Il Financial Times incorona Draghi alla guida della Bce

Il Financial Times incorona Draghi alla guida della Bce

L’incoronazione ufficiale non è ancora arrivata, ma ormai sembra solo più una formalità. Mario Draghi sarà il prossimo presidente della Banca centrale europea, succedendo al francese Jean-Claude Trichet. È il Financial Times, la bibbia della finanza mondiale, a porre sul capo del governatore della Banca d’Italia la corona dell’Eurotower, con un paginone dell’edizione del weekend a lui dedicato. Ma non solo. Dopo mesi di critiche, delazioni e provocazioni, anche la tedesca Bild apre al banchiere italiano: «Non solo è abbastanza teutonico, in realtà è anche prussiano, tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria», scrive pubblicando anche un fotomontaggio con un Draghi con l’elmetto di Prussia.

Il governatore della Banca d’Italia finora ha mantenuto il profilo più adatto. Mentre intorno a lui impazzava la tempesta mediatica, ha continuato il suo percorso, incurante delle provocazioni. Quando Axel Weber, il numero uno della Bundesbank, decise di tirarsi indietro, Draghi continuò a parlare di vigilanza prudenziale sui sistemi finanziari internazionali. Idem durante gli attacchi della stampa tedesca, da Der Spiegel alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, passando per Bild e Handelsblatt. Ma ignorò anche le rimostranze di Simon Johnson, docente di economia al MIT di Boston (dove Draghi studiò) ed ex capo economista del Fondo monetario internazionale.

Ci fu solo un momento in cui Draghi perse le staffe. Quando dalla Germania, sempre dalla Bild e da Der Spiegel, arrivarono le accuse di connivenze fra lui e l’affaire greco di Goldman Sachs. La banca americana, di cui il governatore è stato vice presidente e managing director dal 2002 al 2005, aiutò Atene a manipolare agli occhi di Eurostat i propri conti pubblici, alimentando un alone di incertezza sull’effettivo stato dell’economia ellenica. In quell’occasione Draghi rispose tono su tono alle stilettate tedesche, smentendo ogni collusione.

C’è voluto il continuo appoggio delle principali testate economico-finanziarie mondiali, Economist, Financial Times e Wall Street Journal, per far comprendere anche alla gente comune che l’italiano è la persona più adatta allo scranno più alto dell’Eurotower di Francoforte. E dire che la concorrenza non era di secondo piano. I più papabili, dopo Draghi, erano Klaus Regling, presidente del fondo finanziario di stabilizzazione europea (Efsf), e Jürgen Stark, membro del board della Bce e grande falco nella lotta all’inflazione, lo spauracchio di Trichet. Non è un caso che proprio il quotidiano di Lionel Barber abbia oggi ricordato, nella lunga analisi a cura di Guy Dinmore e Ralph Atkins, tutti gli ostacoli per “Super Mario”. «Il Made in Italy funziona per il cibo e per la moda ma quando si tratta di esportare un governatore di una banca centrale all’improvviso può rivelarsi un handicap», scrive il FT. Per fortuna, le qualità di Draghi hanno superato le critiche.

L’ufficialità ancora manca, ma è questione di settimane, se non di giorni. Dopo l’appoggio di Nicolas Sarkozy, presidente di Francia, arrivato durante il vertice italo-francese di martedì scorso, era atteso anche quello del cancelliere tedesco Angela Merkel. Invece, è giunta la doccia fredda. «Senza l’approvazione del governo tedesco non ci sarà alcuna decisione», ha detto il portavoce del Governo tedesco, Steffen Seibert. Come ricorda il Financial Times, sarà però difficile che la Germania possa ostacolare quella che sembra essere la scelta più razionale per il futuro dell’Eurozona. Crisi europea dei debiti sovrani, ripresa economica anemica e disomogenea, inflazione, squilibri finanziari: il background di Draghi è tagliato per affrontare questi temi, complice la presidenza del Financial Stability Board, l’organismo globale che ha studiato la crisi finanziaria iniziato nel 2007.

In tutta questa lunga corsa verso la Bce, il Governo italiano è rimasto quasi ai margini. Dopo un primo endorsement informale del ministro degli Esteri Franco Frattini, nello scorso febbraio è stato Giulio Tremonti, titolare dell’Economia, ad aprire a Draghi, sotterrando l’ascia di guerra per un istante. «Siamo convinti che quella italiana sia un’ottima candidatura e sarà sostenuta dal governo», ha detto Tremonti. Dopo qualche giorno arrivò anche il supporto di Silvio Berlusconi, impegnato in un incontro istituzionale con la Merkel. Poi, il silenzio, rigoroso e doveroso. Negli ambienti economico-finanziari si è sempre detto, a proposito della candidatura di Draghi alla Bce, che la politica italiana avrebbe dovuto restare ai margini. Così è stato, anche se per qualche tempo il silenzio di Roma è stato visto come una mancanza più che una virtù.

Chi conosce bene il governatore sa perfettamente che lui è italiano solo anagraficamente. Per stile, studi, carriera, interessi, è fuori dai più classici cliché della classe dirigente italiana. Proprio per questo è stato scelto con un plebiscito per guidare l’Europa economica fuori dalla peggiore crisi dai tempi della Seconda guerra mondiale. 

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