Mi consentoA Napoli nisciuno è fesso, nemmeno De Magistris

A Napoli nisciuno è fesso, nemmeno De Magistris

Guascone, è guascone. Sfrontato, è sfrontato. Ma, come diceva Totò, cca nisciuno è fesso. E non fa eccezione Luigi De Magistris, l’uomo nuovo, con Pisapia, di queste elezioni amministrative. Il candidato dell’Italia dei valori che a Napoli ha stracciato quello del Pd (Morcone, che a Napoli in tanti non sanno nemmeno che sia esistito) e ha conquistato il ballottaggio con un effetto trascinamento personale del settanta per cento. È arrivato al 27,5%, mentre le liste che lo sostenevano si sono fermate al 16,7. Tanto per dare un po’ di numeri, il Pd alle comunali ha raggiunto il 22,68% mentre Morcone si è fermato al 19. L’uomo del Pdl, l’industriale Gianni Lettieri, ha preso cinque punti percentuali in meno rispetto alle liste (38 contro 43).

Insomma, De Magistris ha vinto da solo. E da solo il pm dell’inchiesta Why Not? vuole proseguire. Almeno in apparenza. Non gli è bastato sconfiggere il Pd, lo mortifica persino. Rifiuta l’apparentamento. E incassa quasi in silenzio le aperture di credito dei duellanti delle primarie che il partito annullò per un moto suicida. Andrea Cozzolino, il vincitore accusato di brogli, si è detto pronto a salire sul palco con lui, vedendosi opporre un garbato rifiuto condito comunque da un invito a partecipare. Umberto Ranieri ha scelto il Corriere della Sera per invitare il Pd a sostenere De Magistris senza chiedere posti, lo ha persino definito «uno che ha capito la città, nient’affatto un demagogo». Insomma, nella città che fu di Giorgio Amendola è uno smacco non da poco vedere gli eredi del migliorismo in ginocchio da Masaniello. Come si comporteranno gli elettori del Pd per ora è un mistero. Tra l’altro una vittoria dell’ex pm garantirebbe ai Democrat quattro consiglieri comunali; una sua sconfitta il doppio.  

De Magistris per ora elargisce contentini. E tira dritto. Convoca una riunione operativa in un chiostro del centro storico che poi si trasforma a furor di popolo arancione (in tanti portano un pezzetto di stoffa colorata) in un comizio. Sale sul muretto e parla al megafono, paragona il movimento di cittadini alla rivoluzione egiziana («La gente s’è svegliata una mattina e ha cacciato Mubarak»), e annuncia che la sua giunta «sarà composta da persone autorevoli, moderate, liberali e persone di sinistra. Un po’ come dopo la fine del nazifascismo e fu scritta la Costituzione che è di tutti, non di una parte». Gira per Napoli a piedi, stringe mani e ammonisce Pisellino, uno dei due ragazzi che interpretano i delinquenti in Gomorra: «Proprio tu voti Lettieri, tu che hai recitato in quel film».

Ma De Magistris non è solo Masaniello. E mentre ostenta il solo contro tutti, silenziosamente prova a far breccia a Palazzo Partanna, il cuore industriale di Napoli, dove lo sfidante Lettieri dovrebbe essere di casa. Ma il condizionale è d’obbligo. Al primo turno l’establishment imprenditoriale, senza endorsement ostentati, ha preferito l’uomo del terzo polo. E ora guarda con attenzione all’ex magistrato. Tra di loro c’è persino chi non ne fa mistero, come l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato. Il Corriere del Mezzogiorno ha rivelato, non smentito, che nei giorni scorsi l’uomo dell’articolo 18 avrebbe confidato ai suoi più stretti collaboratori che De Magistris è un cavallo di razza, quel che serve alla città, «un chiaro e forte segnale di discontinuità». Tra i due ci sarebbe una simpatia umana e anche un’identità di vedute su alcuni temi, quali ad esempio un termovalorizzatore nel centro di Napoli: entrambi sono per il no.

Insomma, De Magistris si guarda attorno. Persino al Quirinale. Ieri ha trovato il modo per chiedere scusa a Giorgio Napolitano: «Oggi non posso che notare con soddisfazione che qualcosa è cambiato, e il presidente Napolitano ha messo in atto la massima vigilanza rispetto alla Costituzione e alla democrazia». Chissà, interpretare il Colle non è facile. E non basta l’endorsement di Ranieri, che peraltro stranamente non scrive sul Riformista di Emanuele Macaluso, da sempre vicino al Colle. L’altra sfinge si chiama Antonio Bassolino, chiuso nel suo ufficio di corso Umberto. Basta dare uno sguardo al sito della sua Fondazione (Sudd) per capire quanta voglia abbia di parlare del duello: oggi la notizia del giorno è dedicata al ricordo di Vassallo, il sindaco di Acciaroli ucciso lo scorso anno.

De Magistris, dunque, il protagonista è lui. Ma bisogna fare attenzione. In politica basta poco per scivolare. E c’è persino chi – i soliti dietrologi – sostiene che poi tutta questa voglia di fare il sindaco non ce l’abbia e che gli interessi di più, a questo punto, dichiarare guerra a Di Pietro per prendersi il partito. In ogni caso il suo rivale Lettieri – che paga la vicinanza col forzista Cosentino – sembra più guardingo, forse aspetta o forse pensa di avere un vantaggio da difendere. Per ora si è inventato un ruolo per Bertolaso in chiave lotta all’immondizia e un altro per Fabio Cannavaro. L’appoggio di Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, una delle imprese più floride in città, non ha dato i risultati sperati. Oggi i due se le sono date di santa ragione nel confronto tv. Ma nulla di realmente interessante.

Napoli li osserva. Il vento sembra soffiare in favore dell’uomo nuovo. Un vento proveniente anche da Milano, in chiave anti-berlusconiana. Non a caso De Magistris sta organizzando un concerto-gemellaggio tra le due città con Roberto Vecchioni, un interista. Il resto, in città, sono cumuli di immondizia; attesa per l’incontro chiarificatore De Laurentiis-Mazzarri; cartelli al Porto con la scritta “Fuori di qui rischiate la vita”, visto che dall’altro giorno un turista americano è in fin di vita per aver battuto violentemente la testa per lo scippo di un Rolex; e dibattito sullo stop alle esumazioni di bare per una vicenda di mancati pagamenti. Insomma, la Napoli reale.  

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