NAPOLI – Nelle 232 pagine, divise in 15 capitoli, Napoli c’è tutta. Ma d’una metropoli in chiaroscuro (con più scuro che chiaro) vengono evidenziati solo i lati di luce, mentre i nodi irrisolti, nel faldone del “bilancio di mandato” di Rosetta Iervolino non ci sono. Spariti, come i tanti problemi che da lunedì il prossimo sindaco di Napoli dovrà caricarsi su groppone, si chiami esso Luigi de Magistris o Gianni Lettieri.
Per quantificare l’eredità che dieci anni di amministrazione Iervolino lasciano al futuro primo cittadino si potrebbe partire dalle statistiche: la giunta uscente è sgradita all’85 per cento dei partenopei. Non a caso tutti i candidati a sindaco hanno ricevuto dai loro esperti di sondaggi, campain manager o spin doctor l’analogo suggerimento: attaccare l’attuale assetto comunale. Tuttavia, anziché i numeri che poco restituiscono dell’atmosfera d’una città, ci sono due istantanee importanti di queste ore. Una è visibile a tutti, l’altra solo ai pochi che hanno accesso al Palazzo San Giacomo, cuore dell’attività amministrativa.
Il fotogramma pubblico è quello di un bar dilaniato da una esplosione giovedì notte, in vico Vasto, all’angolo di via dei Mille, zona Chiaia, il «salotto buono» della città. Racket o vendetta d’altro tipo lo stabiliranno gli inquirenti. Di incredibile c’è la reazione indifferente del quartiere borghese (al massimo qualcuno si fermava per immortalare la cosa e condividere la foto su Facebook). Un comportamento che rende bene lo stato d’animo del napoletano ormai quasi impossibile da scuotere, preoccupare, indignare. Imperturbabile, nella sua drammaticità.
L’altra situazione è quella al secondo piano del Municipio cittadino, dove ieri – triste, solitaria y final – Rosetta Iervolino ha riunito per l’ultima volta in dieci anni la sua giunta. Alla chetichella gli assessori stanno facendo fagotto per lasciare al più presto la sede muncipale: «Almeno così non corriamo il rischio, assolutamente presente, della “cacciata” dagli uffici all’indomani del ballottaggio» confessa a denti stretti uno degli assessori, fra i più autorevoli, della giunta attuale. A quanto si apprende gli assessori che hanno governato il capoluogo campano andranno via lunedì dopo pranzo, addirittura prima degli exit poll del ballottaggio. Niente passaggio di consegne. Almeno per ora.
Torniamo al “Resoconto di fine Mandato 2006 – 2011”. «Fa riferimento, anche se in maniera non esaustiva, a tutte le aree di intervento del Comune» avverte l’Ente. Ma l’idea che il redattore del volume in alcuni capitoli abbia sofferto forti amnesie diventa realtà sfogliando il tomo. La cartina di tornasole è, manco a dirlo, la questione rifiuti: «Il sistema impiantistico non ha capacità produttiva sufficiente per trattare tutti i rifiuti prodotti dalla provincia di Napoli, ed è questo il motivo delle frequenti crisi che coinvolgono anche Napoli». Così viene sintetizzata una crisi ciclica che ha portato la terza città d’Italia sui giornali e nelle tv di tutto il globo, macchiandone chissà per quanto l’immagine. Quattro pagine per descrivere la tragedia monnezza contro le dieci alla voce “Pace e cooperazione internazionale” che discettano su Napoli capitale dell’integrazione.
Se resoconto dev’essere (e dunque, come da dizionario una «relazione particolareggiata») occorrerebbe però spiegare nelle 232 pagine come mai delle società partecipate del Comune di Napoli sono rese note soltanto la mission e il numero di addetti, e non le criticità. Forse qualcosa di più attinente alla realtà si trova nell’ultima relazione dei revisori dei conti per 5 spa in cui il Comune detiene più del 66% del capitale sociale: Asìa (che fa registrare la perdita di esercizio più rilevante oltre i 18 milioni), Centro agroalimentare, BagnoliFutura, Mostra d’Oltremare Terme di Agnano registrano un passivo pesante come un macigno.
In compenso, si apprende che il Comune partenopeo è diventato un editore cartaceo e televisivo. È nata “Edizioni Comune di Napoli”: «Uno strumento – si legge nella presentazione – per promuovere la produzione istituzionale dell’Ente e contribuire alla conoscenza della città». Il rapporto costi benefici di quest’operazione resta ignoto, così come sono oscuri i dati (numero di visitatori, ad esempio) della web-tv comunale. Diretto da un pensionato Rai ultrasessantenne, il canale televisivo istituzionale è già stato fonte di polemiche negli ultimi due anni. Ma tutto questo Rosetta non lo sa (o non lo dice nel suo resoconto di fine mandato).
E ancora: l’urbanistica e i progetti per Napoli; la sequenza di progetti descritti come realizzati o in avanzato stato di realizzazione fa sorridere chi vive a Napoli. Fin troppo comodo parlare di Bagnoli, dove qualcosa è pure stato realizzato ma non aprono i battenti per mancanza dei fondi necessari ai collaudi delle opere (competenza regionale). Più facile riferire invece di Piazza Garibaldi, quella della Stazione centrale: nel libretto è riprodotto l’affascinante “come sarà” del progettista, ma la realtà è una casbah che chiunque approdi a Napoli dalla stazione conosce bene. Poi, il Real Albergo dei Poveri di piazza Carlo III che dovrebbe diventare la “Città dei giovani”: oggetto di un gigantesco restauro pagato a fatica con soldi pubblici, senza nemmeno l’intervento di un privato; tempi di chiusura cantiere indefiniti. Porto Fiorito, lo scalo marittimo turistico di Napoli Est è una landa da bonificare e chissà quando si vedrà la realizzazione. Infine, l’Ospedale del Mare: il nosocomio che dovrebbe sostituire tre ospedali cittadini è uno scheletro di cemento che chissà quando aprirà i battenti. Ma nel libro dei sogni tutto ciò non è scritto. Più che resoconto è una narrazione: la favola della città che sarebbe dovuta essere. Per dirla alla Pino Daniele: «tutta n’ata storia».