Dopo anni di lavoro, la legge sugli stadi rischia di saltare. Tutto per colpa dell’ennesima deroga – stavolta per abolire i vincoli idrogeologici – che il Governo ha chiesto di approvare. Beneficiario del discutibile favore – stando alle indiscrezioni che circolano a Palazzo – sarebbe il presidente della Lazio Claudio Lotito, da tempo al lavoro sul progetto dello Stadio delle Aquile.
L’ultimo strappo si è consumato l’altro giorno, alla Camera. Davanti al comitato ristretto della Commissione Cultura che sta esaminando il progetto. Nonostante i rappresentanti dei gruppi avessero firmato un testo condiviso già lo scorso dicembre, l’Esecutivo ha presentato alcune modifiche al documento. Tutti accorgimenti condivisibili, a detta dei presenti. Tranne uno, che il Pd Giovanni Lolli non esita a definire «inaccettabile»: la richiesta di abolizione dei vincoli archeologici, paesaggistici e idrogeologici. In poche parole, il Governo ha chiesto di autorizzare – così come spiegato dal relatore del provvedimento, il finiano Claudio Barbaro – la costruzione di stadi di calcio senza prestare particolare attenzione a fiumi, laghi e monumenti.
«L’accordo di programma è già pieno di deroghe così com’è – racconta al telefono Lolli – di fronte a quest’ennesima forzatura abbiamo detto di no». Fatto più unico che raro, la Lega ha deciso di schierarsi con il centrosinistra. Un muro contro muro che ha obbligato la presidenza a rimandare la discussione a data da destinarsi. «Pensare che la maggioranza – continua l’esponente del Pd – pensava di chiudere tutto in mezz’ora». L’unica speranza per sbloccare la situazione, è che al prossimo incontro il Governo decida di ritirare la discutibile modifica. Anche perché per approvare il documento direttamente in Commissione senza passare dall’Aula – come già avvenuto in Senato – serve un accordo bipartisan.
Perché l’esecutivo rischia di mandare all’aria un progetto che ha già raccolto l’adesione di tutte le forze politiche? Difficile trovare una risposta. Alcune considerazioni possono comunque aiutare a farsi un’idea.
A oggi, i progetti (realistici) presentati per la costruzione di nuovi stadi sono pochi. Tra questi spicca quello della Lazio, relativo allo Stadio delle Aquile. Un impianto da 55mila posti, che il presidente Lotito ha deciso di edificare a Nord della Capitale. Precisamente al km 9,4 della via Tiberina. Il terreno di 600 ettari è già di proprietà del presidente. Ed è un terreno, come ha spiegato Legambiente qualche mese fa, «classificato quale Agro Romano Vincolato con, in più, il Vincolo Ministeriale di esondazione del fiume Tevere». Vincolo, va da sé, che l’ultima modifica chiesta dal Governo, cancellerebbe in un colpo solo. La Lazio avrebbe così il suo stadio (seppure a rischio inondazioni). E il presidente Lotito, sempre stando allo studio di Legambiente, un discreto ritorno economico. Il passaggio è semplice: le necessarie varianti urbanistiche modificherebbero il cambio di destinazione d’uso del terreno, da agricolo a edificabile. «Stimando in 1.500 appartamenti la parte residenziale del progetto […] i nuovi valori immobiliari stimabili daranno una rendita fondiaria, così si chiama, pari ad almeno un miliardo di euro. Venticinque volte il valore iniziale».
Una bella fortuna per il presidente biancazzurro. Che per pura casualità martedì scorso si trovava in visita alla Presidenza della Commissione Cultura della Camera. Al secondo piano di Montecitorio. Ma questa «non è una novità», spiega Lolli. «Lo sanno tutti che lui è molto interessato al buon esito del disegno di legge».