BERLINO – Non ci saranno soldati tedeschi in «nessuna operazione militare» in territorio libico. Con queste parole, il ministro degli esteri tedesco, il liberale Guido Westerwelle, si è pronunciato riguardo alla risoluzione delle Nazioni Unite per contenere Gheddafi. La Germania si è astenuta ieri sera dalla votazione alla risoluzione. Westerwelle è tornato questa mattina a parlare di “guerra” e nonostante tutto ha dimostrato “comprensione per i validi motivi” dei paesi che hanno difeso la risoluzione. Le elezioni locali alle porte e vecchi screzi tra potenze coloniali si lasciano interpretare come ragioni dell’ “estremo scetticismo” tedesco.
Secondo il Governo tedesco questa risoluzione implica «rischi e pericoli considerabili». Il ministro degli Esteri, vice di Merkel ha assicurato però questa mattina che la posizione dell’esecutivo «nei confronti del regime di Gheddafi non cambia». In un discorso tenuto per argomentare l’astensione della Germania Westerwelle ha lanciato un appello un po’ vago riguardo al fatto che il dittatore libico dovrebbe «abbandonare il suo incarico e rispondere dei suoi crimini di fronte alla giustizia», senza specificare bene di quali crimini e quale giustizia si tratti. Nell’ultima settimana la stampa tedesca ha speculato molto riguardo all’inclinazione pro bellica dei vicini francesi, criticandola, e interpretandola per lo più come una mossa elettorale.
La votazione riguardo alla risoluzione in Europa traccia di nuovo una crepa nel vecchio continente e spinge la Germania verso oriente, allineata, almeno in questa circostanza, con Russia e Cina, all’interno del consiglio di sicurezza della ONU, di cui la Germania è membro non permanente fino a dicembre del 2012. È una decisione che allontana il paese da Francia e Regno Unito, antiche potenze coloniali in competizione. Allo stesso tempo, anche la postura decisionista di Westerwelle può essere interpretata come una mossa che guarda verso le urne. Al ministro è mancato fino ad ora un profilo politico chiaro, e questa mancanza è stata considerata la principale ragione della sua calante popolarità. Il vice di Merkel ha adottato dall’inizio un’atteggiamento pacifista nei confronti della situazione in libia che ammicca verso l’elettorato di sinistra.
La paura di vedersi impantanati in un altro Afghanistan, una missione che la maggior parte della popolazione tedesca condanna, spinge l’intero spettro politico di questo paese a tenersi lontano da una presa di posizione chiara. Anche l’SPD, il partito socialdemocratico e i Verdi, cioè le principali forze dell’opposizione, hanno dichiarato che l’attacco è una buona iniziativa, ma che tutto sommato anche l’astensione della Germania, che non lo impediva, non è male: «È positivo che l’astensione della Germania non blocchi la risoluzione», ha detto Jürgen Trittin, leader dei Verdi, «posso condividere lo scetticismo, e per questo l’astensione è stata la scelta adeguata», ha assicurato Sigmar Gabriel, segretario dell’SPD.
Certo è che era un trio insolito, quello degli astenuti alla votazione di ieri: il democratico stato di diritto della Repubblica Federale, che difende il rispetto dei diritti umani, a braccetto con una dittatura comunista monopartito e un paese con standard dubbi di libertà d’espressione. È vero, la Germania con la sua astensione non ha bloccato la possibilità di un attacco contro la Libia, però ha mandato un segnale chiaro agli alleati, con una mossa che questi difficilmente dimenticheranno. «Merkel e Westerwelle sperano, evidentemente, che il ‘Njet’ sia ricevuto bene dagli elettori. E questo può essere», analizzava oggi Spiegel on line, «all’interno dell’alleanza occidentale però, l’astensione della Germania deve essere sembrata poco solidale».
«L’astensione della Germania sarà motivo di discussione a lungo. Sicuramente britannici e francesi non l’hanno presa bene», ha spiegato il politologo tedesco Dieter Rouloff, professore di relazioni internazionali nell’università di Zurigo. Se lo scopo dei tedeschi era semplicemente quello di non andarsi a sporcare le mani con un altro conflitto, «non era comunque necessaria l’astensione: «si può essere a favore di una risoluzione senza prendervi parte». Secondo lui, «la politica tedesca degli ultimi giorni è un disastro: prima il caotico dibattito riguardo al nucleare, e ora le piroette in politica riguardo alla Libia. (…) Ovviamente sono tutte conseguenze delle elezioni imminenti». È comunque probabile che l’astensione della Germania non sia l’ultima parola: come ha ripetuto questa mattina Rupert Polenz, presidente della commissione esteri nel Bundestag, in varie interviste con i media tedeschi, «credo che non sia stata pronunciata ancora l’ultima parola», ha detto Polenz, ricordando che la risoluzione deve ancora essere discussa nell’ambito dell’Unione Europea. Polenz ha lasciato aperta la possibilità di un cambio di tendenza in futuro. Magari dopo le elezioni. Questo pomeriggio Merkel aveva gia confermato la sua presenza a Parigi al vertice libico convocato da Sarkozy: «la astensione non si deve scambiare per neutralità», ha assicurato.