Quindici giorni fa, il 31 di gennaio, è stata votata a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, una mozione anti-burqa presentata dalla leghista Alessandra Tabacco. Il testo recita così: «Il burqa e altre forme simili di vestiario che coprono integralmente il viso delle persone costituiscono, secondo la nostra cultura, una forma di integralismo oppressivo della figura femminile e di costrizione della libertà individuale». La mozione intanto è stata approvata sostanzialmente all’unanimità, con solo un consigliere infatti ha votato contro, Andrea Scacchi del PdCI, mentre Silvio La Corte, capogruppo dei Comunisti si è rifiutato di votare.
La mozione anti-burqa è insomma passata. Ora spetta però al sindaco Oldrini, ex dirigente comunista di lungo corso e ora nel pd, decidere se e in che modo adottare provvedimenti per renderla operativa. Lo stesso Oldrini, in ogni caso, ha detto chiaramente di condividere i principi espressi dall’ordinanza. La vicenda, naturalmente, è diventata da subito oggetto di polemica politica. Il vicesindaco di Milano De Corato ha affermato: «Pezzo dopo pezzo il muro di ideologia che il centrosinistra si è costruito davanti, gli si sta sgretolando addosso. E nel momento in cui viene messo di fronte alle responsabilità di governo, è costretto ad ammettere che la migliore ricetta politica per governare è quella del centrodestra». Dichiarazione prevedibile e che ha avuto subito la controbattuta del segretario del Pd metropolitano Cornelli: «L’ordine del giorno approvato a Sesto, non può essere strumentalizzato nemmeno dal vicesindaco “sceriffo”».
Polemiche politiche, contrapposte (o convergenti) propagande. Sul tavolo, tuttavia, a due settimane dall’adozione del provvedimento resta chiara e netta una domanda: quanti sono i burqa a Sesto San Giovanni? Secondo il Direttore del Centro Islamico di Sesto, Bouchemal Hocine, il numero delle persone riguardate dall’ordinanza strappa un sorriso: non sono più di due le persone che nel Comune indossano il velo integrale. Non il 2%, ma 2 persone. Che possono raggiungere al massimo il numero di 4 quando, in alcuni periodi dell’anno, alcune donne che vivono nei paesi d’origine, si ricongiungono per brevi periodi al marito. È proprio una questione prioritaria quella del burqa nel Comune?
Mettiamo anche che i burqa a Sesto non siano due, ma venti. Restano davvero pochi per una mobilitazione mediatica e istituzionale tutto sommato piuttosto imponente.
Sabrina Doulmadji, membro del direttivo del Centro Islamico, che si è fatta portavoce delle donne musulmane di Sesto, e in particolare delle due che indossano il burqa, la rappresentante dice: «Abbiamo fatto tanto per l’integrazione, come istruirci per diventare volontarie negli ospedali di Sesto, cercare un dialogo e collaborare con gli italiani, e ora ci viene fatto questo affronto. È una grande delusione per noi. Ci sembra che sia stato fatto un grosso passo indietro proprio in un Comune che si è sempre vantato di essere all’avanguardia. Parlo a nome delle donne che indossano il burqa – continua – e dico che è una scelta personale e completamente libera che non viene imposta da nessuno, nemmeno dal coniuge. Dicono di difendere la dignità della donna con certe proposte ma nessuno è venuto a parlare con noi chiedendoci un’opinione al riguardo. E tutto ciò avviene in un Paese che garantisce la libertà di professione religiosa». Intanto a Milano Salvini si chiede come reagirebbe il centrosinistra di fronte a una mozione anti-burqa ed è pronto a proporla in Consiglio asserendo che «Il buon senso non è né di destra né di sinistra. Che a Milano, in Lombardia, in Italia si debba andare in giro a volto scoperto è cosa abbastanza ovvia ed evidente».
La libertà religiosa, si potrebbe annotare, non è intaccata dall’obbligo di presentarsi a volto scoperto in luoghi pubblici. La discussione, la storia dell’Europa degli ultimi decenni lo insegna, è un po’ più complessa di come emerge dalla legittima presa di posizione di Sabrina Doulmadji. Sarebbe bello parlarne, a livello politico e di sistema, con la serietà che un dibattito del genere merita in epoca di globalizzazione. E sarebbe bello evitare di impiegare risorse pubbliche e il lavoro delle amministrazioni in ordinanze che riguardano due persone, e si dimenticano nel giro di un mattino.