Che lo ammettiamo o no (soprattutto a noi stessi) ognuno di noi è tormentato dalle scelte compiute nel passato. Eppure, questi sentimenti di pentimento – regrets – verso scelte fatte che, con il senno di poi giudichiamo sbagliate, non sono tutti uguali.
Prima di tutto, ci sono rimorsi per qualcosa che abbiamo fatto e che, a pensarci bene, ecco – non avremmo proprio dovuto fare. Ma secondo gli studi dello psicologo Thomas Gilovich, la maggior parte dei tormenti che ci trasciniamo dietro riguardano, invece, azioni che avremmo dovuto compiere e che – per un motivo o per l’altro – purtroppo non abbiamo compiuto. Le famose occasioni che ci siamo lasciati sfuggire.
Bisogna però ammettere che questa classificazione lascia un po’ il tempo che trova. In fondo, ogni azione – a seconda della prospettiva da cui la si guarda – può ricadere nell’una o nell’altra categoria.
Ma al di là di questa osservazione, i regrets – è vero – non sono tutti uguali. C’è, infatti, un’altra differenza, più sottile, ma ben più rilevante e ha a che fare con le scelte – nostre – e con le aspettative – soprattutto quelle degli altri.
In una società in cui ci si aspetta che tu abbia dei figli, il fatto che non li abbia avuti – se, in fondo, non ne sentivi la necessità – ha un certo peso. Non dovrebbe averlo, ma la realtà è che quando ci si discosta da ciò che le persone si aspettano da noi, beh, il peso si sente.
Ma consideriamo un’altra situazione: non aver lottato per il lavoro dei tuoi sogni – quando ancora avevi tutte le carte per tentare di arrivarci – perché ti sei accontentato di una posizione più comoda ma che adesso non ti soddisfa più, ed è troppo tardi per cambiare – ecco, c’è da dire che questa situazione ha un peso ben diverso.
Ciò accade, secondo Gilovich, perché il primo esempio – non comportarsi secondo ciò che ci si aspetta da noi – ha a che fare con l’ought self (l’io del dovere), ovvero la persona che dovremmo essere se considerassimo i nostri doveri e le nostre responsabilità, che – il più delle volte – affondano le proprie radici nelle aspettative che ha la società.
Al contrario, il secondo esempio riguarda l’ideal self (l’io ideale), il profilo costituito dai nostri sogni e ambizioni personali. Sono questi due modelli a rappresentare, nella vita, i nostri punti di riferimento a mano a mano che facciamo delle scelte importanti. Scegliere di allontanarsi o avvicinarsi a uno dei due ha delle conseguenze molto precise, che si misurano – a volte – anche in rimorsi.
Realizzare – quando ormai è troppo tardi! – di essersi allontanati dal modello dell’io ideale, quindi da come avremmo voluto essere, è ben più doloroso rispetto al rendersi conto di aver perso di vista la persona che avremmo dovuto essere.
La ragione di questa differenza è insita nel fatto che, mentre l’io del dovere prevede una serie di comportamenti e azioni grossomodo uguali per tutti, ecco, l’io ideale lo avevamo costruito su misura. Era espressione unica, irripetibile, di ciò che saremmo voluti diventare. Noi e nessun altro. Per questo, scegliere di allontanarsi da quell’idea è doloroso. E una volta abbandonato, quel sentiero – in quanto possibilità non realizzata – sarà facilmente idealizzato, diventando terreno fertile per tormentati rimorsi.
Ma se le cose stanno così, perché rinunciamo a ciò che vorremmo essere? E soprattutto, perché lo facciamo molto più frequentemente di quanto non rinunciamo a ciò che dovremmo essere? La verità è che essere come avremmo voluto, beh, è tosta. E’ una strada in salita, tutta da disegnare. E diventa ancor più difficile perché, se seguiamo i nostri sogni e le nostre ambizioni, spesso ci allontaniamo dal tracciato, monotono ma rassicurante, dell’approvazione altrui. Arrivare in vetta è faticoso. Tutto sommato, invece, salire il sentiero battuto dell’io del dovere è meno sfiancante. Sappiamo già cosa troveremo alla prossima curva e siamo appagati dall’approvazione della società.
Ma attenzione, questo spesso non basta. Per quanto avvicinarci all’io del dovere possa a volte sembrare più semplice, l’allontanamento dai nostri sogni può essere molto doloroso. E’ veramente così importante ciò che gli altri pensano di noi? Prima di fare una scelta, bisogna cercare di capire qual è l’io dal quale ci stiamo allontanando, e domandiamoci – prima che sia troppo tardi – se non stiamo, forse, rinunciando a troppo.