I Credit default swap, i contratti che proteggono dal rischio insolvenza di un’emittente, sono finiti sotto la lente dell’Antitrust comunitaria. Secondo quanto rivela l’agenzia Bloomberg, che riprende un comunicato ufficiale della Commissione Europea, Bruxelles avrebbe aperto due procedimenti antitrust contro 16 banche sulle 17 attive nel settore, tra cui Goldman Sachs, JP Morgan e Bank of America, per gettare luce sull’esistenza di accordi per la fornitura di dati sulla loro attività a Markit, il principale provider di informazioni su questo particolare tipo di derivati, a discapito di altri fornitori.
Per l’accusa si tratterebbe dunque di un vero e proprio “cartello” per bloccare l’accesso al mercato dei Cds da parte di altri soggetti. Il regolatore europeo, si legge in una nota, starebbe inoltre cercando di capire se nove (Bank of America Corporation, Barclays Bank plc, Citigroup Inc, Credit Suisse Group AG, Deutsche Bank AG, Goldman Sachs Group, Inc., JP Morgan Chase & Co, Morgan Stanley et UBS AG) tra le magnifiche 16 banche attive nel comparto dei Cds avrebbero stretto accordi esclusivi con Ice Clear Europe, una clearing house specializzata, che di fatto avrebbe reso economicamente non vantaggioso per le altre casse di compensazione concorrenti l’entrata in questo mercato e garantire – secondo quanto riferisce Bruxelles – «una reale possibilità di compensare le transazioni».
Nell’annunciare le due inchieste, il presidente della Commissione Ue per la Concorrenza, Joaquin Almunia, ha sottolineato che «Recenti sviluppi hanno indicato che gli scambi» dei Cds «hanno registrato numerose inefficienze che non possono essere risolte solo attraverso interventi normativi». La mancanza di trasparenza sui mercati, ha osservato Almunia, «può portare a comportamenti scorretti e facilitare violazioni delle regole della concorrenza, la Commissione deve quindi reagire di conseguenza. Spero che le nostre inchieste contribuiscano a un miglior funzionamento dei mercati finanziari e a una più solida ripresa».
Interrogata sulla vicenda da Linkiesta, Markit ha spiegato di non avere nessun accordo esclusivo con alcun istituto, ma che i suoi dati sono acquistabili liberamente da tutti. Markit afferma inoltre che la sua mission è sempre stata quella di fornire informazioni sui Cds al massimo livello di trasparenza, e di non essere consapevole dell’esistenza di nessuna presunta collusione tra le società attive nel mercato dei Cds, secondo quanto descritto dalla Commissione. La società con sede a New York, infine, tiene a specificare che dimostrerà la sua estraneità ai fatti contestati in tutte le sedi appropriate.
Secondo quanto rivelano a Linkiesta alcune fonti sotto garanzia di anonimato, nelle trading room italiane l’apertura delle indagini è stata accolta con freddezza. Per gli operatori si tratterebbe infatti di una mossa “politica” da parte di Bruxelles per gettare le basi di una regolamentazione comunitaria del mercatro dei Cds, attualmente over the counter, cioè deregolamentato. A ispirare tale regolamentazione potrebbe essere la Francia. A metà febbraio, come riferisce il Financial Times, era stato proprio il ministro transalpino all’Economia, Christine Lagarde, a mettere in guardia gli hedge fund che scommettevano al ribasso sulla Grecia, utilizzando per l’appunto i Cds. «Valuteremo la validità e la solidità dei Cds sui debiti sovrani europei», aveva infatti affermato Lagarde all’epoca. Resta il fatto che una centralizzazione comunitaria dei derivati implicherebbe una ovvia limatura dei profitti da trading delle banche d’affari.