La polvere spuntava dappertutto. Sui braccioli delle sedie, dietro le quinte e vicino al sipario. E poi c’era quella strana nebbiolina bianca, poco rassicurante. Più in là era collocato il cantiere, affidato dalla fondazione Teatro Regionale Alessandrino (abbreviata in Tra) alla Switch 1988, per la bonifica dell’impianto di riscaldamento. Quello con l’amianto (mappa di platea e interrato).
«I responsabili ci dicevano di stare tranquilli che erano solo calcinacci. Niente di grave», raccontano i tecnici del teatro di Alessandria. «Niente fibre pericolose». Ma qualcosa nei lavori, probabilmente, era andato storto: «E non ce lo dicevano». Mancava poco alla rassegna Precipitevolissimevolmente, meno di un giorno. Dal 23 al 26 settembre dello scorso anno, sarebbero saliti sul palco Lella Costa, Paolo Rossi, Yo Yo Mundi, Erri De Luca e Gianmaria Testa. E quattromila persone si sarebbero sedute in platea. Nonostante gli allarmi, il teatro (prima la Sala grande con 1200 posti, poi le altre due: Ferrero e Zandrino) verrà chiuso precauzionalmente dall’Asl solo il 2 ottobre. Nel pomeriggio agli orchestrali del concorso Pittaluga, impegnati nelle prove, era capitata una disavventura: la polvere era piovuta dal soffitto sulle giacche e sulle teste dei musicisti, trasferiti di gran lena in duomo. Una «nube d’amianto», scopriranno qualche giorno dopo le analisi della Asl: un livello di 16,3 fibre/litro di amianto nei luoghi maggiormente frequentati del teatro (nel precedente sondaggio quantitativo era risultato un tasso di fibre di polvere del 66,7% sul totale, rispetto al 20% consentito).
Maestoso, il teatro comunale di Alessandria, completato nel 1978 sulle fondamenta del vecchio Virginia Marini, è tuttora chiuso, la bonifica resta alla fase preliminare e i 24 lavoratori, sottoposti a esami medici dall’Asl, oltre a problemi per la salute temono di perdere il posto: «Useranno l’incidente e la necessità di irrinunciabili tagli di bilancio come pretesti. Abbiamo già pronto lo slogan: «contaminati e licenziati». Pure, l’ipotesi di farne un secondo «Stabile» regionale dopo Torino (da affidare all’attuale direttore artistico Gabriele Vacis) vacilla. Gli sviluppi della vicenda sono quasi da spy story: verbali alla WikiLeaks che scompaiono e, oscurati, riappaiono, uno scontro politico accesissimo tra opposizione e maggioranza (in prima linea il sindaco Piercarlo Fabbio, Pdl; la proprietà dello stabile è del Comune), che ha liquidato il direttore del teatro, Franco Ferrari, uno dei pochi vertici fuori dall’inchiesta condotta dal procuratore Capo Michele Di Lecce, che ha portato l’iscrizione di 9 persone nel registro degli indagati. Per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, Maurizio Dufour, legale rappresentante della Switch 1988, Roberto Curati, dirigente della società, Achille Cester, responsabile tecnico dei lavori, Pier Ugo Ferrari, coordinatore della sicurezza, nominato dal Teatro Regionale Alessandrino in fase d’esecuzione, e Claudia Canepa, ingegnere incaricata di seguire i lavori (questi ultimi due hanno chiesto di estinguere i loro reati pagando una sanzione e sono usciti dall’indagine); per abuso in atti d’ufficio, la presidente della fondazione Elvira Mancuso, che convocata in Procura non si è presentata all’interrogatorio, l’assessore alla cultura di Valenza Paola Bonzano, il presidente del collegio revisori dei conti Gianni Cazzulo e il consigliere d’amministrazione Lorenzo Repetto, presidente dell’Amag Spa (società partecipata che si occupa del ciclo integrato dell’acqua) ed ex sindaco di Castelletto D’Orba, che, interrogato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Quest’ultimo – che durante una seduta del consiglio d’amministrazione suggerì di affidare l’incarico alla Switch 1988 – è stato recentemente rinviato a giudizio per peculato e corruzione nella realizzazione di una discarica non autorizzata in un’area interna ed esterna del depuratore del rione Orti.
Ma andiamo con ordine. La storia della polvere a teatro inizia il 21 giugno 2010, quando in un cda, che nei mesi successivi si tingerà di giallo, viene decisa la rimozione del fioccato di amianto presente sul soffitto e sulle pareti della centrale termica e affidato il lavoro – senza gara d’appalto – alla ditta Switch 1988, con sede legale a Genova ma un polo operativo a Castelletto d’Orba e diverse competenze: raccolta differenziata, bonifica, disinfestazioni, trattamenti antiparassitari e gestione rifiuti. A settembre, al ritorno dalla pausa estiva, quando il cantiere doveva essere chiuso o quantomeno isolato, i dipendenti si accorgono della presenza di «nuvole di polvere» provenienti dall’impianto di aerazione. Sarà così per una settimana, nonostante i tentativi di aspirarle. Gli spettacoli iniziano, pure Cesare Pavese and America di Lella Costa e Yo Yo Mundi, il 24 settembre scorso: «Difficile – spiega ora il cantante del gruppo Paolo Archetti Maestri – immaginare si trattasse di fibre d’amianto. Lo abbiamo scoperto successivamente informati dall’Asl, non dai vertici del Tra. Adesso la speranza è che una bonifica si faccia sul serio e che il teatro riapra al più presto. Con tutti i lavoratori!».
I giorni successivi alla rassegna sono quelli più concitati, tanto che per l’alto livello di polveri scatta l’allarme antincendio. A un certo punto compare un’analisi ottimistica di un laboratorio privato, presto smentita dall’Asl. E, appena arrivano i sigilli, smobilita anche Ring!, il festival di critica cinematografica ospitato in sala Ferrero. La fondazione pensa subito a una seconda bonifica e incarica la stessa azienda che avrebbe causato il danno. Scoppia la polemica. Paolo Bellotti, consigliere comunale Idv, coglie la palla al balzo: «Affidare alla Switch 1988 le nuove operazioni è come affidare a Bin Laden la ricostruzione delle Torri Gemelle». Interviene, allora, il sindaco Fabbio, all’inizio defilato, che blocca tutto e chiede la revoca dell’incarico (decisione accolta dall’assemblea dei soci fondatori del Tra). «Fermai – dice oggi – per motivi di opportunità in una fase carica di emotività».
I colpi di scena non finiscono. Dal momento della chiusura sono molti gli interrogativi che aleggiano sulla vicenda: chi c’era e chi decise in quel consiglio di giugno? Chi diede l’impulso? Era davvero un intervento così urgente (visto che l’amianto era monitorato ogni anno dagli organi competenti)? Il consigliere comunale del Pd, Giorgio Abonante, chiede invano di accedere ai verbali. Passano i 30 giorni previsti per legge, ma niente. Finché non denuncia al prefetto Francesco Paolo Castaldo una «persistente violazione di legge». A dicembre gli atti spuntano all’improvviso sulla scrivania di una testata locale. Così, si scopre che in quel cda erano presenti la presidente Mancuso (nominata nel 2007 dal Comune di Alessandria) e il consigliere Repetto, più Paola Bonzano, assessore alla cultura di Valenza, su delega del proprio Comune, «in attesa della nomina del nuovo consigliere». Assenti i rappresentanti di Regione e Fondazione Cassa di risparmio. Primo quesito: c’era il numero legale? Lo valuterà la magistratura se quel consiglio non si doveva svolgere, cercando di chiarire il ruolo di Bonzano («delegata» non «consigliere»): era in condizioni di svolgere a tutti gli effetti il compito di componente del cda? Nella sua memoria difensiva, il presidente del collegio revisori dei conti Cazzulo ribatte: «La delibera era stata adottata dall’assemblea in modo del tutto regolare, il cda del Tra aveva deciso di assegnare l’esecuzione dei lavori alla Switch 1988 di Genova anche se mancava, ma era questione di poco, la ratifica dell’assemblea alla nomina di rappresentante del Comune di Valenza dell’assessore alla Cultura, Bonzano».
A indicare la Switch 1988, si legge negli atti, fu il consigliere Repetto: «Come socio fondatore mi sono fatto parte diligente per affrontare il problema e ho già fatto approntare un primo studio di fattibilità. È assolutamente necessario e prioritario intervenire per una rimozione immediata». Valutazione condivisa dal direttore Ferrari. La proposta economica della Switch 1988, «società di fiducia dell’Amag», pari a 105 mila euro, verrà sottoscritta dal direttore il 19 luglio. Nel verbale del cda è, inoltre, riportata una domanda di Ferrari: «I lavori comportano rischi per i dipendenti e i terzi eventualmente presenti nell’edificio?». La rassicurazione del presidente dell’Amag: «Assolutamente no. Naturalmente l’impianto non deve essere acceso per nessun motivo».
Le audizioni nelle commissioni comunali si svolgono in un clima infuocato. Il direttore Ferrari racconta la sua versione (collaborerà, una volta chiamato come persona informata dei fatti, anche con le indagini della Procura), più sulla difensiva rimane, invece, la presidente Mancuso. Intanto nasce il comitato Ridateci il teatro, formato da cittadini, lavoratori, operatori culturali, spettatori abituali e anche qualche esponente politico. L’obiettivo è di vigilare e informare sulla vicenda, rendere la comunità partecipe, chiedere una bonifica e la riapertura del teatro (nei giorni scorsi è arrivato al comitato un videomessaggio di solidarietà di Umberto Eco, originario di Alessandria). Ma c’è chi, forse, non vede di buon occhio le iniziative del gruppo. Piera Rosi, storica collaboratrice del teatro alessandrino (si occupava di teatro ragazzi), una delle portavoce del comitato, viene presto liquidata dai vertici del Tra. Intanto, i verbali scompaiono e rispuntano a febbraio. Questa volta arrivano da Palazzo Rosso (sede del Municipio), in parte oscurati: «Abbiamo occultato solo ciò che non era interessante», spiega il sindaco Piercarlo Fabbio, che parte all’attacco del direttore Ferrari. Fu lui – secondo Fabbio – a stabilire ad aprile, in un’assemblea dei fondatori, l’urgenza dell’intervento. Sempre lui che il 15 giugno ringraziò l’Amag per aver ricordato di risolvere l’urgenza amianto e il 21 giugno comunicò all’azienda di approvare l’offerta per la bonifica. «Per mesi – accusa – la direzione non ha comunicato con il cda». Poi un’allusione velata al fatto che i verbali fossero arrivati prima a una testata locale che al cda che ne aveva fatto richiesta. «Questioni di priorità», il commento ironico del sindaco, che poi difende la presidente Mancuso: «Si era limitata a dare mandato al direttore di procedere con i lavori, ma la decisione finale spettava alla direzione. Non cerchiamo capri espiatori, però ognuno si assuma le proprie responsabilità o altrimenti non continui a ricoprire ruoli che oggi gli appaiono così scomodi».
E il presunto capro espiatorio, Franco Ferrari, replica: «Non capisco perché il sindaco non aspetti serenamente le conclusioni del magistrato; il tempo dedicato a questo polverone, non potrebbe essere utilizzato meglio? Non tengo informato il cda? Ma se li bombardo continuamente di lettere e relazioni. Ho l’impressione che alcuni consiglieri comunali direbbero che semmai è la presidente a essere un po’ parca di informazioni istituzionali». Poi, aggiunge: «Sì, ho risposto personalmente a richieste di materiali da parte della Procura e dello Spresal (servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Asl, ndr). Mi dovevo rifiutare? Invece non ho fornito clandestinamente nulla ai media locali. Mi spiace, non è il mio stile».
Ecco il riferimento ai verbali: «Il sindaco ha diffuso alcuni documenti un po’ maliziosamente tagliati ma che assomigliano molto a un autogol, perché sono gli stessi documenti che, naturalmente nella versione integrale, citerei io». Precisa, infine, il suo ruolo: «Il direttore è un dipendente, non un Organo dell’azienda, non deve sindacare l’operato del cda. È il gestore delle attività, dirige il Personale, predispone i bilanci aziendali per l’approvazione degli Organi». Il 24 febbraio arriva la resa dei conti: l’assemblea dei soci fondatori decide la risoluzione del contratto, in scadenza nel maggio 2012, del direttore Ferrari.
Ma perché, nonostante la responsabilità legale della fondazione ricada sul presidente, il bersaglio della maggioranza è diventato il direttore? «Perché è mancato il suo ruolo di garante – sottolinea il sindaco – e, poi, rispetto allo statuto precedente, in vigore fino allo scorso settembre, le responsabilità erano afferenti alla persona più qualificata a dare giudizi amministrati, ovvero il direttore generale. Quello del Tra è un cda di esperti, non ha competenza nell’affidare incarichi ma solo a dari indirizzi». Leggiamo, però, nel precedente statuto, ormai difficilissimo da reperire, ma anche in quello attuale (dove la figura del direttore generale è stata molto ridimensionata), che il direttore partecipa con parere solo consultivo alle decisioni del consiglio e senza diritto di voto.
Lunedì prossimo l’opposizione (Pd, Idv, Prc e Moderati) chiederà la sfiducia della presidente Mancuso: «Non può non presentarsi davanti al magistrato e non può condurre il tavolo tecnico». Improbabile venga accolta dalla maggioranza, che ha affidato il progetto di bonifica all’ingegner Fulvio De Lucchi. «La speranza è riaprire la Sala grande a ottobre», confida il sindaco. «Al momento – spiega la presidente del Tra – è stata costruita una unità di decontaminazione sul lato sud del teatro necessaria per accedere ai locali e compiere monitoraggi».
La suspense non è finita. A quale ditta saranno affidati i lavori di una bonifica «senza precedenti»? Il sindaco Fabbio non esclude alcuna possibilità: «Ci vuole un’azienda qualificata». E spiega: «Poche ditte hanno il curriculum della Switch 1988. E se esiste un principio di legge semplice, chi inquina paga, questo sarebbe già un riconoscimento del danno». Nell’aria è di nuovo bufera: «Sarebbe una follia – commenta Giorgio Abonante – riaffidare l’operazione alla stessa società che ha un’indagine in corso. La partecipazione ai costi della bonifica la potrà fare con il risarcimento dei danni». Sarà, comunque, una scelta delicata per Palazzo Rosso, viste le condizioni critiche delle casse comunali.
Intanto i dipendenti si sono rivolti al prefetto dopo l’indicazione dell’assemblea dei soci al cda di «rivedere l’utilizzo delle risorse umane che risultano sovrastimate». La preoccupazione per la perdita del lavoro si aggiunge a quelle per la salute. Non un bell’auspicio in una provincia già martoriata dall’Eternit: Casale Monferrato è poco più a nord e il 28 aprile sarà la Giornata Mondiale delle vittime dell’amianto.