MODENA – Gianpiero Samorì è stato espulso dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La decisione è stata pressa pochi giorni fa dal consiglio di amministrazione della banca modenese, dopo settimane di febbrili consultazioni con i legali che hanno istruito e curato la redazione dell’atto. Ufficialmente, non è chiaro il capo d’imputazione dell’avvocato Samorì. Si tratta però di una “extrema ratio”, a cui, sebbene prevista statutariamente, nessuno nella storia della Banca Popolare dell’Emilia Romagna aveva mai fatto ricorso.
Si arricchisce dunque di una nuova puntata la battaglia tra Gianpiero Samorì, noto avvocato con il pallino della finanza, a capo della holding Modena Capitale, e l’attuale board di Bper. Al presidente dell’istituto emiliano, all’amministratore delegato Viola e al cda non sembra dunque bastata la vittoria, proprio sulla lista guidata da Samorì, alla recente assemblea di bilancio. Un’assise, quella dello scorso 16 aprile, decisamente “colorita”, in cui è successo un po’ di tutto: grida, cori da stadio, contestazioni, insulti, e una scazzottata finale.
L’espulsione, decisa senza alcun preavviso, non è però un fulmine a ciel sereno. Secondo quanto rivela un dirigente Bper di lungo corso, con la promessa dell’anonimato, sembra che nella mossa del cda abbia pesato non poco la pressione esercitata da Samorì nei confronti di Caselli, di Viola e dei consiglieri, prima e dopo l’assemblea di bilancio. Poche settimane fa, Samorì avrebbe intrapreso una serie di azioni legali tese a dimostrare l’esistenza di un accordo tra le due liste uscite vincitrici dall’assemblea dello scorso 16 aprile. Tra le azioni di Samorì, quella che ha più impensierito il top management è un esposto presentato alla Consob.
La notizia avrebbe trovato conferma in ambienti vicini all’authority guidata da Giuseppe Vegas, esponente di primo piano del Pdl, ascritto all’area moderato-liberale a cui lo stesso Samorì è vicino. Da Samorì e dal suo staff bocche cucite sul contenuto del provvedimento disciplinare, posto in atto secondo l’articolo 15 dello Statuto di Bper, secondo cui: «[…]il Consigio di Amministrazione può escludere dalla Società i soci che vengono a trovarsi una delle condizioni indicate nell’art. 11 (condannati a pene di vario tipo, ndr),nonché […] coloro che si siano resi responsabili di atti dannosi per l’interesse o per il prestigio della Società».
Scontato che, come previsto dallo Statuto, Samorì – che non ha commentato l’indiscrezione – darà battaglia e presenterà nei prossimi giorni un ricorso contro una decisione giudicata abnorme. È curioso, peraltro, che l’allontanamento avvenga ancora prima che gli inquirenti abbiano reso pubblici i risultati della verifica sui nastri di registrazione dell’assemblea di bilancio, acquisiti a seguito delle intemperanze manifestate dai sostenitori dell’avvocato.
«L’impressione – ci segnala un componente del Cda di Modena Capitale – è che, al di là della manifesta arbitrarietà dell’espulsione, si tratti di una mossa azzardata posta in essere in vista del pronunciamento della Consob, tesa a presentare Samorì come un poco di buono e dunque ad annacquare la “nobiltà di intenti” dei ricorsi presentati». Al di là delle dietrologie tattiche rispetto al provvedimento di espulsione, resta il fatto che, qualora la Consob dovesse accogliere le tesi di Samorì, l’esito dell’assemblea dello scorso 16 aprile verrebbe invalidato. Una misura che aprirebbe nuovi scenari nella lotta per il controllo della banca.
*giornalista e dirigente di un’associazione di categoria