L’uomo necessariamente si muove, se no è morto. Il problema è se si muove fuggendo o vagabondando senza senso o se si muove, invece, in una direzione dove desidera realizzare la propria vita. Allora è un pellegrino, non un esule, non un fuggiasco.
III Domenica di Pasqua
Luca 24, 13-35 (leggi qui il testo integrale)
Questo testo parla di piedi, di bocca, di occhi, di orecchi, di mani, di cuore. Sono i vari organi dell’uomo. Poi si vede che il Signore Risorto fa l’uomo nuovo tutto intero. È il miracolo dei miracoli.
Ed ecco che due di loro nello stesso giorno erano in cammino verso un villaggio distante sessanta stadi da Gerusalemme di nome Emmaus. Ed essi conversavano l’un l’altro su tutte queste cose che erano accadute. E avvenne mentre essi conversavano e questionavano addirittura lo stesso Gesù avvicinatosi camminava con loro. Ora i loro occhi erano impossessati per non riconoscerlo. Ora disse loro: «Che sono queste parole che vi ributtate l’un l’altro passeggiando?». E si arrestarono col volto scuro.
«Due di loro»…sono due discepoli: di uno si dice il nome, Cleopa, probabilmente lo zio di Gesù, dell’altro non si dice il nome. L’altro siamo sempre noi che leggiamo, e il testo parla sempre al lettore del lettore, cioè parla a me di me. Che cosa fanno i “due di loro”? Erano stati a Gerusalemme, avevano seguito Gesù, ma conclusa l’avventura tornano alle faccende quotidiane: vanno a Emmaus.
Emmaus è a sessanta stadi, quattordici chilometri circa, da Gerusalemme. È definita così puntualmente che ancora oggi, cercando Emmaus, non si riesce a trovare. Ma ce ne sono tantissime. Probabilmente ognuno ha la sua Emmaus, dove fugge. Mentre Gesù va a Gerusalemme, la città della gloria di Dio, noi uomini, da Adamo in poi, facciamo il cammino opposto. E, mentre andiamo, parliamo l’un l’altro di quel che è capitato.
I due discepoli non riescono a spegnere del tutto quello che hanno nel cuore, – in greco è scritto “fanno l’omelia”, si parlano – e mentre parlano cosa fanno? Litigano su ciò che era accaduto, cioè dicono : “è accaduto così, ma era così, ma se avesse fatto così”. Fanno tante infinite questioni e mentre parlano il Signore è vicino con loro, fa i loro stessi passi.
Però i loro occhi sono impossessati dai loro problemi e non vedono, come noi. Noi vediamo quello che ci preoccupa, non la realtà: tutte le scocciature, le persone inopportune, quelle antipatiche, chi al semaforo non scatta al momento giusto, le notizie brutte dei giornali. Come i discepoli, non vediamo il Signore che è presente nella realtà. Gesù chiede loro: “Ma di cosa parlate?”. La loro risposta è semplice: il volto scuro. Cioè un non volto. Non hanno volto, non hanno identità, non hanno relazione. L’unica relazione che hanno è litigare e questionare.
Ora rispondendo uno di loro di nome Cleopa disse a Lui: «Tu solo abiti forestiero in Gerusalemme e non conosci le cose avvenute in essa in questi giorni?». E disse loro: «Quali?». Essi gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù il Nazareno che fu uomo, profeta, potente in opera e parola davanti a Dio e a tutto il popolo e come i nostri sommi sacerdoti e i nostri capi lo consegnarono alla condanna a morte e lo crocifissero. Ora noi speravamo che fosse Lui colui che avrebbe riscattato Israele, ma con tutto questo è il terzo giorno da che tutto questo avvenne. Ma anche alcune donne di noi ci sconvolsero, essendo state al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, vennero dicendo di aver visto anche una visione di angeli che dicono che Egli vive. E se ne andarono al sepolcro alcuni di quelli che sono con noi e trovarono così come anche le donne dissero, ma Lui non lo videro».
Cleopa parente stretto, discepolo bravo, gli risponde quasi con un insulto: «Tu solo abiti forestiero in Gerusalemme e non conosci le cose avvenute in essa in questi giorni?». È l’obiezione che abbiamo costantemente noi: «Ma dove sei? Non vedi cosa capita a me? Non vedi cosa succede nel mondo?». Cioè Gesù sembra l’estraneo assoluto da tutto ciò che capita a noi e agli altri. E Lui domanda: «Cos’è capitato?». E allora raccontano la storia di Cristo che è la storia di tutti i poveri cristi e di ogni uomo. Hanno “seguito il corso”, sono stati discepoli) hanno visto tutto, sanno tutto bene a memoria: sanno il catechismo.
È interessante questa forma di conoscenza della fede che abbiamo: abbiamo imparato il catechismo, abbiamo fatto tutto, ma abbiamo mai visto Lui? Questo è il problema. C’è però qualcosa che ci fa capire perché non lo vedono e che Gesù sviluppa: noi speravamo che… speravamo, però non ci ha ascoltati, tutto è come prima. Quindi sono disperati circa il modo col quale Lui ci ha salvati. Non hanno capito il senso della Croce. Ciò che per loro è delusione è invece la salvezza. Noi aspettiamo tante salvezze e dimentichiamo l’unica salvezza.
Ed egli disse loro: «O senza testa e lenti di cuore a credere a tutto ciò di cui parlarono i profeti! Non bisognava forse che il Cristo patisse queste cose ed entrasse nella sua gloria?». E iniziando da Mosè e da tutti i profeti interpretò loro in tutte le scritture le cose che lo riguardavano.
Gesù risponde dopo aver ascoltato e dà la definizione dei discepoli, che in greco è molto forte: “s-cerebrati, senza testa”. E anche “bradicardici”, cioè con il cuore che batte lentamente, un cuore morto davanti alla vita, che non capisce e non sente le cose buone.
Poi il Cristo risorto spiega la necessità della Croce. Tutto il Vangelo è stato scritto, dopo la Resurrezione, per spiegare come la Croce è il luogo della sua vicinanza assoluta a tutti i nostri mali ed è la salvezza. Quindi il grande mistero del Cristianesimo da comprendere è la Croce di Cristo.
E si avvicinarono al villaggio dove andavano ed Egli fece come se dovesse andare oltre ed essi lo forzarono dicendo: «Dimora con noi poiché è verso sera e già il giorno è declinato». Ed entrò per dimorare con loro.
Dopo tutte queste spiegazioni, essendo ormai vicini alla destinazione, nasce qualcosa di nuovo di cui ci accorgiamo dopo. Però dicono a quest’uomo: “Dai dimora con noi, perché noi siamo giunti alla sera, il sole è al declino”. Cioè cosa fa Dio con la sua Parola? Vuole solo una cosa: che noi lo invitiamo a casa nostra. Tutto il senso della Scrittura, ciò che Dio fa per noi, è muovere il desiderio affinché l’uomo dica: «Dai vieni, allora, ti desidero». E lì avviene il grande avvenimento che apre gli occhi:
E avvenne, mentre era sdraiato Lui con loro, prese il pane, lo benedisse e spezzato lo dava loro. Ora si spalancarono gli occhi loro e lo riconobbero ed egli divenne invisibile da loro.
In questo passo si racconta quel che si fa ancora quotidianamente nell’Eucaristia: prima si spiega l’Antico testamento, poi un brano del Vangelo che fa vedere come Gesù realizza le promesse di Mosè e dei profeti, infine lo spezzare del pane per donarlo. “Prese il pane, lo benedisse e spezzato lo dava loro”: vuol dire che lo riconosciamo quando mangiamo il suo pane.
Una volta che lo invitiamo a entrare con noi e mangiamo il suo pane, Lui vive con noi e noi viviamo di Lui. Il suo pane qual è? È prendere tutto come dono. Non un prendere per possedere e per privare gli altri o per rubare. E Lui non scompare ma “diviene invisibile”: per fortuna, perché la visibilità di Dio siamo noi che abbiamo il suo stesso volto. Allora si aprono gli occhi.
E dissero l’un l’altro: «Non era forse il loro cuore ardente in noi quando ci parlava nel viaggio, quando ci spalancava le Scritture?».
Questo è il centro di tutto. Il loro cuore ha cominciato ad ardere. L’esperienza del Risorto è il passaggio dalla solitudine, dalla fuga, dal litigio, dall’amarezza, al cuore che si scalda, al desiderio, alla speranza, alla fraternità, alla fiducia. Cioè il passaggio dalla desolazione alla consolazione.
E alzati in quella stessa ora tornarono a Gerusalemme e trovarono riuniti gli undici e quelli con loro che dicevano: «Davvero è risorto il Signore e fu visto da Simone». Ed essi raccontarono le cose lungo il viaggio e come fu riconosciuto da loro allo spezzare del pane.
Ecco che all’improvviso si alzano – in greco è “risorgono”, la stessa parola della Resurrezione. Prima erano morti, ora risorgono e ritornano. La parola ritornare è il contrario della fuga, è la “conversione” verso Gerusalemme, verso Dio e i fratelli. Lì incontrano tutta la comunità dalla quale fuggivano.
Questi uomini sono uomini nuovi: prima hanno piedi che camminano ma in direzione contraria, poi tornano verso Gerusalemme. Prima hanno bocca per litigare, poi hanno bocca per confessare la fede comune. Prima hanno occhi impadroniti dalle paure, che non vedono, poi gli occhi si spalancano, la mente si illumina, e gli uomini vedono. Prima le mani non si sa a cosa servano, poi servono per prendere quel pane donato e donarlo.
*biblista e scrittore
Il testo riportato è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni. L’audio originale può essere ascoltato qui.
Nella foto: Antonio A. Salvador, «È vivente II», foto, 2011 – per gentile concessione di Galleria Blancheart