E’ difficile credere che il Movimento 5 Stelle possa accettare la richiesta di Salvini di cambiare alcuni ministri pentastellati con altri ministri pentastellati. Se la Lega avesse chiesto a Di Maio qualche poltrona in più, quest’ultimo avrebbe potuto accogliere la richiesta rivendicando di non essere interessato alle poltrone. Ciò che Di Maio non può proprio fare è lasciare che sia l’alleato-nemico Salvini a decidere cosa si deve fare in casa sua. Chiedere di sostituire i ministri dissidenti Toninelli, Trenta e Costa, con altri pentastellati graditi alla Lega, infatti, vuol dire ficcare il naso e la spada dentro la vita di un movimento sull’orlo della crisi di nervi. E si fatica a credere che il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio possa accettare questa richiesta di resa incondizionata da parte di Salvini.
Il tentativo di Di Maio di spostare l’attenzione sul 9 settembre – giorno in cui si dovrebbe votare il taglio dei parlamentari – appare invece come una difesa piuttosto sconclusionata. Anche il rilanciare la palla al mittente, accusandolo di voler far cadere il governo per difendere le poltrone, non è altro che una scelta tattica che evidenzia l’assenza di una visione strategica.
In questo scenario c’è da aspettarsi qualche sorpresa. Pensare che Grillo, Casaleggio, Fico e Di Battista possano restarsene fermi a guardare la Lega mentre umilia il Movimento 5 Stelle è abbastanza impensabile. E così se il Movimento 5 Stelle opterà per la caduta del governo con esso finirà anche la breve e intensa storia di un leader mancato: Luigi Di Maio. Altrimenti il leader mancato resterà in sella, ma il declino del Movimento 5 Stelle sarà sempre più inevitabile.
@vitokappa