Non ci si può nascondere come, dopo questo lungo periodo di crisi, prima bancaria e poi del debito governativo, la gestione della liquidità tramite il rafforzamento del sistema di Tesorerie integrate sia diventata il punto di non ritorno per ogni istituto di credito. Inoltre, gli scambi sul mercato interbancario avvengono in forma collateralizzata (ossia facendo ricorso a garanzie reali finanziarie), tanto che quelli non garantiti si sono ridotti al 20% del totale.
Forme di utilizzo efficiente del collaterale –come il Triparty repo (operazione pronto contro termini, in cui fra le due controparti si inserisce un agente terzo per la gestione delle garanzie collaterali) – hanno iniziato a diffondersi nell’ultimo biennio anche in Italia, evolvendo dalla forma classica del contratto pronti contro termine, noto anche come repo (dall’inglese repurchase agreement). Questo sollecita gli operatori a un costante aggiornamento e momenti di confronto, come è avvenuto di recente nell’incontro su “Debito sovrano, i meccanismi di supporto ai mercati, i requisiti di liquidità e di capitale”, organizzato da Assiom Forex, l’Associazione degli operatori dei mercati finanziari, e da e-MID (il mercato interbancario elettronico).
Il Triparty repo ha l’indubbio vantaggio di superare il limite della staticità del portafoglio dei titoli e della personalizzazione del profilo di rischio stesso grazie all’azione del Triparty repo agent. Quest’ultimo sgrava le due banche dei costi di un impatto organizzativo e tecnico operativo imponente a fronte di una semplificazione sul lato contabile, permettendo così la gestione di una molteplicità di operazioni e, quindi, un accrescimento dei volumi e un’ottimizzazione della rotazione del portafoglio.
Il sistema studiato dalla Bce per permettere l’interconnessione dei sistemi di liquidity management tramite il “triangolo magico della liquidità” fornito dalle tre piattaforme integrate (T2, T2S e CCMB2) a partire dal 2013 esalta ulteriormente lo sforzo verso una standardizzazione della messaggistica tra sistemi automatici, quindi tra banche. Questo va nel senso di ottimizzare anche gli investimenti in tecnologie avanzate. Ed è in linea con le normative che, da Basilea III in avanti, detteranno il passo dell’attività di monitoraggio della liquidità bancaria da parte delle autorità di vigilanza.
È chiaro che la reazione dell’infrastruttura di mercato nel dopo crisi è forte e convincente ma inflazione e crisi del debito dei Gip (Grecia, Irlanda e Portogallo) rendono ancora fragile la propensione al rischio degli investitori e condizionano la situazione della liquidità anche sul mercato primario e secondario dei titoli. A questo si aggiunge la raccomandazione emanata dall’Esm (il meccanismo europeo di stabilizzazione delle crisi) per l’inserimento delle clausole di azione collettiva (Cac) nelle emissioni governative dei Paesi Ue.
L’esperienza passata, che risale a casi come quello argentino, si ascrive alle esperienze su ammontari di debito sovrani contenuti e di Paesi emergenti in un periodo di crisi economica. Se è vero che, dopo analoghe raccomandazioni della Banca Mondiale e del Fmi alle economie avanzate a fine 2000, gli unici Paesi a rispondere furono proprio l’Italia e l’Inghilterra, è vero anche che ciò fu ascritto alle sole emissioni in dollari Usa, e quindi non passibili di riaperture. Perplessità e dubbi sugli effetti sul mercato in un momento ancora complesso per gli stati sovrani Ue fanno emergere un certo scetticismo sull’applicazione che dovrebbe partire a metà del 2013.
L’insieme dei temi trattati rendono massima l’attenzione ai requisiti di liquidità e di capitale da parte delle banche. Se già la direttiva Mifid ha avuto un notevole impatto sui costi di adeguamento delle strutture, con Basilea III e con le prescrizioni dell’Autorità bancaria europea (Eba) e dell’Esm, saranno necessari rilevanti investimenti per l’adeguamento strutturale degli istituti. La conformità alle nuove disposizioni, il rafforzamento della tesoreria, dei presidi sui crediti e l’efficientamento della gestione dei rischi comportano costi elevati, con un impatto sulla redditività tanto maggiore quanto più piccola è la banca.
Tutto questo, è la convinzione degli osservatori più lungimiranti, potrebbe scatenare una nuova fase di consolidamento nell’industria bancaria, già avviata nell’Unione Europea e – si comincia a intuire – anche nel nostro Paese. Il problema è che tutto questo arriva in un momento in cui l’assorbimento delle acquisizioni è decisamente più difficoltoso che nel passato, come è stato ricordato due settimane fa a Washington in occasione del meeting di primavera del Fmi.
*segretario generale Assiom Forex
http://www.assiomforex.it