Berlusconi sciocca i suoi: «Milano è persa»

Berlusconi sciocca i suoi: «Milano è persa»

Apparentemente incomprensibile, il silenzio di Berlusconi dopo il tracollo di Milano ha, dal suo punto di vista, una comprensibilissima ragion pura, che vede come perno centrale il sostanziale distacco dalla realtà. Forse anche con un che di infantile, il Cavaliere ha optato per una (inconsapevole?) fuga in avanti che evita di approfondire l’esistente, rimuovendolo quasi totalmente, e che rimodella le convinzioni a proprio uso e consumo, facendole virare decisamente al bello quando fuori la tempesta è del tutto evidente. All’interno del partito, questo atteggiamento è vissuto con grande preoccupazione.

Come vi ha raccontato Marco Sarti,ieri il presidente ha incontrato Scajola. Glielo doveva. Come al solito, gli ha imbastito discorsi sui massimi sistemi, sulla necessità che l’ex ministro si riprenda in mano quel partito che già una volta (organizzativamente) fu suo, insomma una nebulosissima mozione degli affetti che Scajola ormai conosce a memoria e che ha valutato per quello che è.
Piuttosto, la sorpresa è stata molto, molto più forte, quando il premier ha affrontato ciò che era appena accaduto, quella tornata elettorale così tormentata da mettere in discussione anche il governo nazionale.

O almeno, così credeva Scajola. «Caro Claudio – queste le parole del premier – non andare dietro ai soliti giornali, non è successo nulla di cui doversi davvero preoccupare. Il governo è saldo, anzi ti dico di più, riusciremo perfino ad allargare ancora la maggioranza. Adesso la meneranno ancora per un mesetto con le amministrative, poi tutto rientra e procediamo per la nostra strada, che ha come punto distintivo le riforme economiche ».

Alle perplessità di Scajola, il leader del Pdl ha opposto il suo sguardo sul futuro: «Guarda Claudio, il Terzo Polo non farà mai l’accordo con Bersani. E quindi al Pd non resta che allearsi con Di Pietro e Vendola. Ma chi deve votare una simile accozzaglia?» Sui pericoli dell’oggi, il Cavaliere è sembrato riappropriarsi di un frammento di resipiscenza, quando gli ha parlato del ballottaggio Pisapia-Moratti: «Cosa vuoi, Milano è praticamente persa».
Ma cosa sarebbe successo una volta, nella testa di un deputato berlusconiano, dopo un colloquio del genere?

Che un atteggiamento così, del tutto privo di riscontri reali e poggiato solo sull’entusiasmo della persona, sarebbe stato vissuto come un’altra delle grandi battaglie che il Presidente si apprestava a vincere e che poteva legarsi, ancora una volta, alla sua tanto cara lucida follia. Invece, uscito da quell’incontro, Claudio Scajola si è rabbuiato, è rientrato nel suo studio molto inquieto, come avesse incontrato un Berlusconi diverso e lontano dall’uomo che conosceva. L’ex ministro ha riunito i suoi verso sera.

Di fronte a lui Salvatore Cicu, Piero Testoni, nipote dell’ex presidente della Repubblica, Cossiga, e Paolo Naccarato, vecchio esponente democristiano, negli ultimi anni nell’orbita amicale del Picconatore. A loro ha declinato le sue preoccupazioni per quell’atteggiamento del premier, consapevole che mai come in questo momento il Pdl ha bisogno di un cambio di prospettiva deciso e soprattutto evidente all’esterno.

Il partito dunque si interroga sulla reale capacità del Cavaliere di interpretare questo momento politico. Naturalmente, non ci sono strampalati traduttori del pensiero berlusconiano, così sciocchi da immaginarne il ricambio. E con chi, poi? Ma certo, mai come in questo momento l’esercito ancora fedele si interroga sulle virtù taumaturgiche del Capo. Riuscirà in un nuovo miracolo italiano?
Perplessità che facevano parte, questa mattina, dei pensieri di Rocco Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport.

Nell’assolata Piazza in Lucina, intorno alle otto e mezza e a qualche caffè, raccontava a qualche amico della necessità di «un cambio di marcia. A Milano abbiamo sbagliato tutto, Berlusconi ha personalizzato lo scontro ed è stato un errore capitale. Adesso, passati i ballottaggi, dobbiamo tornare al lavoro per le riforme economiche. Così ci possiamo salvare».

In fondo, è poi quello che ha chiesto anche Bossi nel corso dell’incontro con Berlusconi. Con l’Umberto che lo conosce sin troppo bene, il Cav. cosa si sarà giocato: l’ottimismo della volontà o il pessimismo della ragione? 

X