L’ultimo fotogramma di quella che doveva essere la serata di chiusura della campagna elettorale di Letizia Moratti è, in piccolo, l’emblema del terremoto che sta attraversando il centro-destra, a livello nazionale. Siamo a Milano, piazza Duomo, poco prima della mezzanotte. Gigi D’Alessio, che qui doveva esibirsi per Letizia Moratti, ha annullato il suo intervento. Nel backstage del palco, mentre lo spettacolo va avanti, Paolo Glisenti (uomo di fiducia della Moratti fin dai tempi della Rai e richiamato in tutta fretta nello staff del sindaco, dopo la sconfitta al primo turno) litiga con Red Ronnie, l’ex dj che cura l’immagine del sindaco. La scaletta è saltata, la serata è a brandelli, il pubblico urla che vuole “Gigi”. Si discute sull’opportunità di collegarsi telefonicamente con il cantante. Nonostante l’ora e il pasticcio precedente. Glisenti è furibondo. Red Ronnie cerca di metterci una pezza. Gli attori, travolti dai fischi degli spettatori mentre recitano le loro pièce su Milano, sono collerici. La piazza, intanto, si è riempita, ma il pubblico non sembra aver gradito le promesse disattese.
Ma facciamo un passo indietro. Intorno alle sette e trenta (orario previsto per l’inizio del concerto), la piazza è semivuota. Chi c’è? Qualche militante – giovane – giunto in città da fuori Milano, grazie ai pullman organizzati dal Pdl, molti extracomunitari curiosi, un gruppo di adolescenti in preda ai deliri puberali per D’Alessio, accompagnate dalle madri. Qualche ciellino distribuisce volantini, dicendo che – nel programma di Pisapia – c’è scarsa attenzione per la famiglia. «Gli interessano più i gay», ci dice una mamma di mezza età che ha indosso la maglietta con la scritta “Vota Letizia”, distribuita da qualche gazebo in piazza. La donna precisa: «nessuno mi ha pagata», tanto per sventare le consuete «accuse dei comunisti». A esibirsi sul palco, giovani e sconosciuti cantautori della scuola Cpm di Franco Mussida (che però, ci ha tenuto a chiarire di non essere legato ad alcuna corrente politica). L’attrice Saba Anglana (prevista in scaletta) si ritira quando apprende che la serata è in sostegno di Letizia Moratti. Circostanza quantomai curiosa: era scritto su tutti i giornali da un paio di giorni prima. Qualcuno si chiede se Letizia verrà, ma di politica – in realtà – si parla poco. Molti sono qui solo per “Gigi”. I gazebo distribuiscono acqua, focacce assai poco sapide e qualche maglietta bianca con la scritta blu per la Moratti (ma finiscono subito).
Intorno alle otto Daniela Santanché, la pasdaran accusata di aver mal consigliato la Moratti, lascia la piazza, scortata da un po’ di corte. Romano La Russa, fratello del ministro Ignazio, scherza con qualche amico, dicendo che «ce la faranno», ma il tono è metà rassegnato e metà compiaciuto. Il vicesindaco Riccardo De Corato è cupo in volto: ci dice che Letizia verrà intorno alle nove e trenta, ma mancano già pochi minuti alle dieci. L’assessore Giovanni Terzi non sa rispondere se sia prevista la presenza di Gigi D’Alessio, né, tantomeno, della Moratti. Quando chiediamo a chi dobbiamo rivolgerci per avere rassicurazioni in merito, ci risponde «Non lo so». Maurizio Cadeo, assessore al verde, presiede paziente come quel giorno di quasi due settimane fa, quando a Palazzo Marino, sede del Comune, iniziavano ad affluire dati scoraggianti sugli esiti del voto.
Poco prima, intorno alle nove meno un quarto, un grosso pannello (né sul palco, né sui monitor c’è una sola scritta sulla Moratti o sul partito, non sembra di essere a un comizio finale) annuncia che alle 21 e 15 si esibirà Bryan Ferry, il fondatore dei Roxy Music che ora ha 66 anni. Apriti cielo. Il pubblico (5mila per la questura, 40mila per gli organizzatori) inizia a chiedersi dove sia “Gigi”. Intanto, le agenzie di stampa informano su un D’Alessio barricato in albergo e deciso a non esibirsi per presunte minacce di morte. Dal pomeriggio, il tam tam in rete, sui social e sui siti, si esibisce nel rilancio al dileggio più creativo nei confronti del cantante. Molti si chiedono perché portare a Milano il simbolo melodico della napoletanità (che si esibirà stasera nella città natale, in sostegno al candidato pidiellino Lettieri, salvo altri incidenti di percorso). A spezzare l’attesa arriva il presidente Formigoni che scherza e pare disteso. Gli chiediamo perché il partito abbia lasciato sola la Moratti, in campagna elettorale. Minimizza e ride. Gli chiediamo se ci sia “Gigi”, risponde scherzando che canterà lui in persona, di accontentarsi. Rassicura, invece, sull’arrivo del sindaco uscente nei successivi minuti e su una vittoria del Pdl al ballottaggio.
Il pubblico, continua a domandarsi dove sia Gigi. Più che impaziente, arrabbiato. Bryan Ferry si esibisce. Alle dieci arriva la Moratti. Molti sorrisi, mani strette, applausi, cori da stadio (“Oh, Letizia, sindaco di Milano” e “Sei tutti noi”). Un gruppo della zona quattro di Milano (Corvetto-Rogoredo) le confessa «sono due giorni che non mangiamo per lei». Non è chiaro perché, ma sembra che siano in lutto. Un altro le fa il baciamano e un’anziana signora informa il sindaco che «Gigi non c’è, per colpa dei comunisti». Le si rivolgono più con rassegnazione e conforto che con la grinta di chi può rimontare all’ultimo miglio. Dopo il giro tra il pubblico, Letizia sale sul palco. La accoglie Iva Zanicchi, con un braccio ingessato e abbigliata con una veste simile a una tenda (nuances rosa confetto). Con Formigoni e Terzi accanto, la Moratti urla: «vi voglio bene e voglio bene a Milano». E meno male. La Zanicchi la costringe a cantare “O mia bela Madunina”. Sbaglia la nota e riprende. La Moratti bisbiglia. Un gruppo di robuste adolescenti, in prima fila, urlano che vogliono Gigi. La Zanicchi prosegue, ignorandole. Costringe palco e pubblico a sottoporsi a un test per verificare la milanesità di ciascuno: uno scioglilingua in dialetto che viene però sbagliato da tutti. Conclude, quindi, che: «Qui nessuno è milanese», e ride.
Mentre gli strilli sulle sorti di Gigi si fanno più insistenti, credendo di non essere sentita, la cantante si rivolge a Formigoni: «Oh, queste aspettano Gigi. Come facciamo?». Per sciogliere l’impasse, un colpo di genio: annuncia un collegamento telefonico con Gigi. Inesistente. Il sindaco, a quel punto, scende dal palco, seguita dagli uomini del partito, tra i fischi sempre più insistenti. Sul palco, sale l’attore Edoardo Sylos Labini. Tenta di recitare qualcosa su Milano, ma viene travolto dalle proteste. Andiamo a cercare D’Alessio al suo albergo, in piazza Fontana, a pochi passi dal Duomo. Pare sia ripartito per Napoli. Le urla si fanno via via più iraconde: «Vogliamo Gigi», «A casa!», «Ci avete preso in giro!». Tiziana, 14 anni, mi dice che è venuta qui per Gigi e siccome non c’è, urlerà così forte da far interrompere lo spettacolo. Chiedo alla mamma della ragazza che la accompagna se abbia votato per la Moratti. «No – mi risponde – io risiedo fuori città».
I musicisti dell’orchestra che doveva esibirsi, accordano gli strumenti nei camerini, in attesa di suonare, ma – quando chiediamo a che ora saliranno sul palco – rispondo che non lo sanno perché «è saltata la scaletta». La serata si trascina, sempre più zoppa, fino all’intervento di Red Ronnie che, in viva voce, trasmette la dichiarazione di Gigi D’Alessio, in collegamento telefonico: «Ero a Milano con tutto l’affetto ma su internet sono arrivati messaggi brutti. Credevo di partecipare ad una festa invece era una guerra». Un baccano di fischi ed urla sovrasta la voce. Si fa il nome della Lega, tra i responsabili della defezione del cantautore. Più tardi Salvini dichiarerà: «Se mai ci sono state minacce, provengono in parte dagli ambienti della sinistra e in parte da napoletani che non conoscono Milano e la sua capacità di accogliere. Non vorremmo che dietro queste minacce ci fosse anche la malavita, ma io non conosco quella realtà e quindi preferisco non esprimermi».
Mentre Ignazio la Russa, sul palco con Ronnie, si lancia a questo punto in un’entusiastica promessa – «Se vincerà la Moratti verrà qui Gigi e anche Van De Sfroos» – noi concludiamo che, stando alle ragioni di D’Alessio, a vincere la campagna elettorale, in queste elezioni di primo ventunesimo secolo, è stata la rete.