Un sindaco dalemiano per i conti difficili di Mps

Un sindaco dalemiano per i conti difficili di Mps

Le ferite patrimoniali del Monte dei Paschi bruciano come sale sulla politica cittadina. Nella terra del Chianti, governo del territorio e della banca si confondono e rimescolano continuamente. Capita così che le difficoltà della Fondazione possano avere l’effetto di rimodellare gli equilibri politici, che da queste parti fanno rima con Pd. Almeno, così sembra. Si cambia perché non cambi nulla: governa il Monte dei Paschi, che a Siena tutto possiede. 

I conti usciti oggi parlano chiaro: utile netto in crescita a 985,5 milioni di euro, rispetto ai 220,1 milioni di 12 mesi prima. Un dato sopra le attese degli analisti, il consensus si attestava sui 500 milioni di euro, derivante dalla plusvalenza di 405 milioni relativa all’operazione di valorizzazione di parte del patrimonio immobiliare strumentale, ovvero della maxi operazione di dismissione del patrimonio immobiliare messa in atto l’anno scorso assieme alle cartolarizzazioni. La buona notizia, per la Fondazione, è che torna il dividendo per 167,76 milioni di euro. In particolare, per le azioni ordinarie è prevista una cedola di 0,0245 euro, di 0,0335 per le risparmio e di 0,0335 per le privilegiate. Cifre non certo succose, ma meglio di niente. Il coefficiente di patrimonializzazione Tier 1, sempre grazie alla dismissione del patrimonio immobiliare, è salito di 40 punti base all’8,4%. Il quadro che emerge non cambia però il giudizio di molti analisti, che continuano a ritenere che alla banca serva una nuova iniezione di capitale.

Il problema è che, qualora tale ipotesi si realizzasse, la Fondazione Mps sarebbe costretta a diluire la sua partecipazione nella banca, avendo dismesso gli immobili e non potendo, a norma di legge, essere fortemente esposta nei confronti di un solo asset. Secondo un comunicato della Fondazione, la partecipazione nella Banca Mps, a maggio 2010, si attestava al 45,7% delle azioni ordinarie, ed era iscritta in bilancio per un valore di carico di 3,316 miliardi di euro al netto delle azioni di risparmio (27,7 milioni) e delle privilegiate (1,46 miliardi). Per un totale 4,80 miliardi. Sebbene dai bilanci della Fondazione non emerga con chiarezza il valore di carico cadauna delle azioni Mps, guardando al grafico dell’andamento del titolo la minusvalenza è certa. Come se non bastasse, il recente intervento del governatore di Bankitalia Mario Draghi a Verona ha gettato altra benzina sul fuoco: le banche italiane devono ricapitalizzare per raggiungere i requisiti della nuova normativa internazionale Basilea III.

Una situazione che peserà sulla testa del successore di Maurizio Cenni, sindaco Pd in carica dal 2001 di matrice ovviamente diessina ex sindacalista e oggi, ironia della sorte, rientrato da poco in Mps nella divisione legata al recupero crediti. A Palazzo Pubblico, la splendida sede del Comune che si affaccia su Piazza del Campo, spetta infatti la nomina di ben 8 dei 16 membri della Deputazione Generale (cinque li nomina la Provincia, uno la Regione, uno l’Università e uno l’Arcidiocesi), l’organo di indirizzo della Fondazione, che detiene il 55,4% del capitale sociale di Rocca Salimbeni. La partita sul dopo Cenni, che aveva un rapporto molto stretto con la fondazione, se la giocano il dalemiano Franco Ceccuzzi per il Pd, ex membro della commissione Bilancio della Camera e uomo vicino a Giuseppe Mussari, Gabriele Corradi, padre del centravanti dell’Udinese spalleggiato da una lista civica appoggiata da Udc, Fli e Api, di cui fa parte l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e, infine, Alessandro Nannini, ex pilota e fratello della cantante Gianna, per il Pdl. Un nome non gradito alla Lega, che aveva chiesto invano al Pdl di appoggiare il proprio candidato per Siena in cambio del sostegno agli uomini del Pdl nelle provinciali di Lucca, Arezzo e Grosseto. La candidata dei leghisti sarà dunque Loretana Battistini.

Sebbene in città ci sia chi crede nel ballottaggio, Siena era e rimane una roccaforte del Pd, o meglio dell’ala ex diessina, nonostante stavolta qualche punto percentuale verrà eroso da Sel e dal Movimento a cinque stelle di Beppe Grillo, si viaggia comunque intorno al 40 per cento, meno delle percentuali plebiscitarie del 2006 ma ampiamente sufficiente alla vittoria. Meglio di tutti lo sanno i verdiniani, forti nella Regione e la cui posizione rimane piuttosto delicata visto il commissariamento del Credito Fiorentino.
Nonostante il mandato dei vertici della Fondazione scada nel 2013, dunque, le grandi manovre per la successione di Gabriello Mancini sono già cominciate. Sul tema Fondazione è intervenuta anche Confindustria, raccomandando al nuovo sindaco, esattamente una settimana fa, «un rafforzamento patrimoniale della Banca Mps così che entrambe possano recuperare piena capacità di intervento nel sostegno all’economia locale», notando che la città toscana si è andata troppo «adagiando sulle proprie certezze». Che, storicamente, equivalgono alla Banca.

Risale precisamente a dieci anni fa la battaglia di Franco Bassanini contro Vincenzo Visco, allora ministro dell’Economia che sancì per legge l’ineleggibilità per un anno al vertice delle Fondazioni a coloro i quali avevano partecipato alle nomine dei precedenti organi di gestione. Ovvero, l’ex primo cittadino di Siena, Pierluigi Piccini, poi mandato a gestire le filiali parigine del gruppo senese e in seguito espulso, nel 2004, dal partito. Da quello scontro uscì il nome, di concerto con l’allora Partito Popolare, di Gabriello Mancini, tuttora presidente della Fondazione. All’epoca, il segretario cittadino dei Ds era proprio Ceccuzzi. Il quale, quando era in Commissione bilancio alla Camera, nel 2008, si fece promotore di una legge che abrogava il tetto di voto al 30% per le fondazioni ex bancarie. Con il plauso di Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, la potente associazione del settore. Oggi, ritorna a Siena da probabile sindaco, e il cerchio si chiude.