Mi consentoIl Pd cancella Bassolino e acclama De Magistris

Il Pd cancella Bassolino e acclama De Magistris

NAPOLI – Una sala gremita, nel pieno centro della città, al Circolo degli artisti di piazza Trieste e Trento, con affaccio su Palazzo Reale e lo storico bar Gambrinus. Alle sette della sera lo stato maggiore del Pd si riunisce per celebrare il sostegno pieno e incondizionato a Luigi De Magistris. Per l’occasione il partito ha stampato persino i manifesti con la scritta “il Pd vota De Magistris sindaco di Napoli: per battere Cosentino, per fermare Berlusconi, per aprire una fase nuova nel Paese”. Sul palco il commissario Andrea Orlando e Anna Finocchiaro. A cinquecento metri, al terzo piano di corso Umberto, in una stanzetta Antonio Bassolino ha appena reso noto di aver denunciato Roberto Saviano in sede civile per le accuse che lo scrittore gli ha mosso su Repubblica, accomunandolo a Cosentino per la confidenza col denaro pubblico, unico colore che – per il padre di Gomorra – avrebbe sin qui contato per la politica svolta a Napoli.

Il Pd napoletano di tutto questo fa finta di niente, come se l’ex presidente della regione Campania fosse un estraneo, uno di cui dimenticarsi in gran fretta. Nel bel mezzo del suo intervento, il commissario Andrea Orlando dice: «Queste elezioni chiudono definitivamente un ciclo politico in questa città». Orlando non è di Napoli, e si vede. È stato inviato dal partito all’indomani del pasticcio primarie. Evidentemente nessuno lo ha informato che negli ultimi diciassette anni Napoli è stata governata dal suo partito, prima da Antonio Bassolino poi da Rosa Russo Iervolino. Orlando fa autocritica: «La nostra scelta al primo turno (il prefetto Mario Morcone, ndr) si è rivelata timida, l’elettorato si è espresso in modo chiaro e guai a un partito che non sa riconoscere le indicazioni dell’elettorato. Noi non chiediamo né poltrone né strapuntini, a De Magistris chiediamo solo una cosa: di vincere queste elezioni. Per contribuire ad aprire una nuova stagione per Napoli e per far nascere quel fiore che è appassito ancor prima di sbocciare, quel fiore si chiama Pd».

La sala applaude. C’è di tutto. I rivali delle primarie annullate, Andrea Cozzolino e Umberto Ranieri, l’avvocato Vincenzo Siniscalchi, persino la moglie di Bassolino, Anna Maria Carloni, e Berardo Impegno, unico del Pds ai tempi di Tangentopoli a finire in galera, Gino Nicolais, Teresa Armato e tanti esponenti locali. In pratica tutti. In un’atmosfera surreale. Come se De Magistris non avesse rifiutato l’apparentamento col partito al secondo turno, come se il candidato dell’Italia dei valori non avesse mai svolto la campagna elettorale in totale discontinuità con Iervolino e Bassolino. Solo la Finocchiaro, che porta per le lunghe il suo intervento proprio per aspettare De Magistris, ha almeno il coraggio di rivendicare i meriti della prima giunta del 1993, «esempio di buona politica non solo in Italia ma nel mondo». Altri non si espongono, anche se è evidente che non gradiscano il processo a diciassette anni di amministrazione. 

L’ex pm arriva e la sala in piedi lo acclama “sindaco, sindaco”. Lui fa un discorso di rito, non dice nulla di significativo e dopo un quarto d’ora si concede alle telecamere e se ne va. Un diessino di lungo corso a Napoli, ulivista, Aldo Cennamo spiega che «il Pd vota convintamente De Magistris. Dopo il voto rifletteremo sugli errori, non ci siamo resi conto che un ciclo era concluso. Forse l’ex pm aiuterà la ricostruzione di questa città». Chi l’avrebbe distrutta sta al terzo piano di un palazzo di corso Umberto. E non sembra mai che sia stato l’uomo simbolo di Napoli per più di un decennio.  

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