Linkiesta a Ballarò. Nella puntata di ieri, il programma di Giovanni Floris ha trasmesso un’intervista a Fabrizio Goria, redattore del desk economia e finanza de Linkiesta, durante il servizio «La Politica degli Annunci» di Emanuela Giovannini. Clicca sul link qui sotto per vedere il contributo:
Nel servizio sono state riprese anche quattro infografiche de Linkiesta (elaborate dal nostro Marco Sarti e dallo stesso Fabrizio Goria), intitolate Ma che fine ha fatto…. che riguardano le promesse fatte dal governo in merito al Piano Casa, alla Banca del Mezzogiorno alla semplificazione fiscale e a quella burocratica.
– Ma che fine ha fatto… il Piano Casa
Per rilanciare l’economia, risollevare la produttività, migliorare la vita degli italiani, la parola magica è solo una: la casa. E allora si mette in cantiere il fatidico Piano Casa. Nasce da un Piano nazionale di edilizia abitativa del giugno 2008. Più case per tutti, meno carte e burocrazia per chi vuole ampliare, più semplice la vendita delle case popolari per i coinquilini. La ciliegina, l’addio all’Ici. Un piano pulito, con nuovi impulsi e senza abusi. Ma gli anni passano, le carte ingialliscono, e il Piano Casa non va. Colpa delle Regioni, spiega Berlusconi nel febbraio del 2011. Altrimenti «avremmo già smosso investimenti per oltre 70 miliardi di euro». Ma il 5 maggio il rilancio è di nuovo servito.
– Ma che fine ha fatto… la Banca del Mezzogiorno?
Ecco la Banca del Sud. O meglio: se ne parla da tre anni, ma ancora non si vede. «Io credo profondamente nella banca del Sud», spiega Giulio Tremonti nel giugno del 2008. Nello stesso mese, nel decreto legge 112 (manovra economica), si istituisce la società per azioni Banca del Mezzogiorno. Le dichiarazioni sono incoraggianti. I fatti un po’ meno, anche se all’inizio del 2010 nasce il Comitato promotore della Banca del Sud e pochi mesi dopo viene approvato il Piano Nazionale per il Sud, in cui ancora ritorna la Banca del Sud. Dopo più di 36 mesi, ecco tutto il valzer delle dichiarazioni, fino alla più eclatante: «Sarà un gigante, con settemila sportelli».
– Ma che fine ha fatto… la Semplificazione fiscale?
Necessaria, inevitabile, non più rinviabile, indispensabile. Senza di lei saremo strozzati. È la semplificazione fiscale. «Entro il 2010», dice Berlusconi «Non prima del 2013», puntualizza Tremonti. E pazienza, da tre anni se ne parla – ispirandosi perfino al 1994 – e poco se ne fa. Poco, ma pur sempre qualcosa. Se le persone fisiche ancora non hanno procedure semplificate, le imprese possono sperare. Il tutto è demandato alle Regioni, e quindi si comincerà a risparmiare dal 2012.
– Ma che fine ha fatto… la Semplificazione burocratica?
Contro la tirannide dei vincoli, dei lacci e dei lacciuoli che impediscono la crescita dell’impresa italiana. La tanto invocata Semplificazione Burocratica passa per la bocca di tutti. Berlusconi, Tremonti, Calderoli (fatto apposta ministro per semplificare), e anche Draghi. Il primo mostro è l’articolo 41 della Costituzione, che frena la crescita e va riformato. Si pensa di farlo con due commi, intervenendo nel testo. Insomma, siamo a febbraio, è il Piano Scossa, e si riannuncia la modifica. Ma l’articolo 41 è ancora lì. In compenso, c’è il nuovo Statuto delle Imprese, una Commissione Parlamentare per le piccole e medie imprese, e un garante: Mister Pmi.