Marco Alessandrini è lontano da Milano, ma sa dei manifesti firmati dall’Associazione dalla parte della democrazia che sono stati affissi negli spazi elettorali per le elezioni comunali. Sa di quelle cinque parole bianche in campo rosso “Via le Br dalle procure” comparse nella stessa città dove, il 29 gennaio di 32 anni fa, suo padre è stato ucciso da Prima Linea.
Un luogo che ha lasciato, che non ha lasciato tracce nel suo accento. Nel 2009 è stato candidato sindaco nella sua città, che è Pescara. Suo padre, Emilio, era originario di Penne, a trenta chilometri dalla costa pescarese. Il padre di Marco era il sostituto procuratore Emilio Alessandrini, ucciso da Prima Linea. «Ci sono rimasto molto male per i manifesti. Per me è inaccettabile» dice Marco, che oggi ha 41 anni «Significa mescolare due cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra».
In una puntata de La Storia Siamo Noi, Marco parla della sua infanzia, del clima di quegli anni che lui – bambino – non percepiva minimamente e del ricordo delle partite viste allo stadio, di un Milan-Inter, di «quello che mi resta di mio padre».
Emilio Alessandrini era un giudice importante e noto a Milano. Sostituto procuratore dal 1968 a Milano, nel 1972 insieme a Gherardo D’Ambrosio aveva incriminato per la strage di Piazza Fontana i neo fascisti Franco Freda e Giovanni Ventura. Durante la sua attività si occupa anche dell’eversione di sinistra, dei servizi deviati e – parallelamente – anche degli scandali finanziari del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Marco è poco più grande di suo padre, ucciso a soli 37 anni da un gruppo di fuoco composto da Sergio Segio, Bruno Rossi Palombi e Marco Donat Cattin, figlio del dirigente della Democrazia Cristiana Carlo. Oggi è un avvocato ed è impegnato in politica. Cerca la misura delle parole per parlare di qualcosa che lo riporta a Milano e alla morte del padre, ma non solo. «C’è da ricordare anche che l’Italia è il paese occidentale dove sono stati uccisi più magistrati», ventisette fra mafia e terrorismo dal 1969 al 1994.
Di questo periodo e delle tensioni fra poteri dello Stato dice che «sono arrivate a livello di guardia». Ripete che «è pericoloso mettere sullo stesso piano due fenomeni completamente diversi», e che questa è una «fase amara». Ripete le parole della nota del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, che ha ricordato «che a Milano le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati».
Alessandrini parla anche del terrorismo che «ha smesso di essere un tabù», anche grazie alla giornata della memoria, istituita nel 2008, il 9 maggio. E ciò nonostante, lamenta, «un manifesto come questo rappresenta un arretramento nella valutazione storica. È una forma di regressione».