Lo stop al nucleare tedesco favorisce soltanto Parigi

Lo stop al nucleare tedesco favorisce soltanto Parigi

La Francia ringrazia. L’annuncio di Berlino di fermare tutti i 17 reattori nucleari del Paese entro il 2022, oltre ad aver suscitato un’ondata di entusiasmo borsistico nei titoli delle società attive nelle rinnovabili – al momento in cui scriviamo Falck Renewables guadagna oltre il 6%, mentre Enel Green Power è salita a quota +3,38%, con il Ftse Mib a -0,11% – potrebbe favorire l’atomo francese.

Lo scrive Le Figaro, foglio conservatore di Parigi, secondo cui saranno proprio i transalpini a supplire al 22% di fabbisogno energetico di cui la Germania avrà bisogno una volta spente le centrali. Già dallo scorso 17 marzo, come fa notare il mensile economico L’Expansion, cioè dai giorni successivi alla tragedia di Fukushima, quando sono stati messe in stand by sette centrali per gli “stress test”, il Paese ha importato 50 gigawattora più di quanto esportato. Una prima assoluta per i tedeschi, la cui bilancia energetica presenta di solito un saldo positivo.

Una scelta, quella di Angela Merkel, quasi obbligata da ragioni di realpolitik. Dopo la batosta del suo partito, la Cdu, nella tornata elettorale di fine marzo, contrassegnata dalla vittoria della coalizione rosso-verde, lo storico sorpasso dei Verdi sulla stessa Cdu, come secondo partito dietro alla Spd, ha imposto un cambiamento nell’agenda. Proprio la Spd dell’ex cancelliere Gerard Schroeder, nel 1998, aveva siglato un’intesa con l’allora leader dei Verdi, Joschka Fischer, per riconvertire l’energia atomica. Misura poi messa in soffitta dalla Cdu. 

Sebbene in queste ore Areva nella piazza parigina stia cedendo il 3,18%, mentre Edf è in parità, per le due utilty Berlino potrebbe dunque assumere un peso sempre maggiore sotto la voce “utili di esercizio”. Lo scorso dicembre, sottolinea Le Figaro, Edf aveva dovuto abbandonare il mercato tedesco venendo la quota del 45% in EnBW – uno dei principali player del mercato tedesco con E.On e Rwe (queste ultime proprietarie 13 dei 17 reattori presenti sul suolo tedesco) – ma nel corso dell’ultimo cda, la settimana scorsa, il ceo Henri Proglio ha posto l’accento sulla strategia di internazionalizzazione del Gruppo, grazie ad un aumento pari a 200 gigawatt nella capacità installata, entro il 2020, contro i 132 gigawatt lordi previsti entro la fine dell’anno.

Seccato, invece, il commento del presidente Anne Lauvergeon, «la decisione è totalmente politica e non escludo futuri capovolgimenti». Parole insolitamente dure in un giorno “sensibile” per il comparto energetico su tutti i mercati europei, ma che vanno contestualizzate alla luce del mandato in scadenza della numero uno di un gruppo con un giro d’affari di 12 miliardi di euro.

Grandeur a parte, rimane il paradosso: lo stop alle turbine nucleari teutoniche significa un quinto del fabbisogno proveniente da fonte nucleare. Oltretutto francese. In un momento in cui, stando ai dati della Bdew, la Borsa energetica di Berlino, il consumo globale di elettricità, per via della spettacolare ripartenza post crisi dell’industria, è aumentato del 3,8% sul 2009, pari a 530 miliardi di kilowattora. Siamo sui livelli del 2008. 

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