«Chi controlla il controllore?». La domanda è vecchia ma ha la capacità delle intuizioni di genio: resiste al tempo. E così, mentre la crisi di sicurezza delle centrali nucleari giapponesi sta allarmando il mondo, proprio dal Giappone qualcuno rilancia il tema. «Il disastro del nucleare? Tutta colpa degli uomini che dovevano controllare». Non degli scienziati, non dei tecnici, non della scelta di affidarsi insomma alle centrali nucleari. Ma del processo di controllo e dell’onestà dei controllori. Insomma, colpa della politica che non ha posto regole abbastanza stringenti.
A puntare il dito, a Tokyo, non è uno qualsiasi, ma l’ex governatore della provincia di Fukushima, quella più esposta ai rischi, Eisaku Sato. A 71 anni, il politico e diplomatico giapponese ha molta voglia di far battaglia, anche perché uscì di scena – appena rieletto – nel 2006, per uno scandalo di corruzione che coinvolgeva il fratello (e non lui direttamente). Sui media di tutto il mondo ripete la stesso concetto da alcuni giorni: il regolatore – l’Agenzia giapponese per la sicurezza per il nucleare – e il controllato – cioè la Tepco, prima produttrice di energia nucleare in Giappone e quarta al mondo – erano troppo “vicini”. Infatti, il ministro dell’Industria giapponese aveva due ruoli non facilmente compatibili: da un lato, controllare che tutto fosse fatto con la massima sicurezza; dall’altro promuovere al massimo la nuclearizzazione del Sol Levante.
Il Wall Street Journal sottolinea con rassicurante orgoglio che in America è tutto diverso, e le due funzioni sono distinte e distanti. Mentre è a Le Monde che Eisaku Sato consegna i particolari più rivelatori e apparentemente più inquietanti: nei primi anni 2000 – racconta – il governo territoriale da lui guidato inizia a ricevere centinaia di lettere di dipendenti delle centrali nucleari «disperati», in cui sono denunciate condizioni di sicurezza assai scarse, e che però non trovavano risposte presso l’autorità competente, cioè l’agenzia per la sicurezza messa oggi sotto accusa. Sato giura di provare ad andare a fondo in ogni modo, alla questione, solo che nel 2006 uno scandalo-corruzione travolge il fratello e lui si dimette, pur dichiarandosi non coinvolto in alcun modo nella vicenda.
Ciò che è certo è che il record di ex politici e controllori giapponesi che sono passati a lavorare per Tepco è piuttosto nutrito. L’ultimo episodio riguarda Toru Ishida, ex advisor del Ministero competente per l’Energia, che a fine giugno ha iniziato a lavorare come senior advisor per Tepco. La tendenza non riguarda però solo Tepco, visto che ex politici di peso lavorano per Kansai Electric Power Co. and Shikoku Electric Power Co. At Electric Power Development Co. E neppure è nuovo, il problema dei conflitti di interesse, visto che una serie di incidenti avvenuti negli anni ‘90 avevano suggerito di rivedere le regole. Le riforme, evidentemente, hanno avuto poco successo.
È appena il caso di annotare che, in Italia, il modello scelto per il nucleare prevedeva che l’Agenzia per la sicurezza fosse di nomina politica, proprio come capita nel Giappone ora terrorizzato e condannato da Sato. Infatti, a nominare Umberto Veronesi e gli altri è stato il governo, che è anche azionista di riferimento di Enel, la società che dello sviluppo del nucleare doveva essere la principale responsabile e, ovviamente, beneficiaria.