Marcianise – Berlino andata e ritorno. La vicenda di Tatanka (trailer) si declina fra la provincia di Caserta, il viaggio verso nord e il nostos di Clemente Russo per l’ultimo incontro. Clemente Russo, pugile e vice-campione olimpico, è il perno attorno a cui ruota tutto il film Tatanka di Giuseppe Gagliardi. Il regista, al suo secondo lungometraggio, a Linkiesta ha spiegato che quella di scegliere un pugile vero è stata «una scelta rischiosa e necessaria allo stesso tempo».
Rischiosa e necessaria perché il film ha una premessa indispensabile. Si tratta dello scritto da cui trae spunto, Tatanka Skatenato di Roberto Saviano contenuto ne La Bellezza e L’Inferno, il libro che ha seguito Gomorra. Da questo è partito Giuseppe Gagliardi. Saviano descrive la scuola di boxe di Marcianise, cita Omero («Non c’è impresa migliore che quella realizzata con le proprie mani») e costruisce un profilo di due pugili, Clemente Russo e Domenico Valentino. Della disciplina, scrive: «Rimane uno sport epico perché si fonda su regole della carne che pongono l’uomo di fronte alle sue possibilità».
Il film è in bilico fra elementi di realtà e quelli finzionali. «La cosa necessaria era documentare una realtà, anche se non parlerei proprio di non-fiction. Ci sono elementi di realismo, come l’uso del dialetto o il ricorso ai non attori», sopratutto per Gagliardi «il “documentario” vero e proprio viene fuori negli incontri di boxe, perché sono incontri fra pugili veri». E così si vede Clemente Russo interpretare una versione romanzata di se stesso, fra fatti avvenuti e verosimili.
Il vero protagonista di Tatanka è il corpo. «È l’elemento centrale di tutte le scelte legate al film e ne è il protagonista, insieme ai luoghi. Attraverso i due elementi si sviluppa la narrazione». Marcianise e la provincia di Caserta scorrono a fianco del protagonista Michele e l’amico Rosario. Per la prima parte del film, dove sono ragazzi, sono stati scelti due attori non professionisti. «Secondo me è la parte più riuscita del film» dice Gagliardi. Ed è proprio all’inizio che c’è una delle scene più significative. «È un esempio del contesto in cui i personaggi crescono e segna il protagonista». Durante un interrogatorio di un amico dei due protagonisti, dei poliziotti commettono delle violenze che portano alla morte di un ragazzo. Si tratta di un episodio di cronaca, che risale al 1985 a Palermo.
Un danno di immagine alla Polizia che, secondo Il Mattino, sarebbe costata a Clemente Russo una sospensione di sei mesi. Il pugile è infatti un dilettante, condizione necessaria per partecipare alle Olimpiadi, e fa parte delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato. Il quotidiano di Napoli scrive che Russo «non avrebbe rispettato» la richiesta dei suoi dirigenti di far modificare alcuni punti della sceneggiatura di Tatanka. Secondo quanto filtrato dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza, all’origine della sospensione ci sarebbe il fatto che il pugile non avrebbe chiesto l’autorizzazione per partecipare al film. Per Gagliardi, «Clemente ha preso parte a un’operazione che voleva lanciare un messaggio di speranza».
Ad ogni modo Roberto Saviano ha espresso tutto il suo apprezzamento per il film. «Prima in tempi non sospetti», dice il regista, e poi con un articolo su Repubblica, dove ha scritto: «Una storia (…) che lega due ragazzi colmi di vita e passione, come tutti i loro coetanei, ma che vivono in un territorio dove ogni possibilità sembra già decisa, ogni azione un’azione di guerra, emigrare o lavoro nero. Cantieri o racket, sfruttamento o affiliazione. E poi però c’è il pugilato. La via di fuga che non ti aspetti».
Il film che voleva Gagliardi, era «un film sopratutto bello dal punto di vista visivo». Il grande lavoro sulla fotografia e sulla musica si lega nella parte del film ambientata a Berlino. «In quel caso, si è scelto di spostare il protagonista in una realtà che non c’entra niente con la sua vita. È una parte strumentale all’ultima, quella del ritorno». In mezzo a tutto questo, il racconto della Campania profonda, dell’epica del pugilato, della camorra e del lusso artificiale nella miseria. Per Gargliardi, l’intento del film era «raccontare l’inferno che può esserci nella vita, per poi ritrovare la bellezza» che, in Tatanka, è il pugilato.