60 miliardi di euro. È la cifra che gira nelle sale operative in riferimento all’ulteriore esborso finanziario per la Grecia, oltre ai 110 miliardi erogati un anno fa. Il tutto per evitare i due scenari più avversi: ristrutturazione del debito e uscita dall’eurozona. Da Bruxelles continuano a smentire ogni voce, mentre da Atene arrivano raccomandazioni alla calma. Intanto però questo sarà il leit motiv del prossimo Ecofin di lunedì 16, il consiglio dei ministri Ue delle Finanze. E l’economista Nouriel Roubini rilancia: «Penso che la ristrutturazione del debito greco avverrà il prossimo anno».
Andiamo con ordine. Ieri è giunto l’ennesimo downgrade sul debito sovrano ellenico, a opera di Standard & Poor’s, sull’onda delle voci di un’eurozona senza Grecia, messe in circolo dal settimanale tedesco Der Spiegel. La società statunitense di rating ha tagliato il proprio giudizio di due note, da BB- a B, sempre con outlook negativo. Anche Fitch e Moody’s hanno avvisato Atene in vista di un possibile ulteriore ribasso. Sia il premier George Papandreou sia il ministro delle Finanze George Papaconstantinou hanno smentito ogni ipotesi di ristrutturazione del debito o di fuoriuscita dalla moneta unica. Insieme a loro, anche Ue e Banca centrale europea (Bce) hanno cercato di tranquillizzare gli investitori. Ancora oggi Lorenzo Bini Smaghi, membro del board della Bce, ha escluso l’estromissione di Atene dall’eurozona, ma ha usato parole di fuoco per descrivere i tentennamenti ellenici di fronte all’idea di una ristrutturazione del debito, in un’intervista a La Stampa.
Nonostante questo, la situazione continua a essere emergenziale. La Bce per ora ha inviato un pool di esperti per verificare le condizioni economiche di Atene dopo il prestito da 110 miliardi di euro erogato il 5 maggio di un anno fa. Insieme agli economisti dell’Eurotower, anche quelli di Ue e Fondo monetario internazionale (Fmi). Come si legge nel documento degli emissari saranno controllati «il piano delle privatizzazioni, la riforma nel settore del lavoro, la liberalizzazione delle professioni chiuse, il programma di lotta contro l’evasione fiscale e il programma economico a medio termine per il periodo 2012-2015». Il tutto mentre il debito rispetto al Prodotto interno lordo, secondo le proiezioni di Citigroup, ha già superato quota 150 per cento. Intanto domani la Grecia si bloccherà. È previsto infatti uno sciopero generale dei sindacati che paralizzerà il Paese per 24 ore. L’oggetto della protesta sono proprio le nuove misure di austerity annunciate da Papandreou nei giorni scorsi.
Sui mercati secondari Atene ha continuato a soffrire. I Credit default swap (Cds), i derivati che assicurano contro il fallimento di un titolo, sono risultati costantemente sotto pressione. Non sono stati raggiunti i picchi di ieri, quando per assicurarsi contro il default di un titolo di Stato quinquennale del valore di 10 milioni di dollari erano necessari più di 1,5 milioni di dollari, ma il prezzo dei Cds è rimasto comunque sopra quota 1.480 punti base sulla piattaforma CMAVision. Continua però a destare stupore l’innalzamento della percentuale implicita di fallimento, prossima al 68 per cento. Ciò significa che la probabilità che Atene debba effettuare un default entro 5 anni è data al 68 per cento. Solo a ottobre era al 47,30 per cento. Tuttavia, su questo tema è intervenuto il capo economista della Bce, Jürgen Stark, ha escluso che la Grecia sia insolvente. «Io non li vedo (gli aiuti, ndr) come un pozzo senza fondo, ma penso che il programma messo a punto un anno fa con il Fmi sia realistico e che debba essere attuato», ha detto Stark.
Alta tensione anche per i mercati obbligazionari. Lo spread fra i titoli governativi ellenici e quelli tedeschi, i bund, storico parametro di solidità, è continuato a essere su soglie di vigilanza. Il rendimento del decennale greco si aggira sempre sul 15,70%, mentre ieri l’agenzia per il Debito pubblico di Atene ha collocato 1,62 miliardi di euro di titoli con scadenza semestrale al 4,88%, otto punti in più rispetto all’asta del 12 aprile. Proprio questa sofferenza ha spinto l’economista della New York University, Roubini, soprannominato Dr. Doom, a tracciare una mappa delle possibilità per Atene.
Sono sei le opportunità per il Pireo, dalla ristrutturazione del debito al mantenimento dello status quo. Quella che secondo Roubini è la soluzione migliore prevede «una ristrutturazione ordinata del debito, più una compartecipazione di attori privati, insieme a quello pubblici, per la sostenibilità delle esigenze di rifinanziamento di Atene». Quest’ultimo infatti è uno degli scogli più grandi. Nel 2012 andranno a scadenza circa 30 miliardi di euro. Ecco quindi perché si stanno accelerando i tempi per un nuovo pacchetto di sostegno.
Sul fronte italiano, non sono poche le preoccupazioni riguardo agli effetti di un possibile scenario avverso su Atene. Il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Giuseppe Mussari, ha oggi rimarcato che non ci sono pericoli per il sistema. «Mi pare che le banche italiane siano molto relativamente esposte, anzi per niente esposte rispetto alla Grecia», ha detto. Invero, secondo gli ultimi dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bis), ammontano a circa 6,5 miliardi di dollari le esposizioni italiane sul Pireo. Su un totale di 277,9 miliardi di dollari, una cifra relativamente bassa. Il primo posto spetta alla Francia, 92 miliardi, seguita dalla Germania, 69,4 miliardi, e dagli Stati Uniti, 43,1 miliardi. Eppure, se fossero confermate le voci che vedono nel 2012 una ristrutturazione del debito, come ha spiegato anche la banca svizzera UBS in un recente report, l’epidemia dei debiti sovrani potrebbe lambire anche il nostro Paese. Di questo, ma in prima battuta del nuovo pacchetto di aiuti alla Grecia, dovrà essere l’Ecofin a dare una prima risposta nel prossimo incontro, previsto la prossima settimana.