
Ma contestualizzare significa proprio questo. Riflettere sul contesto. E tale riflessione non può non incontrare la storia. Ogni contesto è divenuto. Non esiste un contesto eterno. Così come non esiste una lingua atemporale che possa andare bene per ogni contesto. Per questo la filosofia deve sempre contestualizzare. A partire dal contesto in cui viviamo. La mia famiglia, la mia classe, il mio corpo, fatto così e così, le mie domande, e via via, in cerchi sempre più grandi, come quando si tira un sasso in uno stagno e l’onda si allarga, si può arrivare anche al contesto nazionale, globale, universale… Universo, ciò che ruota intorno al centro. O siamo noi che ruotiamo intorno al centro? O non esiste nessun centro, ma solo quello commerciale?
Actualization [streaming of consciousness]
Philosophy is an old thing. Now there is science. Then you can groped to make it so. Or what he thought Plato in the fifth century, it must be adapted to today. What is the quarries today? The philosophers who should govern society, who would they be today? The scientists? Economists? Or: what would Socrates today? Would go to the bar? It would look on facebook? Teach in high school? sign up to the Olympics? (Do not worry, of course nope ☺)
But discounting may also have a much more interesting: rekindle latent fires. Burn with the hot wind. Some have called this fire “spirit”. From breath, “spiro”, from which “re-spiro”: inspire and exhale: without this double activity there is no life. In fact, the reason why the study in great philosopher without becoming different, without being crossed by the spirit, without breathing, is useless. I might do something different. For example, solve crossword puzzles. Or crush an entire afternoon on video games. Yes, maybe they should do it. Mmm, I’m giving in to pessimism. They are wonderful boys …!