La crisi finanziaria internazionale avrebbe dovuto portare nuove regole. Così non è se si guarda alle dark pool, piattaforme in cui le negoziazioni sui titoli avvengono in forma anonima. Secondo la Commissione europea oltre il 10% delle operazioni azionarie dell’Eurozona avvengono tramite questi sistemi. In realtà, è possibile che siano anche di più, specie considerando le dark pool interbancarie. Con oltre 15mila miliardi di dollari negoziati quotidianamente a livello globale, in costante aumento rispetto al passato, il mercato della liquidità alternativa (e opaca) continua a restare fuori dalle maglie della regolamentazione.
Con l’introduzione della MiFID, la direttiva comunitaria volta a migliorare l’efficienza dei mercati finanziari europei, si è aperto uno spiraglio per tutte le piattaforme alternative. In gergo tecnico si chiamano Multilateral trading facility (Mtf) e sono delle piazze parallele a quelle ordinarie. In altre parole, si tratta di uno dei più ampi segmenti dei mercati Over-the-counter (Otc), non regolamentati. All’interno dei sistemi Mtf si possono scambiare titoli, obbligazioni, liquidità, esattamente come in una Borsa regolamentata. Due le differenze: l’ingresso è destinato ai soli investitori istituzionali (fondi hedge, fondi monetari, fondi pensione, banche d’investimento) e i requisiti di trasparenza delle operazioni sono assai più ridotta rispetto alle normali transazioni, se non assenti del tutto. Nella categoria degli Mtf rientrano anche le dark pool. Proprio questi strumenti potenzialmente sono quelli in grado di aumentare a dismisura i rischi sistemici in caso di collasso di uno di essi.
L’Eurozona ormai è satura di dark pool. Gli ultimi dati della Federation of european securities exchanges (Fese) parlano chiaro. In tutto il 2010 sono state effettuate circa 42 milioni di transazioni, per un controvalore di 500mila miliardi di euro. Quelle che sono passate su Mtf indipendenti hanno generato un giro di 120mila miliardi di euro nella sola Europa. Di contro, contando anche quelle di proprietà dei singoli istituti di credito, i volumi superano i 300mila miliardi di euro, secondo i dati della Fese. Meglio non va negli Stati Uniti, dove gli scambi annuali surclassano queste cifre di gran lunga.
La più ampia dark pool operante in Europa è quella di Chi-X, società londinese che cura Chi-Delta. Con oltre 6,35 milioni di transazioni ogni anno e volumi scambiati per 54mila miliardi di euro nel 2010, questa piattaforma non ha rivali nell’Eurozona. A ruota troviamo Turquoise, nata dall’accordo di BNP Paribas, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Morgan Stanley, Société Générale e UBS. Lo scorso hanno Turquoise, che rientra sotto il cappello di London stock exchange (Lse), ha registrato più di tre milioni di scambi, pari a 20mila miliardi di euro. C’è poi SmartPool, detenuta da BNP Paribas, JPMorgan, NYSE Euronext e HSBC. Forte di 2,3 milioni di negoziazioni nel 2010, questa dark pool ha gestito oltre 20mila miliardi di euro. Fra le minori in Europa troviamo anche BATS Europe, con un volume annuale che si aggira sui 15mila miliardi di euro, e Posit, circa 12mila miliardi.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti la maggiore dark pool è Sigma X, appartenente a Goldman Sachs. Capace di produrre circa 300mila scambi giornalieri, Sigma X ha un volume mensile di 203mila miliardi di dollari. Ci sono poi le piattaforme proprietarie di Bank of New York Mellon, Barclays, BNP Paribas, Citigroup, Credit Suisse, Knight, Nomura, UBS. In questo caso però non è possibile quantificare con precisione il valore delle singole dark pool, dato che le banche in questione preferiscono non comunicarli. Inoltre, fra i fornitori di liquidità oscura troviamo NYSE Euronext, la società che controlla la New York stock exchange e la piazza paneuropea Euronext. Per il colosso internazionale i volumi 2010 hanno registrato un aumento del 37,4% rispetto l’anno precedente, per un totale prossimi ai 200mila miliardi di dollari annuali.
Oltre a questi sistemi, ci sono quelli consortili. Nati da accordi fra banche e Borse, hanno un’architettura chiusa: solo pochi investitori istituzionali possono operarci. In questo segmento troviamo BIDS Trading, fondata dalle principali banche mondiali e con 40mila miliardi di dollari negoziati nel 2010, e Level ATS, che nel corso degli ultimi 12 mesi ha scambiati volumi per 25mila miliardi. Infine, Liquidnet. Il colosso del mercato monetario internazionale continua a macinare utili e negli ultimi tre anni ha sempre avuto una tendenza al rialzo dei volumi.
Nei giorni più bui di Atene, nello scorso maggio, la Commissione Ue per il Mercato interno aveva posto l’attenzione di Bruxelles su queste piattaforme di negoziazione. A distanza di sei mesi, il 16 novembre 2010, è stata presentata una proposta di risoluzione del Parlamento europeo al fine di regolamentare le dark pool e gli altri Mtf. A oggi però non ci sono stati ulteriori progressi. L’ultima consultazione valida rimane quella pubblicata lo scorso 8 dicembre. L’opera di lobbying della International swap and derivatives association (Isda), la Confindustria degli operatori Otc, ha chiesto la revisione della proposta. Il motivo è che non si sarebbe tenuto conto dei problemi di liquidità che una restrizione immediata avrebbe potuto causare nell’Eurozona.
Quanto incidono le dark pool sul rischio sistemico? Nell’ottobre 2010 la Fese ha pubblicato uno studio in qui si ipotizzano tre scenari in caso di ulteriore stress finanziario europeo. Il primo, che prevede un innalzamento dei tassi d’interesse dei bond dell’Eurozona di circa 100 punti base, non implica particolari sviluppi negativi per le dark pool. «A fronte di una restrizione della fiducia interbancaria, potrebbero diminuire gli scambi, ma la liquidità rimarrebbe elevata», spiega la Fese. Nel secondo scenario, che vede il default di una nazione come Grecia o Irlanda, i primi problemi. «Le transazioni – continua l’associazione – rischierebbero di bloccarsi momentaneamente sull’onda dell’effetto domino sul sistema bancario della nazione in fallimento». In questo caso se un fondo satellite di un istituto di credito, operante nella dark pool, dovesse rimanere a corto di liquidità, i risvolti potrebbero minare alla stabilità della piattaforma. Infine, il terzo scenario: uscita di un Paese dall’Eurozona. «Se fosse così diversi sistemi potrebbero bloccarsi, causando una drastica riduzione della liquidità presente, capace di peggiorare il quadro», sottolinea la Fese. La possibilità ritenuta più probabile? La seconda. L’Europa, già flagellata dalla crisi dei debiti sovrani, potrebbe così trovarsi con un ulteriore problema di stabilità monetaria.