Truffata da un improbabile Gordon Gekko de’ noantri, la povera Sabina Guzzanti ha dovuto subire un disdoro di ritorno, crudele contrappasso proletario per aver pensato di capitalizzare (troppo) i suoi sudatissimi risparmi. Nel suo infuocatissimo blog le hanno scritto, in maniera piuttosto bilanciata, destri e sinistri, felici – gli uni – d’aver stanato la capitalista che è in lei, distrutti – gli altri – per cristallina auto-immedesimazione.
Lei, Sabina, ha tenuto botta con un’orgogliosa articolessa, rivendicando il diritto d’ogni cittadino a fare il meglio per sé e per i propri denari, e sottolineando le tasse pagate sino all’ultimo nichelino. Ci sarebbe da finirla qui, mostrando solidarietà all’artista, nel segno di un’autodeterminazione che può spingere l’uomo sino all’atto estremo di chiudere per sempre con la vita. E dunque, come non far rientrare una cosa terrena e banale come la gestione del proprio, modesto tesoretto, tra le attività più normali del nostro privato?
Populista poi, persino ridicolo, accusarla di sfregio nel tabernacolo della sinistra, solo perché l’argomento denari continua a essere vissuto come il tormento dei non risolti. Peraltro, il D’Alema che è in Sabina si è destreggiato molto più egregiamente del D’Alema che è in D’Alema, ridotto dalle accuse del Cav. a giustificare una sciarpetta di cachemire da ventinove e nove. Epperò.
Epperò, qui vorremmo parlare di due concetti antichi e probabilmente mal praticati: consapevolezza e senso della realtà. Per farlo e per arrivare poi alla Guzzanti, tocca deviare su Bologna, dove nei giorni scorsi il candidato sindaco del Pd si è davvero distinto come l’uomo che cadde sulla terra.
Il signor Merola, infatti, dimentico degli infiniti tormenti della squadra che tremare il mondo fa, ha declinato la sua impreparazione sociale (e calcistica), mica storpiando il nome di Malesani in Melesani, che questo ce l’avrebbe reso anche più simpatico. No. Merola ha fatto di più, si è augurato per il Bologna una rapida risalita dalla B alla A. Ora, va bene tutto, ma come ci si può assentare dalla storia della propria città in questo modo e poi pretendere d’esserne dentro fino al collo da candidato sindaco?
Da un certo lato, la vicenda della Guzzanti ha più di un parallelismo. Fermo il diritto a investire al meglio i suoi denari, la nostra Sabina mostra – nella migliore delle ipotesi – una somma ingenuità: come può pensare che nel mondo moderno esistano benefattori finanziari in grado di regalare interessi che vanno dall’otto al dodici per cento?
Ciò porta a un’immediata conseguenza, che riguarda direttamente i temi sensibili abitualmente trattati dall’artista, e cioè gli scandali sociali e politici: con quale serenità di giudizio l’artista si accosta ad argomenti così delicati, se la sua capacità di analisi non distingue un bravo promotore finanziario da un tanghero in cerca del pollo da spennare?
In ultimo, concedeteci una malizia, che è anche un personalissimo tormento. Quell’idea di guadagni facili e immediati è una scorciatoia troppo grossolana per essere veramente di sinistra. Il guadagno è sacro (e di sinistra) quando ha perfetta aderenza con la realtà.