Non trova pace Banca Monte dei Paschi di Siena. La banca senese guidata da Giuseppe Mussari ha smentito le voci di un imminente aumento di capitale da due miliardi di euro. Ma in realtà Barclays, appena dieci giorni fa, lanciava su Mps un report allarmante. Da qui al 2013 la banca senese potrebbe avere bisogno fino a 4,8 miliardi di euro provenienti dai Cocos, i nuovi bond ibridi che si tramutano in azioni se il capitale di base scende sotto la soglia di vigilanza dettata dagli standard contabili di Basilea III.
La cautela delle banche straniere su Mps è massima. In particolare, Barclays ha reso noto il valore mark-to-market dell’istituto di Mussari. E sono in molti quelli che hanno strabuzzato gli occhi. Se il valore nominale degli asset (al netto degli strumenti derivati) è pari a 227,338 miliardi di euro, il valore mark-to-market si è fermato a quota 30,723 miliardi, cioè il 14% del totale. Proprio per questo il timore della banca britannica è quello di un utilizzo più ampio del previsto dei Cocos, la nuova frontiera di finanziamento bancario. Anche alla luce di questo, nella giornata di oggi si sono rincorse nelle sale operative le voci di un aumento di capitale per Mps. Mussari ha negato, ma il dubbio rimane.
Nello scorso luglio Mps era stata al centro di un piccolo giallo legato all’andamento degli stress test europei, in cui il capitale Core tier 1 era stato posto sotto pressione dai regolatori. Lo scenario più avverso vedeva la banca di Mussari di poco al di sopra il limite fissato dalla prova patrimoniale. Immediatamente i vertici della società si erano spesi sui giornali di mezzo mondo per fugare ogni dubbio sulla forza della più antica banca italiana. «Non abbiamo dato mandato a nessuno per un aumento di capitale», ha tuonato Mussari. Eppure, i mercati del credito continuano a prezzare la condizione patrimoniale in modo rilevante.
Ora il tema della solidità patrimoniale di Mps si ripropone. Da un lato l’istituto di Mussari ha già pagato lo scotto di una circolare della Banca d’Italia in cui si recepiva la direttiva europea Crd 2. In tal modo dal calcolo del patrimonio primario vengono escluse le azioni di risparmio o privilegiate dagli stessi istituti di credito. Per Mps, una botta da 60 punti base sul Tier 1, ora a quota 8,4% secondo la nota diramata oggi da Siena. E devono ancora essere rimborsati i Tremonti bond, le obbligazioni ibride garantite dal Tesoro, che nel portafoglio di Mps pesano per quasi due miliardi di euro. Un’altra mazzata che potrebbe portare il Tier 1 sotto la quota di vigilanza di 7 punti percentuali. Se così fosse, si aprirebbe una nuova fase per i senesi, che dovrebbero ricorrere prontamente a capitali freschi. Ma dovrebbero anche continuare l’opera di cessione degli asset non strategici, iniziata tempo addietro.
C’è poi la questione dei derivati. Il Monte è stato fra i primi istituti bancari europei a lanciare, nel mondo venuto dopo il crack Lehman Brothers, una cartolarizzazione di Residential mortgage-backed securities (Rmbs), mutui residenziali. In pratica, un’operazione simile a quella dei subprime statunitensi. Inoltre, il 17 dicembre si è concluso il collocamento di Casaforte Classe A, titolo asset-backed nato da una «cartolarizzazione di un portafoglio di crediti derivanti da un finanziamento ipotecario su immobili strumentali alle attività del gruppo Montepaschi». Il tutto per 1,5 miliardi di euro. Anche per ciò la nomea della banca senese non è fra le migliori sulle piazze europee. Ed è chiaro che lo scivolone di oggi in Borsa deriva proprio da questo.