Franzen e Wallace, amici solo su Facebook

Franzen e Wallace, amici solo su Facebook

Un saggio di Franzen sul New Yorker anticipa di poco l’uscita di The Pale King, il romanzo postumo di David Foster Wallace. Un racconto che scava nel rapporto fra l’autore di Libertà e il migliore interprete del romanzo contemporaneo americano, scomparso da due anni e mezzo. Disponibile su Facebook solo per i fan del New Yorker, e solo per una settimana. The New Yorker, la rivista cult dell’intellighenzia liberal americana e delle élite di mezzo mondo, fa suo il mito “maledetto” di Foster Wallace e lo “chiude” dietro alla barriera dei “fan si Facebook”. Che in questi giorni, naturalmente, son cresciuti di diverse migliaia. 

Nel libro che aspettiamo leggiamo che «true heroism is minutes, hours, weeks,year upon year of the quiet, precise, judicious exercise of probity and care – with no one there to see or cheer. This is the world». «Il vero eroismo è fatto di minuti, ore, settimane, anni e di esercizio quieto, accurato e giudizioso di probità e attenzione, senza che nessuno sappia e apprezzi. Questo è il mondo».

The Pale King, il romanzo postumo di David Foster Wallace uscirà fra qualche decina di ore. Si tratta di un lavoro rimasto incompleto dopo il suo suicidio, il 12 settembre 2008. Il terzo romanzo di Wallace, dopo La Scopa del Sistema del 1987 e Infinite Jest uscito nel 1996, verrà pubblicato da Little, Brown & Company, dopo un editing delle parti rimaste incomplete. 

Quello che invece è già uscito è un saggio scritto da Jonathan Franzen (autore de Le Correzioni e Libertà) per il New Yorker. Dodici mila parole, un racconto intitolato Farther Away, riservate a chi segue la testata su Facebook. La rivista ha già 207 mila contatti, e il senso di questa scelta – almeno secondo i concorrenti del Time – potrebbe essere quello di trovare un nuovo modo di sapere (e girare agli inserzionisti) «età, sesso, luogo di residenza, chiavi di ricerca e quante persone hanno condiviso la pagina».

Si tratta di un metodo già adottato dall’industria musicale, e anche dalla rivista Self che si occupa di salute e bellezza. La differenza, come ricorda Michael Humphrey su Forbes, è nell’autore del testo: Jonathan Franzen, «uno dei più grandi romanzieri della sua generazione» ha scritto Le Correzioni nel 2001 e nel 2010 Libertà, che ha accompagnato anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama per la vacanza a Martha’s Vineyard.

In Farther Away Franzen entre nelle pieghe del suo rapporto con l’amico e rivale Wallace, nei ricordi e nelle emozioni che restano due anni dopo il suicidio. Racconta «il lavoro e la rabbia» in cui si era rifugiato, per arrivare a pubblicarne dopo 9 anni il “seguito” de Le Correzioni.

«Nell’Oceano Pacifico, a cinquecento miglia dalla costa del Cile» c’è Masafuera. Il luogo scelto da Franzen per scrivere di Wallace è «l’isola della solitudine». E, nelle pagine, ritorna più di trenta volte il nome di David, dopo un prologo in cui Franzen racconta l’incontro con Karen Green, la vedova di Foster Wallace. «Mentre mi stavo preparando a uscire da casa sua, mi chiese, dal nulla, se avrei voluto portare con me una parte delle ceneri di David e disperderle a Masafuera», scrive Franzen.

Un ritratto di Karen Green è comparso domenica 10 aprile sull’Observer. Nell’articolo di Tim Adams, c’è anche una riflessione sull’opportunità di pubblicare The Pale King, non finito al momento della morte di David Foster Wallace. «Gli appunti per il libro e i capitoli completi erano in una pila ordinata sulla sua scrivania nel garage dove lavorava (…) Non ho dubbi che questo fosse il suo desiderio».

Il racconto di Franzen da Masafuera, l’isola «che i dipendenti dell’ufficio del turismo cileno hanno rinominato Alexander Selkirk, l’esploratore scozzese la cui vita solitaria fu probabilmente l’ispirazione del romanzo di Daniel Defoe Robinson Crusoe», è un racconto denso di dolore.

Il suo legame con Wallace era molto stretto e dell’amico, Franzen scrive: «Era malato, e in un certo modo la storia della nostra amicizia era che semplicemente volevo bene a una persona con problemi mentali». Il dolore lascia spazio anche a tutto l’affetto possibile: «Era amabile nel modo in cui è amabile un bambino, e capace di ridare amore con la purezza dei bambini. Se l’amore era escluso da ciò che scriveva, era perché non si è mai sentito degno di riceverlo. È stato prigioniero, per tutta la vita, dell’isola di se stesso».  

Farther away è un viaggio forte. Ve lo consigliamo, se vi va di diventare fan del New Yorker su Facebook, e sempre che abbiate un account. Sennò, questo pezzo di storia della letteratura americana, per il momento, non è per voi. 

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