Quanti immigrati stanno per invadere l’Italia dal Nord Africa in fiamme? Un milione e mezzo. Duecentomila. Cinquantamila. Trecentomila. Nulla è più soggettivo dei numeri, in un Paese di grandi umanisti. Quando diventa obbligatorio o utile dare una misura esatta alla paura, alla ricchezza, alla crescita, all’emergenza, insomma alla realtà, è molto raro che ci si trovi d’accordo.
È capitato anche questa settimana, quando a bussare alle porte dell’Italia era la sanguinosa capitolazione dell’ingombrante alleato libico. Ad ammettere una crisi umanitaria e un delitto contro l’umanità la politica italiana ci ha messo un po’.
Ci è voluto che Gheddafi facesse bombardare il suo popolo in rivolta provocando migliaia di morti per sentire ferme prese di posizione da parte del governo guidato da Silvio Berlusconi. E il grande tema di come la politica italiana – tutta – ha contribuito in modo importante a riabilitare Gheddafi è stato ridotto a una polemica mediatica sulle strumentalizzazioni del Tg1 di Augusto Minzolini. Ma subito si è sottolineato un aspetto ben più preoccupante, per i cittadini: il rischio invasione. Tra i primi a parlarne, mercoledì, è stato il titolare degli Esteri Franco Frattini: «Sappiamo cosa ci aspetta se cade il regime di Gheddafi. Tra i 200 e i 300 mila immigrati. Dieci volte tanto quanti furono gli albanesi negli anni ’90». Roberto Maroni, titolare del ministero dell’Interno, interviene in modo netto il giorno seguente. I dati che presenta il titolare del ministero competente per materia sono ancora più allarmanti. «Ci sono un milione e mezzo di immigrati pronti ad arrivare a causa della crisi in Nord Africa, e non lo diciamo noi, lo dice il Frontex».
Il Frontex (agenzia dell’Unione europea che si occupa della sicurezza dei confini), di lì in poi, viene citato e chiamato in causa più volte, come autorità contro cui nulla si può replicare. Non risultano, tuttavia, prese di posizioni ufficiali dell’Agenzia comunitaria: solo un’intervista rilasciata a una radio spagnola da Gil Arias-Fernández – che di Frontex è il numero due – in cui il funzionario parlava di «potenziali immigrati da 500.000 a 1,5 milioni». Stime fatte in modo non scientifico e, come ha precisato a Bruxelles negli stessi giorni Ilkka Laitinen, che di Frontex è il capo, riferite in realtà «al numero dei lavoratori immigrati presenti in Libia». Un uomo cauto come Beppe Pisanu, che agli Interni ha preceduto Maroni nel precedente governo berlusconiano, invita a essere cauti con gli allarmi. Lui stesso, da ministro, cadde nel 2004 nella trappola dei numeri prevedendo due milioni di arrivi dalla Libia: dato smentito dalle analisi del tempo, e poi dai fatti. Ieri dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano arrivava un monito a non cedere, a proposito di immigrazione, ad allarmismi e vittimismi. Intanto la cifra di quelli da accogliere, secondo fonti del Viminale, è scesa a 50.000, e vedremo se arriveranno tutti.
L’intera vicenda libica obbligherebbe la politica italiana a una riflessione profonda, seria come la realpolitik impone a tutti di essere, mentre la reazione bipartisan più diffusa è stata: «E chi si aspettava che Gheddafi si comportasse così?». Nei giorni del massacro, il ministro della Difesa La Russa dichiarava addirittura in Transatlantico che il suo ministero a Gheddafi «non ha mai ceduto neanche un coltellino». L’articolo 20 del trattato di amicizia italo-libica, quello che per bocca di La Russa risulta «di fatto» sospeso, recita che i due Paesi si impegnano «ad agevolare la realizzazione di un forte e ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari». In diversi casi la vendita di armi, poi, deve passare per un’autorizzazione obbligatoria e vincolante del ministero guidato da La Russa, ed è capitato anche di recente (pagina 688, smd=stato maggiore della Difesa). Tutto nella norma e nel perimetro delle leggi e dei trattati, non c’è dubbio, ma chi governa soprattutto in frangenti tragici dovrebbe evitare almeno l’ironia.
La settimana si è conclusa, oggi, con un inatteso ritorno del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alle questioni “eticamente sensibili”. Finché ci sarà lui, ha assicurato, non ci sarà spazio per adozioni ai single e per i matrimoni gay. Non sembra che le urgenze principali di un Paese che lo votò per rilanciare l’economia stiano lì, e neppure che il blocco elettorale che lo sostiene dal 1994 sia spinto da un impeto moralizzatore. Segnaliamo tuttavia il passaggio a chi avesse voglia di sfuggire alle tragedie della Storia per “rifugiarsi” nella cronaca di casa nostra.