L’ultima decisione dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) è arrivata il 24 dicembre e sarà in vigore da oggi. La direzione ha comunicato a tutte le Procure della Lombardia che il personale che si occupa di valutare i rischi per la salute e il grado di inquinamento delle aree da mettere sotto sequestro perde la qualifica di polizia giudiziaria.
Eppure hanno un ruolo delicato: sono delegati al controllo della qualità dell’aria, del territorio e dell’acqua. Dentro all’Arpa c’è una guerra di poltrone, interessi e stretto controllo politico. Una rivoluzione, quella decisa dalla direzione, che nel caso della “bomba ecologica” del quartiere milanese di Santa Giulia, dove l’Agenzia ha verificato l’inquinamento da metalli pesanti, significa far saltare il segreto istruttorio e in più far pagare alla Procura il costo delle analisi, che ora invece sono gratuite. Nella pratica gli ispettori non potranno più decidere un sequestro provvisorio in attesa della convalida, né condurre un interrogatorio.
«Burocratizzazione e un accentramento dei controlli» conferma un dirigente e un passo indietro per l’ente regionale creato nel 1999 con i presupposti dell’autonomia, eccellenza tecnico-scientifica e trasmissione trasparente delle informazioni ambientali. Oggi Arpa conta oltre mille dipendenti (La Regione ne conta tremila), quasi 300 dirigenti e nel 2010 ha assorbito oltre 70 milioni di euro dal bilancio regionale per l’ambiente. Con 12 uffici in ogni capoluogo di provincia e il difficile compito di monitorare lo smog della Pianura padana. Da qui una palese contraddizione: l’agenzia è la fonte di dati sulla qualità dell’aria e dell’acqua e deve anche verificare l’efficacia delle politiche ambientali lombarde, ma il suo consiglio di amministrazione è nominato della giunta. Che garanzia d’indipendenza può avere un controllore che è completamente nelle mani del suo controllato?
Dubbi che l’opposizione in consiglio regionale ha più volte sollevato e lo scorso maggio arriva una parziale conferma: i dati delle centraline che monitorano il livello di inquinanti nell’aria sono palesemente sottostimati. Valori reali del Pm10 (le micropolveri inquinanti a maggior impatto per i polmoni) inferiori anche del 40 per cento. Sono le conclusioni di una ricerca della Commissione Europea e del Joint research center, il Centro comune di ricerca di Ispra, che il Corriere della Sera ha pubblicato. La Regione però non ha mai diffuso i risultati nonostante la spesa da 6 milioni di euro come partner del dossier.
Una brutta figura che non ha fermato la riorganizzazione voluta dalla giunta lombarda dopo la riconferma della squadra di Roberto Formigoni alle elezioni di marzo. Nei ruoli-chiave di direttore generale e presidente sono stati scelti due uomini fidati del governatore Formigoni. Per il primo Umberto Benezzoli si è scambiato reciprocamente la poltrona con Franco Picco che ora dirige l’assessorato all’Ambiente. Incarico delicato dove Benezzoli ha guidato per conto di Formigoni l’affare dell’ex fabbrica chimica Sisas di Pioltello, alle porte di Milano, a rischio di multa da parte dell’Unione Europea per ritardo nella bonifica del terreno.
Ben 164 milioni di euro messi a bilancio dal Pirellone per un risanamento ambientale mai effettuato e affidato senza gara direttamente alla Tr Estate 2 di Giuseppe Grossi, l’imprenditore finito in carcere per fondi neri all’estero insieme a Rosanna Gariboldi, moglie del parlamentare Pdl Giancarlo Abelli. Un pasticcio risolto lo scorso aprile dalla Presidenza del Consiglio con la nomina di un commissario straordinario per l’emergenza e altri 50 milioni stanziati. Ma Benezzoli è stato promosso e ad affiancarlo occorre un altro uomo di fiducia.
Per nominare presidente dell’Arpa Enzo Lucchini, ex consigliere regionale del Pdl, c’è però un problema. La legge regionale prevede per quel ruolo «comprovata esperienza tecnico scientifica in materia ambientale». Lucchini è un dottore specializzato in medicina legale e soprattutto non eletto alle ultime elezioni di marzo. Cosa fare? La giunta decide con la legge del 6 agosto 2010 di «razionalizzare» l’Agenzia. E tra le modifiche far sparire quelle sette parole.