Care banche italiane, state giocando col fuoco. È questo il pensiero del Financial Times, che oggi bacchetta gli istituti di credito italiani. Dopo gli aumenti di capitale previsti, infatti, i big bancari stanno pensando di tornare ai dividendi pre-crisi. Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena sono le due società più criticate dal quotidiano della City. Eppure, lo stesso atteggiamento lo stanno avendo sia le compagini britanniche sia quelle statunitensi.
«Le banche italiane programmano il ritorno a dividendi opulenti». Questo è il titolo che oggi compare sulla prima pagina del dorso del Financial Times dedicato ai mercati finanziari. Il riferimento è al rapporto fra utili e dividendi (pay-out ratio), che secondo il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, tornerà sopra quota 50% nella prossima tornata di remunerazione per gli azionisti. Un passaggio considerato pericoloso dal quotidiano londinese, specie dopo le varie raccomandazioni prudenziali giunte ai banchieri italiani dalla Banca d’Italia. Eppure, fino a sei mesi fa, ricorda il FT, di aumento del pay-out ratio non era nelle previsioni. Ma non era previsto nemmeno la ricapitalizzazione, arrivata come un macigno sugli istituti italiani, in forte contrazione a Piazza Affari dopo gli annunci degli aumenti di capitale.
Secondo la testata di Lionel Barber, l’operazione messa in atto dalle banche italiane non è ben vista dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Del resto, dopo aver incoraggiato gli istituti di credito a ricapitalizzarsi durante l’ultimo convegno Assiom-Forex di Verona, Draghi ha più volte rimarcato l’urgenza di una migliore qualità del capitale di vigilanza. Intesa Sanpaolo ha sottoscritto un aumento nell’ordine di 5 miliardi di euro, capace di portare il Core tier 1, il patrimonio di base rapportato alle attività ponderate al rischio, dal 7,9 al 10 per cento. Stessa operazione per Monte dei Paschi di Siena, forte di 2,5 miliardi di euro di capitale fresco che ha portato il Core tier 1 dal 6,0 all’8,5 per cento. Non è detto però che per Rocca Salimbeni il rafforzamento sia terminato, come ricorda anche il Wall Street Journal. Banco Popolare ha aumentato il proprio Core tier 1 di due punti, dal 6,0 all’8,0%, frutto dell’aumento di due miliardi di euro. Infine, UBI Banca: per lei solo un miliardo di euro, per un nuovo Core tier 1 dell’8,0%, invece che del 7 per cento. Per ora non ci sono novità per UniCredit, ma nelle sale operative si continua a parlare di una ricapitalizzazione per 5 miliardi di euro. Chi invece è sicura di doversi rafforzare è la Banca popolare di Milano, dopo l’esortazione della Banca d’Italia.
Gli inglesi però non sono i più virtuosi del sistema bancario europeo, anzi. L’amministratore delegato di Barclays, Bob Diamond, dopo aver ricevuto uno stipendio per il 2010 da 16 milioni di dollari, ha fatto clamore per una sua dichiarazione delle ultime settimane. «Mi sembra corretto aumentare il profilo di rischio della banca», ha detto Diamond a inizio aprile. Detto, fatto. Barclays ha iniziato a incrementare la leva finanziaria, cioè il rapporto fra capitale e indebitamento per investimenti, al fine di migliorare la redditività. Uno l’obiettivo: crescere al 13% del Roe (Return on equity) dall’attuale 7 per cento.
Se è vero che i dividendi non sono stati staccati dalle banche britanniche, è altrettanto vero che il motivo è stato solo politico. Del resto, l’intervento governativo a sostegno dei big inglesi del credito è stato ingente. Ma il Lloyds ha già messo in cantiere il ritorno ai dividendi nel 2012, dopo tre anni di austerity. Di contro Royal Bank of Scotland, Barclays e Standard Chartered hanno continuato a remunerare gli azionisti, nonostante tutte le iniezioni di liquidità che hanno ricevuto dal 2007 a oggi. Non sono state poche le critiche dell’opinione pubblica, colpite nell’immaginario collettivo dai continui eccessi della finanza.
Chi sta già tornando al pay-out ratio del 2007 è Wall Street. JPMorgan Chase e Wells Fargo hanno già avuto l’ok da parte della Federal Reserve per l’aumento dei dividendi, mentre Bank of America-Merrill Lynch sta per concludere il suo iter di controllo di vigilanza, al termine del quale potrà aumentare il pay-out ratio del 100 per cento. Si toccherà così il più elevato livello dal fallimento di Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008. E anche Goldman Sachs e Morgan Stanley stanno pensando di adottare una politica analoga, dopo l’erogazione di maxi bonus ai loro top manager in riferimento all’ultimo esercizio.
A criticare aspramente le banche inglesi ci ha pensato la Financial services authority (Fsa), il watchdog finanziario britannico. Il suo presidente, Lord Adair Turner, non ha utilizzato mezzi termini: «La qualità del capitale non deve abbassarsi, le banche non devono dissiparlo tramite i dividendi». L’esortazione di Turner è arrivata dopo gli ultimi dati sul Core tier 1 medio degli istituti di credito del Regno Unito, compreso fra il 10 e l’11 per cento. Nonostante questo, le previsioni degli analisti vedono un sostanzioso ritorno ai ricchi dividendi per i prossimi anni. Anche a discapito dei coefficienti patrimoniali di sicurezza.