di Francesco Carini – Homo Sum
[…] Quanti ragazzi poveri ti invidiano, loro che avrebbero voglia di studiare, ma a cui Dio non ha dato il necessario, non solo per studiare, ma molte volte, neanche per sfamarsi. […] Torna agli studi caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili […].
(Cit. Antonio Gramsci)
Questo è l’estratto di un tema scritto in quinta elementare da Antonio Gramsci (del quale ricorre oggi l’anniversario della morte), il cui titolo era: «Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti».
A prescindere dalle simpatie politiche, e in un momento in cui si rischia seriamente il crollo di iscrizioni e di abbandoni alle università con stime vicine al 20% (da quanto dichiarato dal ministro Manfredi), si comprende facilmente quanto il giovane Gramsci, sin dalla più tenera età considerasse l’istruzione come un mezzo fondamentale per cambiare in meglio la propria vita e la realtà che lo circondava, quindi, naturalmente non solo dal punto di vista economico.
Obbligato per necessità sin dall’infanzia ai lavori più umili per le ristrettezze economiche della famiglia, vide nello studio una vera e propria salvezza, che lo riuscì a salvare da un’esistenza grama che lo costrinse da bambino a un impiego presso l’ufficio del catasto del comune di Ghilarza, dove per 9 lire al mese doveva spostare (parole testuali da una lettera alla cognata Tatiana):
«registri che pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo».
Pertanto, conscio delle condizioni familiari, il suo amore per il sapere lo portò ad andare oltre gli sforzi che un comune essere umano potrebbe comprendere e sopportare, dalle elementari fino all’università, dove, grazie a una borsa di studio (che spesso non bastava per le spese essenziali, tipo il riscaldamento), riuscì a laurearsi in lettere a Torino.
Gramsci, sotto il profilo storico e filosofico, rappresenta… Continua a leggere