Ancora un giorno. L’ufficio di presidenza del Pdl in programma stasera per discutere i risultati delle amministrative si terrà domani pomeriggio. Il premier Silvio Berlusconi si prende 24 ore per digerire il disastro elettorale e presentare ai vertici del partito la sua strategia per il futuro. Il Cavaliere non aspetta, invece, per aprire un fronte interno al Governo. Nel pomeriggio, intervenuto al Quirinale per un ricevimento in vista della ricorrenza del 2 giugno, il premier critica il ministro dell’Economia Tremonti. «Faremo la riforma del fisco» conferma. E a chi gli fa notare che il titolare di via XX settembre potrebbe creare qualche problema, spiega: «Gli faremo aprire la borsa. Non è Tremonti che decide, lui propone».
Nel frattempo la capigruppo di Montecitorio fissa il primo, vero, banco di prova per la maggioranza dopo i ballottaggi: la verifica parlamentare sul rimpasto di Governo. Il voto alla Camera dei deputati è stato calendarizzato nella settimana dal 20 al 27 giugno. Un appuntamento che servirà anche per testare la tenuta della coalizione a pochi giorni di distanza dall’annuale manifestazione della Lega Nord a Pontida (in programma domenica 19).
Berlusconi ostenta tranquillità. Prima di lasciare Bucarest – dove era impegnato in un vertice istituzionale – ha scherzato con i giornalisti: «Volevo fissare la data del mio funerale – ride – ma nei prossimi giorni ho troppi impegni e quindi rimanderemo…». Nel primo pomeriggio il Cavaliere è tornato a Roma. Il primo incontro post elettorale è dedicato alla famiglia. A Palazzo Grazioli il premier ha ricevuto i figli Piersilvio, Marina, Barbara e Luigi. L’agenda di Berlusconi è fitta di impegni. Alle 18 si è recato al Quirinale, in serata cena con i consiglieri di amministrazione Rai in quota maggioranza. E proprio dal Colle il premier è tornato a parlare dei ballottaggi: «Ho preso atto della sconfitta – sono le sue parole – ma sono sicuro che non ho mancato in nulla se non nel comunicare. Sono assolutamente fiducioso, abbiamo una maggioranza per fare le riforme. Quello delle amministrative è un risultato che prevedevo. Avremmo potuto vincere in Campania con Mara Carfagna, però l’avremmo consegnata alla camorra».
È saltato, invece, il faccia a faccia in programma con il leader leghista Umberto Bossi. Verso le 19, lasciando Roma per Milano, il senatùr non nasconde la preoccupazione per la tenuta dell’Esecutivo: «Per ora il governo va avanti – dice – Tranquillamente? Questo non lo so, però andiamo avanti. Per ora».
Il Pdl, intanto, è in pieno movimento. In vista dell’ufficio di presidenza di domani pomeriggio cordate e fazioni tornano a confrontarsi. Al centro del dibattito c’è il ruolo di coordinatore unico che Berlusconi vorrebbe affidare ad Angelino Alfano (anche se nelle ultime ore sembra esserci stato qualche ripensamento). Ma anche la convocazione del congresso, le primarie, la nuova organizzazione del partito, la nomina del vicepremier. Per la prima volta c’è chi parla apertamente della successione del Cavaliere. Un argomento tabù tra i banchi della maggioranza, solo fino a qualche settimana fa.
Alla Camera c’è un’atmosfera strana. Di calma apparente. Su e giù per un Transatlantico tutt’altro che gremito chi si agita di più sono i Responsabili. Il gruppetto formato da Pippo Gianni, il ministro Saverio Romano, il capogruppo Luciano Sardelli chiacchiera, passeggia, avvicina parlamentari. Poi l’annuncio: «L’esperienza dei responsabili è finita – spiega Sardelli – la prossima settimana faremo una riunione del gruppo e cominceremo a lavorare a un nuovo soggetto politico». Un nuovo movimento, giurano, «autonomo ma alleato» del Pdl.
I leghisti invece si sono dati appuntamento a Palazzo Chigi, al termine del breve Consiglio dei ministri di questa mattina. Un vertice tra Roberto Maroni, Umberto Bossi, Roberto Calderoli e Giulio Tremonti. Al termine, l’unico a parlare è il titolare del Viminale: «Il segnale – spiega – c’è stato ed è stato forte. Non deve essere sottovalutato e io non lo faccio. Cerchiamo di capire se questa maggioranza ha la capacità di reagire o resta inerte, che sarebbe la cosa peggiore».
Tra le fazioni che rischiano di dare più pensieri al Cavaliere c’è quella degli ex An. «È vero – racconta uno dei principali esponenti dell’area – ci stiamo vedendo. Poco fa ho partecipato a un incontro in cui abbiamo stilato una serie di scadenze. Nelle prossime ore ci saranno una serie di contatti con tutta l’area. Incontri che coinvolgono tutti i livelli del partito». Nel primo pomeriggio i ministri Altero Matteoli, Ignazio La Russa e il capogruppo Maurizio Gasparri si sono incontrati a Palazzo Chigi. Un vertice per preparare l’appuntamento con il Cavaliere di domani pomeriggio. «Non c’è mica solo la Lega ad alzare la voce» continua il parlamentare che chiede di rimanere anonimo. «Anche noi adesso vogliamo delle risposte forti. Il partito va modernizzato e il Governo (Tremonti, ndr) deve trovare il coraggio di aprire la borsa. Altrimenti Berlusconi come pensa di abbassare le tasse?».
E poi c’è Gianni Alemanno. Ultimamente sempre più loquace. In mattinata il sindaco di Roma è tornato a parlare del futuro del Pdl. Un partito che deve «obbligatoriamente cambiare nome» e affrontare «una nuova fase politica». Alemanno ha anche la soluzione: «Il tema preliminare -spiega- è quello di una profonda riaggregazione intorno al Pdl. In questi anni si sono distaccati molti pezzi, per questo è necessario fare il congresso, che richiami in un rapporto federativo tutte queste realtà». Una federazione dove potrebbe trovare spazio anche una nuova An, magari con l’aggiunta di qualche reduce di Futuro e Libertà? «Penso che le porte debbano essere aperte a tutti» chiarisce il sindaco.