Nelle ore successive al terremoto abbiamo cercato di mettere a fuoco due aspetti molto particolari di questa tragedia. Il primo, di tutta evidenza, riguardava la disciplina, antica e moderna, con cui i giapponesi hanno reagito alla catastrofe, che più banalmente si poteva racchiudere sotto il concetto di “calma”. Aprendo l’articolo, si richiamava alla memoria anche il terremoto dell’Aquila e quella dolorosa intercettazione notturna tra due sciacalli che, ridendone, già pregustavano buonissimi affari.
Il secondo, invece, sottolineava l’evoluzione dei mercati finanziari che non si fermano mai neppure in queste circostanze. In particolare, il pezzo del nostro Goria metteva in luce i settori che, per tragico paradosso, avrebbero potuto beneficare del sisma nipponico (ovviamente le aziende di costruzioni e affini) e quelli che invece ne avrebbero subito dure conseguenze (assicurazioni ed elettronica tra gli altri).
Per questi accostamenti, siamo stati accusati da una parte di cinismo – il parlar subito di questioni finanziarie di fronte al dolore -, dall’altra di sfascismo nei confronti del nostro Paese, per avere accostato gli imprenditori “cattivi”, i nostri, a quelli “buoni”, e cioè i giapponesi. Non si tratta in entrambi i casi, sottolineava un lettore appassionato, di pura speculazione su un dramma?
È proprio su questo punto centrale della convivenza sociale, che si dividono le strade delle civiltà. In apparenza, il rilievo del nostro lettore ha pienissima liceità, in quanto risponde all’assunto secondo cui sulle tragedie c’è sempre qualcuno che specula e guadagna. E i soldi, sotto qualunque latitudine, hanno comunque lo stesso odore. Naturalmente non saremo noi le anime belle che vogliono delineare mondi fatati in cui assegnare agli imprenditori un ruolo di guida morale dei popoli. Figuriamoci. Ma non pensiamo neppure che tutti siano eguali.
Quando la natura esprime la sua furia distruttrice, qualcuno, si diceva, ne guadagnerà. Quando ciò avviene nel pieno rispetto delle leggi, degli appalti, e della libera concorrenza, questo si chiama MERCATO. Chiamatelo pure cinismo del mercato, se volete, ma è ciò che prevede una sana democrazia. Ed è, presumibilmente, ciò che avverrà in Giappone. Quando, al contrario, si vincono le gare grazie alle amicizie della politica, quando si costruiscono le infrastrutture senza il rispetto delle norme di sicurezza, quando i governi non riescono ad assicurare i minimi livelli di garanzia, questo si chiama CRIMINE. Ed è ciò che con troppa frequenza avviene in Italia.