Una giornata da dimenticare per le banche italiane quotate sul Ftse Mib, il principale listino italiano. Al momento in cui scriviamo, Ubi perde il 9,45%, laBanca Popolare di Milano il 6,07%, il Banco Popolare cede il 5,68% dopo essere stato sospeso per eccesso di ribasso e il Monte dei Paschi il 3,65%. Profondo rosso anche per i due big del listino, ovvero Intesa Sanpaolo (-3,57%) e Unicredit (-3,46%), in un contesto in cui il Mib dopo un’apertura in moderato calo lascia sul terreno l’1,41%, mentre stamani l’indice europeo Stoxx Europe 600 Banks Index perde poco più di un punto percentuale (-1,07%) dopo il mini rally dei giorni scorsi.
Sebbene sia ancora presto per farsi un’idea precisa, a prima vista lo scenario ricorda molto da vicino quanto accaduto il 7 maggio 2010, quando le perdite dei bancari italiani sfiorarono la doppia cifra. Allora, in piena tempesta sui debiti sovrani dei cosiddetti Piigs, si diede la colpa alle massicce vendite sul comparto europeo provenienti da Wall Street, per proteggersi dall’illiquidità del mercato dei bond dei periferici. Oggi, la situazione macroeconomica è parzialmente diversa, ma non il colore di Piazza Affari. Il problema dei nuovi coefficienti patrimoniali dettati da Basilea III sembra una falsa questione. Ieri in un incontro a Genova il Vice Direttore Generale di Bankitalia, Anna Maria Tarantola, ha quantificato in 40 miliardi di euro il capitale necessario alle banche italiane, ma lo studio di Palazzo Koch si riferisce a giugno 2010 e comunque il dato non è nuovo. Probabile, secondo un analista di Bnp Paribas interpellato da Bloomberg, l’effetto dei nuovi stress test condotti dall’Eba, il nuovo regolatore europeo guidato da Andrea Enria. Da cosa derivano le vendite di oggi?
Il Monte dei Paschi di Siena, che oggi ha diffuso i conti relativi al 2010, ha finalmente scoperto le carte sull’impatto del piano di dismissione del patrimonio immobiliare strumentale in termini di peso sugli utili: su 985,5 milioni di euro, 405 milioni derivano dall’operazione. Il consensus degli analisti sugli utili, infatti, non superava i 550 milioni di euro. Né sono servite le parole del Dg Antonio Vigni in conference call abbia affermato di poter rimborsare i 2 miliardi di Tremonti bond prima del 2013.
Ubi Banca sta pagando l’annuncio fatto ieri dall’ad Victor Massiah, che ha parlato di un aumento di capitale da un miliardo di euro, allo scopo di innalzare il Tier 1 di un centinaio di punti base. Ad appesantire ulteriormente il titolo un report di Rbs, che giudica il titolo «sell», «da vendere», con target price a 6,20 euro, puntando l’attenzione sul mercato dei covered bond, che per Rbs non darà grandi soddisfazioni all’istituto bergamasco, fortemente esposto in questo settore.
Discorso simile per Banco Popolare: un report di Goldman Sachs ha abbassato il suo giudizio sul titolo abbassando il target price del 5,2%. Dalle parti di Verona si vocifera non sia sufficiente l’aumento di capitale da 2 miliardi di euro appena concluso, varato allo scopo di rimborsare i 1,45 miliardi di Tremonti bond prima della scadenza. Dunque, via alla conversione del bond da un miliardo di euro quinquennale lanciato nel 2009, oppure ad una nuova raccolta.
Lo spettro di un aumento di capitale si allunga anche sulla Banca Popolare di Milano, guidata da Massimo Ponzellini che gli osservatori considerano in rotta verso la presidenza di Poste Italiane. Piazza Meda necessita di 500 milioni di euro freschi che potrebbero essere deliberati oggi durante il Cda. Per ora, la banca ha sempre smentito, ma non è detto che il board convocato oggi non cambi idea repentinamente.