Anglo Irish Bank non esiste più. Il più grande buco nero della finanza irlandese da ieri ha cessato di esistere. Le sedi di Dublino, Belfast e Cork sono state smantellate, come anche tutte le altre. In previsione c’è la creazione di una nuovo istituto di credito, ma rimane da chiarire che fine faranno le passività registrate nell’ultimo bilancio del gruppo, oltre 71 miliardi di euro. Un peso che equivale al 49,6% del Pil irlandese, 143 miliardi di euro. E considerando le garanzie, quasi 200 miliardi di euro, emesse da Dublino per sostenere le banche tramite la National asset management agency (Nama), la bad bank statale, emerge che l’Irlanda è di fatto insolvente. A peggiorare la situazione ci pensa il bilancio della Banca centrale d’Irlanda: al 25 marzo le perdite registrate erano 202,7 miliardi di euro.
Anglo Irish è il simbolo della crisi bancaria irlandese. Dopo aver ricevuto a pioggia liquidità per resistere al crollo delle proprie attività, è arrivato il de profundis. Meno di un mese fa aveva presentato l’ultimo bilancio consolidato, evidenziando una perdita netta di 17,7 miliardi di euro. Gli oltre 120mila clienti della banca, circa 8,6 miliardi di depositi, hanno spostato i propri conti in Allied Irish Banks. Peccato che proprio quest’ultima sia la peggiore degli istituti di credito analizzati da BlackRock nella tornata di stress test dello scorso mese, con un’urgenza di ricapitalizzazione pari a 13,3 miliardi di euro.
Dublino cercò di salvare a più riprese la banca, anche tramite operazioni straordinarie. Una di queste è la Emergency liquidity assistance (Ela), un programma capace di permette a una banca centrale nazionale di battere moneta in via indipendente rispetto alla Bce. Tramite l’Ela la Banca d’Irlanda ha erogato 28,1 miliardi di euro, stampati ex novo, ad Anglo Irish. Nonostante ciò, nell’ultimo bilancio dell’istituto è emerso che negli ultimi 12 mesi sono state rilasciate cambiali (promissory note) per 25,7 miliardi di euro, di cui non è chiaro quale potrebbe essere il loro destino.
A peggiorare la situazione ci ha pensato il ministero delle Finanze nello scorso settembre. Con l’attivazione dello schema ELG (Eligible liabilities guarantee) gli istituti di credito dell’isola hanno potuto emettere obbligazioni garantite dal Tesoro ponendo come collaterale le proprie passività di bilancio. Secondo una stima effettuata da Goldman Sachs, sono stati emessi bond per un valore di 35 miliardi di euro tramite questo programma. Denaro che è diventato un onere statale, cioè l’unico garante del sistema bancario irlandese.
A dire basta a questo circolo vizioso ci ha pensato Jürgen Stark, membro tedesco del board della Bce. Il banchiere centrale ha ribadito che «non è più possibile continuare a fornire liquidità» agli istituti irlandese. Parole che seguono quelle di Nout Wellink, governatore della Banca centrale olandese, che nel giorno degli stress test disse chiaramente che «l’unica soluzione è far fallire un paio di banche».
Quello che è certo è che la Central Bank of Ireland è insolvente. Secondo l’ultimo bilancio, registrato al 25 marzo scorso, le perdite erano 202,7 miliardi di euro. Fra queste, 157 miliardi sono iscritte nella colonna «altre perdite», senza nessuna specifica. È ipotizzabile che derivino dalle malversazioni degli istituti di credito dell’isola che, unite ai costi derivanti degli interessi sul debito sovrano, stanno affossando Dublino ogni giorno di più.
Il rischio più grande arriverà nelle prossime settimane. La Bce ha già detto che non si sostituirà alla Banca d’Irlanda nell’erogazione di liquidità tramite l’Ela. Francoforte assumerà nuovamente il ruolo di prestatore di ultima istanza per il sistema bancario irlandese. Tuttavia la differenza fra un istituto di credito illiquido e uno insolvente è sostanziale: il primo si può salvare, il secondo no. E le banche irlandesi non sono illiquide, sono insolventi.