La procura contro Formigoni, restituite i poteri all’Arpa

La procura contro Formigoni, restituite i poteri all'Arpa

È durata solo due mesi la decisione dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa, ente regionale delegato al controllo della qualità dell’aria, del territorio e dell’acqua) di revocare al proprio personale la qualifica di polizia giudiziaria. Il primo aprile con una comunicazione ufficiale l’avvocato generale della Procura, Laura Bertolè Viale, ha chiarito che «nessuna modifica a tale disciplina statale ha comportato l’intervento legislativo della Regione Lombardia» e quindi «ritengo conseguentemente che il personale ispettivo delle Arpa abbia la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria e tutti i correlati poteri/doveri».

In sostanza si ribadisce l’articolo 117 della costituzione: l’unico organo che può legiferare in materia di Polizia Giudiziaria è lo Stato e una Regione non può abrogare né sospendere una qualifica fondamentale per decidere i sequestri delle aree interessate da inquinamento e pericoli per la salute pubblica. L’Arpa, in una nota ribatte che «non esistono attualmente, nell’ordinamento legislativo statale, specifiche norme che attribuiscono la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria al personale dell’Arpa». La partita è ancora tutta da giocare tra Regione e Procura di Milano. Rimane però la decisione di burocratizzare e rendere i controlli più stretti sul personale Arpa. Decisione partita direttamente dalla giunta di Regione Lombardia che nomina i vertici dell’ente creato nel 1999 per tutelare la salute dei lombardi grazie a 12 uffici in ogni capoluogo di provincia, mille dipendenti e una dote annuale di oltre 70 milioni di euro dal bilancio regionale per l’ambiente.

Come raccontato da Linkiesta, dentro l’Arpa c’è una guerra di poltrone, interessi e stretto controllo politico. Sotto osservazione il lavoro di chi deve valutare l’effettivo inquinamento delle aree da mettere sotto sequestro dalle procure che si occupano di reati ambientali e una volontà apparente di rendere più macchinose le scomode indagini in materia di rifiuti. «Negli ultimi due mesi di “sospensione” gli ispettori Arpa sono stati nominati per ogni singola indagine dal Corpo Forestale dello Stato, Polizia o Carabinieri come ausiliari di Polizia Giudiziaria per compiere le operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche che solo loro hanno: un’assurdità» rivela un ispettore specializzato in reati ambientali.

Ma c’è dell’altro. Nelle intenzioni del direttore generale Umberto Benezzoli (nominato un anno fa al posto di Franco Picco che lo ha sostituito come direttore generale all’Assessorato lombardo all’Ambiente) i rilevamenti del terreno, delle acque e più in generale dell’inquinamento che l’Arpa effettua per le indagini di polizia o carabinieri, vanno pagate all’ente regionale e il direttore stesso si riserva il diritto di nominare il tecnico che riteneva più adeguato. Rendendo i controlli ancora più burocratici. La Procura ha invece ribadito la «necessità in sede investigativa di disporre rapidamente degli operatori tenendo conto della migliore affidabilità professionale e di eliminare gli ostacoli costituiti dalle convenzioni». Come? Assicurando la reperibilità dei tecnici (indispensabile per le operazioni di polizia che necessitano del segreto investigativo e la loro riuscita si basa in molti casi sulla flagranza di reato) e predisponendo dei turni di un congruo numero di operatori che l’autorità giudiziaria ritiene «valida ed affidabile professionalmente». Senza avvisare e chiedere l’autorizzazione ai vertici di Arpa.

Ecco la comunicazione ufficiale della Procura di Milano sui poteri dell’Arpa:

http://www.scribd.com/doc/55099456

http://www.scribd.com/doc/55099449
 

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