E’ uscito il 26 settembre per Edizioni Spartaco il romanzo di Piero Malagoli, E avrai sempre una casa.
Il libro
Scordatevi di Tara, la piantagione di cotone della Georgia che fa da sfondo a Via col vento. Qui nell’Ozark, in Arkansas, la vita è dura, scandita dai tempi della semina e della raccolta del cotone che ti spacca la schiena e ti taglia le dita. Qui nell’Ozark, in Arkansas, se la terra non frutta, la banca si riprende la concessione e si perde tutto. Qui nell’Ozark, in Arkansas, non ci sono privilegi per Kayla McMath, quattordici anni e solo prove difficili da affrontare. Come la perdita della madre alla nascita della quartogenita Reese. E l’improvvisa morte del padre, che la lascia sola, con il fratello minore Lucas, nella malridotta tenuta agricola. In balia della natura selvaggia. In attesa che ritorni il fratello maggiore Isaac, partito con l’esercito confederato alla disperata difesa di Little Rock. Gli echi lontani della Guerra di Secessione non spezzano l’isolamento dei due ragazzi che resistono, il libro dei salmi della madre saldamente stretto in una mano, il fucile Springfield del padre nell’altra. Le esperienze al limite, la lotta per non soccombere e garantire la sopravvivenza della piccola Reese fanno crescere velocemente Lucas e soprattutto Kayla, che non cederà di fronte a nulla.
La mia lettura
Come Malagoli, anche io sono una appassionata di letteratura americana, leggendo questa storia la prima cosa che mi viene da dire quindi è che se mi avessero tenuto nascosto il nome dell’autore avrei potuto tranquillamente scambiarlo per un romanzo “Made in USA”.
Gli Stati Uniti di Malagoli sono quelli di uno Stato del Sud, l’Arkansas, significa che la cifra stilistica, i temi trattati, il contesto socio economico e culturale e soprattutto la natura delle alluvioni, del freddo che uccide, delle piantagioni e della manodopera schiavistica sono quelli tipici di un romanzo cosiddetto“southern”.
Siamo negli anni della Guerra di Secessione, la famiglia McMath è la protagonista, fin dalle prime pagine sappiamo che “ Nei loro giorni non c’erano aspettative, se non quella di rimanere vivi”. Il disincanto del “nihil sub sole novi”, la rassegnazione sottile aleggia per l’intero romanzo e il risultato è una serie di “fermo immagine” in diversi passi chiave efficaci per farci capire che le vite raccontate sono il “precipitato” triste e disperato di un mondo che vive tra simboli biblici e bisogni elementari.
Ci sono: Amy Page, moglie di Zachary McMath e madre di Isaac, Kayla, Lucas e Reese. Amy, neppure quarantenne, è la prima ad essere sconfitta dalla sorte, la prima che intraprende la catabasi agli inferi, il Dio invocato quotidianamente dal libretto dei salmi e nel quale la famiglia ripone la più cieca fiducia, si gira dall’altra parte e lascia che ognuno di loro si sforzi di tenere testa al destino.
Amy muore già nelle prime pagine eppure rimane presente per tutto il romanzo, è la figura della madre, topos di una storia familiare, immagine epica che lascia in eredità il ruolo a sua figlia Kayla e qui avviene il cambiamento, come Lena Grove di Luce d’agosto non può domandarsi se Lucas Burch è l’uomo della sua vita, così Kayla non può chiedersi quanto sia giusto rinunciare a correre in paese per le medicine di Reese o vedere in due occhi scuri quelli del fratello Isaac partito per la guerra con due occhi chiari. Conservare la fattoria, darsi una opportunità di sopravvivenza, vale il sacrificio di una vita e il peccato di una menzogna.
E avrai sempre una casa è la storia del declino di una famiglia di abietti, descrive bene le debolezze umane, l’incapacità di perseguire fino in fondo gli ideali più nobili soccombendo agli istinti più primordiali di autoconservazione.
La natura sovrasta ogni cosa, Malagoli “riduce” uomini e bestie allo stesso livello di impotenza contro un nemico che tutto può. Zachary McMath e sua moglie Amy hanno attraversato le loro brevi vite con una innocenza risibile, hanno cercato una via di salvezza e la “Verità” ma sono stati traditi dal conformismo religioso che attanaglia la terra dove vivono.
Kayla perde l’innocenza e, a modo suo, si emancipa, lo fa d’istinto, solo per salvarsi. Non c’è cattiveria e anche l’amore è vissuto in modo troppo primitivo per essere riconosciuto nelle forme a noi familiari. Bravo Piero Malagoli che non è, secondo me, caduto neppure nella trappola della “protettività” familiare che indebolisce sempre la volontà individuale ma che è un elemento che contraddistingue spesso per esempio i protagonisti dei romanzi di autori italo americani.
La figura di Kayla è bella come anche quella del fratello minore Lucas, l’una contrapposta all’altro. Mi è piaciuto come Malagoli ha raccontato del loro strenuo attaccarsi al passato ma è un passato troppo breve e recente, Lucas da suo padre ha imparato appena a tenere in mano il fucile, non c’è stato il tempo per imparare a sparare e Kayla per quanto scavi nella memoria non riesce a ricordare quali erbe usava sua madre per curarli dalle malattie. Devono arrangiarsi, costruirsi da soli le esperienze.
La neve, il vento, la pioggia, le piante, gli animali soverchiano letteralmente i personaggi di E avrai sempre una casa, rappresentano una sorta di “sacralità demoniaca” mascherata da destino ineluttabile.
Molti i passi degni di essere riletti e che scelgo di non condividere perché è bravo Malagoli a creare il pathos necessario per goderli.
E avrai sempre una casa – Piero Malagoli – Edizioni Spartaco pg 336 € 14,00