Ottocento milioni di euro all’anno dall’energia elettrica prodotta in più. Oltre 1,5 miliardi di metri cubi di acqua (necessari al fabbisogno annuale di 550mila abitanti) turbinati al di fuori delle concessioni e una maggiore produzione annuale di energia di un miliardo di chilowattora. È quanto emerge dal libro inchiesta “Acque misteriose” di Giuseppe Songini che, partendo dalla produzione elettrica delle 39 centrali in provincia di Sondrio, ha calcolato l’acqua necessaria a far girare le turbine. E il conto tra concessione e acqua effettivamente usata non torna: con punte che arrivano anche al 20 per cento.
Perché nessuno controlla il prelievo per far girare le turbine delle grandi centrali e l’acqua viene convogliata nei grandi invasi per fare energia “verde”.
Questo è lo scenario della Valtellina, in provincia di Sondrio, dove si concentra il 13% dell’idroelettrico made in Italy, il 50% della produzione regionale.
Da qui, nel secolo scorso, è arrivata la corrente elettrica per far girare le macchine delle grandi fabbriche della Lombardia utilizzando un dislivello che, in poche decine di chilometri, supera i 1800 metri. Oggi il tema delle concessioni è diventato un terreno di scontro tra le comunità locali (che chiedono maggiori tutele e canoni adeguati) e le aziende concessionarie: A2A, Edison ed Enel. Il principio era questo: prendiamo l’acqua per elettrificare (e industrializzare) il Paese e in cambio paghiamo i canoni allo Stato ed enti locali. Ma nessuno (Stato e Regione) ha mai controllato l’effettivo prelievo da fiumi e torrenti che hanno subito il danno ambientale per il mancato scorrimento negli alvei dell’imponente massa liquida.
Così le società per azioni hanno continuato a sfruttare lasciando ogni anno a Comuni e Provincia compensazioni per circa 26 milioni di euro, il 3,25% dell’extra introito. Solo nel 1992 l’autorità di bacino ha messo il primo paletto con la percentuale di acqua da rilasciare e nel 2004 la Regione Lombardia ha stabilito il deflusso minimo vitale pari al 10% della portata media naturale annua.
Intanto il 31 dicembre 2010 sono scadute le concessioni allo sfruttamento del bacino a cui attingono 6 centrali di proprietà di Edison ed A2a, e la proprietà degli impianti dopo 60 anni torna all’ente pubblico concedente, passato nel frattempo dallo Stato alla Regione. Quindi il Pirellone può in teoria dare in nuova concessione attraverso una gara ad evidenza pubblica, secondo la Ue e secondo la Corte Costituzionale. Ma le grandi concessioni in scadenza sono state, con la finanziaria 2011, prorogate di 5 anni, a prescindere. Cioè senza nessuna discussione, senza le verifiche dell’impatto ambientale richieste dal Bilancio idrico della Provincia e senza colmare le lacune informative.
«Siamo al far west – attacca l’economista Marco Vitale – perché analoga disposizione di proroga incondizionata contenuta nella legge finanziaria 2006 è stata dichiarata incostituzionale». L’inerzia della Regione nel preparare le gare per le nuove concessioni ha favorito la proroga concessa dal Governo: rinnovo automatico per cinque anni (più altri 7) che è costato ad A2A ed Edison un aumento dei sovracanoni per i comuni e i consorzi dei bacini imbriferi montani (dove passano i fiumi e torrenti che alimentano le centrali) rispettivamente da 21,8 euro a 28 e da 4,50 euro a 7 per ogni kw di potenza nominale, passando da 26 a 31 milioni di euro. Un aumento di 5 milioni di euro da suddividere tra 78 comuni e cinque comunità montane.
Proroga non gradita neanche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che per le concessioni di Como, Sondrio, Brescia, Verbania e Belluno già lo scorso luglio dichiarava «il rischio di avere effetti distorsivi della concorrenza». E nelle innumerevoli riunioni tra enti interessati è uscito il nome del padre della proroga: Giuliano Zuccoli. È suo il merito come presidente del Consiglio di Gestione della ex municipalizzata di Milano e Brescia A2a, vice presidente del Credito Valtellinese, nato a Morbegno (Sondrio) e amico dell’altro celebre valtellinese Giulio Tremonti?