Che fine ha fatto il decreto in difesa dell’italianità?

Che fine ha fatto il decreto in difesa dell’italianità?

Tempi lunghi per il copia e incolla della legge anti opa voluta da Tremonti. Il ministro dell’Economia l’aveva messa giù facile, sembrava fosse una semplice traduzione in italiano del dispositivo francese, come aveva annunciato lui stesso a Lucia Annunziata durante la trasmissione «In mezz’ora», lo scorso 28 marzo, notando con una battuta che «si può anche fare lo shopping di legislazione».

E invece si allungano i tempi per delineare la barriera normativa contro le mirestraniere sulle imprese strategiche italiane. Mentre i francesi di Lactalis stanno pensando a un’Opa su Parmalat, questa mattina Giulio Tremonti, durante una lunga audizione in Commissione Finanze alla Camera, si è soffermato a lungo sul decreto “anti-scalata”. Un provvedimento approvato alla svelta per togliere Collecchio dalle mire transalpine, grazie alla possibilità di fare slittare le assemblee dei soci a 180 giorni dalla chiusura dei conti dell’anno precedente.  «Credo che la migliore difesa sia l’attacco» ha detto il titolare del dicastero di via XX Settembre.  

Tuttavia, su un punto qualificante del pacchetto normativo, ovvero il progetto di legge “anti-opa” simile al provvedimento dell’esecutivo francese, non si è saputo più nulla. Da un lato nel decreto legge “omnibus” appena approvato al Senato e che adesso deve passare all’esame della Camera, è previsto il cambiamento di statuto della Cassa depositi e prestiti, che le consentirà di investire alla stregua di un fondo sovrano a tutti gli effetti, dall’altro la misura disegnata per il rinvio dell’assemblea Parmalat varata lo scorso 23 marzo. Sul terzo punto, che si ispira alla legge approvata da Parigi nel 2005, i tecnici del ministero sarebbero invece ancora al lavoro.

Secondo quanto si apprende da fonti vicine a via XX Settembre, infatti, l’invio della bozza a Bruxelles, per la disamina in sede comunitaria, dovrebbe avvenire la prossima settimana. Dalla Commissione Finanze in Parlamento fanno sapere che non è ancora stato depositato alcun provvedimento in materia, e anche dagli uffici del commissario Ue al Mercato Interno, Michel Barnier dicono a Linkiesta che non è ancora arrivato nulla.  

Quello che non è chiaro è se sarà sufficiente un emendamento o se invece occorra un nuovo decreto. L’ipotesi circolata sui media una decina di giorni fa, a margine del vertice Ecofin di Budapest, teatro dell’incontro tra Tremonti e Barnier, prevedeva il recepimento della norma francese attraverso un emendamento al decreto del 23 marzo scorso, quello riguardante cioè la facoltà di posticipare le assemblee dei soci. Il Parlamento ha due mesi di tempo per trasformare in legge il pacchetto, un tempo non infinito se si considera il passaggio in Commissione. Al contrario, l’iter parlamentare del decreto omnibus dovrebbe procedere spedito. Stando alle considerazioni di Tremonti, in quanto «generale e astratta», la normativa non dovrebbe richiedere una «terza lettura» né particolari esigenze di modifica da parte dell’opposizione.

In attesa di capire i contorni dello scudo contro l’annacquamento del controllo italiano negli asset fondamentali del Paese, sul tema è intervenuto Diego Della Valle, a margine dell’assemblea di Tod’s. «Mi fa specie che qualcuno con un decreto ci dica cosa si può fare e cosa no» ha osservato l’alfiere del capitalismo post geronziano, aggiungendo che in un mercato globale «le reciprocità sono importanti ma non ne farei una battaglia di populismo spinto». 

Una posizione sulla stessa lunghezza d’onda di quella espressa da Emma Marcegaglia durante la riunione delle Confindustrie mondiali a Parigi: «va evitata qualsiasi forma di nazionalismo in economia» è quanto riporta la dichiarazione finale del presidente di viale dell’Astronomia e dell’omologo transalpino Laurence Parisot. Un messaggio forte e chiaro. Altrettanto chiari, come ha avuto modo di sottolineare il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, sono i tempi lunghi della burocrazia di Bruxelles. Il passo spedito di Tremonti potrebbe essere frenato non poco dall’elefante comunitario.