Corri e ferma quel treno, prima che entri in galleria

Corri e ferma quel treno, prima che entri in galleria

Solo mezz’ora per andare da Bologna a Firenze, e viceversa. Il tempo di un pisolino, di una lettura, di un panino. Mezz’ora, e fuori è quasi tutto al buio, perché il treno in quella mezz’ora percorre velocemente un sistema di gallerie che attraversano gli Appennini tosco-emiliani. Un sistema di tunnel ferroviari da record. Il più lungo in Europa, tra i più lunghi nel mondo. Inaugurato poco più di un anno fa. Ma già bisognoso di ammodernamenti. Sulla carta, infatti, questo complesso insieme di gallerie non risponde appieno agli standard di sicurezza previsti sia dalla legge italiana che da quella europea. Questo emerge analizzando i piani di sicurezza e verificandoli col tracciato definitivo uscite di sicurezza, aree di sosta e possibilità di fuga in caso – Dio non voglia – di un incidente ferroviario.

A mettere il punto sul tema sicurezza in Italia è stato il decreto Lunardi datato 2005. All’epoca ci fu chi gridò al conflitto di interessi: Pietro Lunardi, era ministro delle Infrastrutture e, con la Rock Soil, “gioiellino” di famiglia, era stato anche il costruttore della galleria. Ma tant’è, rimasero voci isolate. Però anche per questo sorprende constatare come la galleria dei record abbia disobbedito al decreto scritto e fortemente voluto dal suo stesso costruttore e che all’epoca tale decreto era addirittura un faro in tutta Europa per chiunque volesse trattare la materia. Infatti, secondo il testo di Lunardi nelle gallerie devono essere previste uscite di sicurezza ogni quattro chilometri. E invece in alcuni tratti, come nella galleria Raticosa, o in quella del monte Bibele, o ancora della Firenzuola, esse cadono ogni 5 o addirittura ogni sei chilometri. Successivamente, una direttiva europea del 2007 ha addirittura previsto che per le gallerie superiori ai 5 km le uscite debbano essere ogni mille metri. Figuriamoci.

La società Prometeo Engineering, sentita su questo tema, fa sapere che la galleria è più che sicura: anche se non ci sono uscite di sicurezza alla distanza prevista dalla normativa, è stata ideata una “fermata bersaglio” che funziona così: se il treno ha un guasto, un incendio, uno stop di qualsiasi tipo, scatta un meccanismo che conduce il convoglio alla piazzola di sosta più vicina. Tutto sotto controllo, quindi? In realtà non tutti i treni che percorrono quella galleria sono dotati del sistema, non tutti sono nuovissimi. Ad esempio ci sono anche treni merci che viaggiano tra Firenze e Bologna e la strage di Viareggio ci ha mostrati quali vecchie carrette girino sui nostri binari.

È stata la procura di Torino a volerci vedere chiaro. Il punto di partenza è dunque il capoluogo piemontese: le gallerie ferroviarie che attraversano la città non possiedono il piano globale di emergenza esterna. La scoperta del pool di magistrati della procura di Raffaele Guariniello è giusto di un anno fa: gli inquirenti informarono della situazione il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli e l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, un organo di controllo che proprio negli ultimi due anni è stato maggiormente definito e che ha tra i suoi compiti quello di garantire la sicurezza dei viaggi sulle rotaie.

Gli inquirenti, dopo aver analizzato gli otto chilometri della rete ferroviaria piemontese, stabilirono che su quei binari circolavano treni merci potenzialmente pericolosi. E in un’indagine parallela iscrissero nel registro degli indagati il nome del responsabile di una ditta straniera per un episodio, accaduto nel 2008, relativo alla mancata bonifica di una ferro-cisterna ripartita dallo scalo di Orbassano, nonostante una perdita di gpl. I magistrati hanno ipotizzato il reato di “pericolo di un disastro ferroviario”. Il procuratore Guariniello proprio oggi ci ha confermato che l’inchiesta sulla sicurezza nelle gallerie è «più aperta che mai, ci sono anche degli indagati e stiamo procedendo per omissioni di cautele sul luogo di lavoro e tentato disastro». Dieci giorni dopo le prime notizie arrivate dalla procura, Rfi (Rete ferroviaria italiana, controllata dalla Fs Spa) stabilì che nelle gallerie ferroviarie che attraversano Torino non ci potranno più passare treni con merci pericolose contemporaneamente ai convogli passeggeri. 

Ma Torino, dicevamo, è solo il punto di partenza. A macchia d’olio l’indagine si è estesa in tutta Italia, fino a formare un corposo dossier finito sul tavolo del ministero. Ci ha impiegato poco più di un mese, Matteoli, per rendersi conto della gravità: il 68% delle gallerie ferroviarie italiane non ha il piano di sicurezza esterno.

Il documento è dettagliato: ci sono 230 tunnel irregolari su 334, e la mappa che ne esce tocca tutta l’Italia, da nord a sud. Non hanno il piano sicurezza ad esempio le gallerie di Peloritana (12816 metri sulla Palemo-Messina), Francica (6094 metri sulla Napoli-Reggio Calabria).

E sono iniziati solo da un paio di giorni i lavori infrastrutturali sulle linee Milano-Genova e Torino-Genova. In alcune di queste gallerie, ad esempio, solo in questi giorni saranno realizzati percorsi di camminamento e di illuminazione. Inutile chiedere notizie a Rfi: da una settimana aspettiamo invano che ci diano informazioni più dettagliate sui piani di sicurezza. «Stiamo provvedendo, un po’ alla volta, perché non possiamo mica fermare la circolazione dei treni», è l’unica risposta ricevuta.

Il 5 giugno scorso comunque il ministro Matteoli ha inviato a Rfi una nota di indirizzo con la quale si chiede “con assoluta urgenza” di procedere ai piani di sicurezza esterni alle gallerie che ne siano ancora sprovviste. «E bisogna – dice il ministro – iniziare dalle gallerie già in esercizio e, per quanto riguarda i trafori non ancora terminati, l’ordine è di procedere all’inaugurazione solo dopo la messa a punto dei piani e di avere svolto esercitazioni e simulazioni». Entro metà giugno Rfi avrebbe dovuto comunicare al ministero tutti i piani di intervento. «Quello che manca – ci ha detto l’agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria – è un documento che stabilisca la procedura da seguire in caso di incendio o di incidente. È il coordinamento tra gli attori il punto debole». La legge prevede che c’è tempo fino al 2015. Certo, però che prevenire è meglio che curare. «Beh sì – ci risponde l’agenzia – sarà sicuramente possibile farlo prima».

È anche – come sempre – un problema di soldi: per il 2009 Rfi aveva chiesto 5.356 milioni di euro (di cui 1519 per manutenzione straordinaria) ottenendone solo 3.778 da fonti diverse dallo Stato (legge obiettivo, Fas, Ten, Fesr). E il fabbisogno per il 2010 indica la cifra di 46 milioni di euro necessaria per l’adeguamento delle gallerie ferroviarie. Soldi che, manco a dirlo, non ci sono.