La vicenda giapponese e l’approssimarsi del referendum riportano in auge la questione del nucleare, facendo crescere le azioni di chi si oppone al ritorno all’atomo. Le notizie che arrivano dal Sol Levante e gli allarmi di cui i media ci informano senza sosta costituiscono un forte elemento di convinzione contro il ritorno a questa scelta. Chi sostiene la scelta nucleare ribatte con una serie di tesi non prive di fondamento: la “sicurezza degli approvvigionamenti”, per esempio, oppure il “costo dell’energia” o – ancora – l’impossibilità di far fronte alle richieste al “fabbisogno energetico” affidandosi semplicemente alle rinnovabili.
Tuttavia queste spiegazioni, di ordine squisitamente razionale non riescono a far breccia nel pubblico italiano. Perché? La prima ragione sta in un difetto di comprensione del messaggio. Come chiunque si occupi di comunicazione sa molto bene, il requisito principale di qualsiasi messaggio di successo è la sua corretta “decodifica” da parte di chi ascolta. A volte ci sembra un elemento immediato ma non è così.
La ragione è la cosiddetta “maledizione della conoscenza”. Il termine indica la difficoltà che incontra chi si trova a spiegare un concetto o un fenomeno ad un’altra persona che lo ascolta per la prima volta. Lo ha coniato una laureata di Stanford, Elizabeth Newton per spiegare i risultati di un esperimento molto semplice. La Newton aveva chiesto a dei volontari di pensare a un motivetto e tamburellarlo sul tavolo. Un secondo gruppo avrebbe dovuto individuare di che canzone si trattava. Quanti hanno indovinato secondo voi? Secondo chi tamburellava era facilissimo e predissero che uno su due avrebbe dato la risposta esatta. Ma non fu così: soltanto il 2,5%, cioè una persona su quaranta riuscì a capire di che canzone si trattasse.
Questo semplice test mostra cosa intendiamo con “maledizione della conoscenza”: quello che ci sembra chiarissimo, immediato, semplicissimo, a volte è assolutamente incomprensibile per gli altri. Come fare dunque a superare questo ostacolo? Le storie e le vicende concrete riescono a riempire di significato e a far comprendere facilmente cosa intendiamo con termini più astratti e generici. È quindi utile affiancare le nostre spiegazioni ad esempi, aneddoti, racconti.
Tornando al nostro caso, chi sostiene la scelta nucleare dovrebbe riuscire a rendere concrete le proprie ragioni. Per esempio, anziché spiegare quanto sia importante la sicurezza degli approvvigionamenti potrebbe raccontare quali conseguenze potrebbe provocare la mancata scelta nucleare in uno scenario nel quale il petrolio si va esaurendo. Potrebbero raccontare che non è improbabile un futuro nel quale le nostre scuole e i nostri asili non abbiano più la garanzia di una corrente elettrica continua e a buon mercato. E quindi potremmo essere costretti a razionare il riscaldamento, costringendo i nostri figli al gelo e al buio.
Oppure i nostri ospedali potrebbero subire interruzioni di corrente improvvise dovute a fluttuazioni nel mercato e decisioni che avvengono nei paesi produttori di petrolio. E quindi le macchine per la respirazione artificiale potrebbero spegnersi all’improvviso, lasciando i nostri cari a combattere da soli fra la vita e la morte. Solo allora l’espressione “sicurezza degli approvvigionamenti” si riempirebbe di significato.