Formigoni si prende l’Expo a costo zero

Formigoni si prende l’Expo a costo zero

Ennesima riunione, ennesimo rinvio. I tempi stringono, per l’Expo 2015, ma questa infinita serie di scadenze rimandate resta agli atti. Oggi il consiglio di Fondazione Fiera – l’Ente pubblico governato dalla Regione Lombardia e proprietario di poco meno di metà dei terreni interessati dalla grande manifestazione – non ha discusso la proposta di comodato d’uso avanzata dalla società e ha annunciato che la deliberazione è rinviata a venerdì. Lo stato degli atti, ufficialmente, resta invariato: ai proprietari dei terreni (anzitutto il gruppo Gruppo Cabassi, che detiene un terzo dei terreni) è richiesto un versamento di 75 milioni per avere, alla fine dell’Expo, le loro aree infrastrutturate ed eventualmente rivalutate. Tutto congelato fino a venerdì? Non proprio.

In realtà si fa avanti con sempre maggior forza l’ipotesi di una newco, cioè di una nuova società partecipata anzitutto dagli attuali azionisti di Expo 2015 (cioè Comune, Regione, Provincia, Camera di Commercio) che rilevi la proprietà dei terreni a titolo definitivo e fin da subito. Questa soluzione passa per un esborso di liquidità che l’Expo, di recente ricapitalizzato per 25 milioni, non sembra in grado di sostenere, a meno di non considerare la vicenda in un’altra prospettiva.

Il 50% dei terreni, dicevamo, è della Fondazione Fiera, che è l’azionista di maggioranza della Fiera Milano (quotata in borsa, ma appunto controllata da un ente pubblico). I vertici della fondazione Fiera sono nominati dalla Regione Lombardia (azionista al 20% di Expo spa) e dal Comune di Milano. Altri membri del consiglio della Fondazione sono di nomina pubblica e ministeriale. Anche i vertici della Fiera di Milano e delle altre società di diritto privato fanno infine a capo alla Fondazione cioè, in ultima analisi, alla Regione Lombardia.

In questo quadro, piuttosto che sborsare molti soldi che non ci sono per comprare la sua porzione di terreni dalla Fondazione, la società Expo potrebbe ragionare su un’altra strada: chiedere alla Fiera di conferire i suoi terreni nel patrimonio sociale, e farla entrare a tutti gli effetti come (grande) azionista. Una soluzione che accorcia i tempi e fa risparmiare soldi. Il prezzo dei terreni della fondazione, a questo punto, sarebbe stabilito in base al prezzo attribuito ai terreni di Cabassi, gli unici attori privati della vicenda. Più si deciderà di pagare i Cabassi, e più varranno i terreni della Fondazione e quindi, in definitiva, la sua partecipazione alla società. 

Ma se davvero questa è la via che si deciderà di perseguire, appare chiaro che i pesi dentro a Expo cambieranno sensibilmente, a tutto vantaggio della Regione Lombardia il cui presidente, non a caso, è un grande fautore della newco e della via dell’acquisizione dei terreni. I maligni sottolineano che anche la fumata grigia di oggi, in fondo, facilita il cammino dell’ipotesi cara a Formigoni. Conflitti di interessi tra un ente pubblico acquirente (come socio di Expo) e uno venditore (come dominus di Fondazione Fiera)? Può darsi, ma proprio oggi il Corriere della Sera ha rivelato i fitti intrecci di affari tra il gruppo Cabassi e il presidente della Provincia Guido Podestà. Un “conflitto epidemico” insomma, e quindi inestirpabile, tanto più che la fretta si fa ogni giorno più urgente.

Sul piano operativo, del resto, la presa della Regione si fa sempre più chiara. Infrastrutture Lombarde, la grande holding regionale che gestisce poteri e saperi infrastrutturali del Pirellone, sta già prendendo in mano il pallino da settimane. Saranno con ogni probabilità i suoi uomini a gestire gli appalti che contano per rispettare le scadenze. Difficilmente si arriverà alla riunione del 19 aprile con il Bie di Parigi con le carte in regola. Le scadenze su cui si ragiona sono altre, e più realistiche, alla società di piano: entro la fine di luglio dovrebbe essere bandito il maxi appalto per le infrastrutture di base. Per settembre arriveranno tutti gli altri bandi, e si partirà poi coi lavori. I tempi annunciati anche nell’ultimo bando erano effettivamente altri, ma arrivati a questo punto della vicenda non è proprio il caso di essere fiscali. L’essenziale, arrivati fin qui, è salvare la faccia.