Zitti zitti, quatti quatti, hanno aumentato di nuovo i prezzi dei biglietti ferroviari. C’era stata un’ondata di rincari a febbraio, ma nel silenzio totale dal primo aprile sono scattati nuovi “accorgimenti tariffari”. Le segnalazioni degli utenti sono arrivate ad Altroconsumo e a Codacons: quest’ultima associazione ha presentato qualche giorno fa un esposto all’Antitrust e alla Procura della Repubblica di Roma, chiedendo anche di aprire un’indagine sugli aumenti tariffari e su eventuali carenze di comunicazione all’utenza.
Il Codacons inoltre ha sulla scrivania, pronto ad essere inoltrato, un ricorso al Tar Lazio allo scopo di bloccare gli aumenti che – secondo i conti dell’associazione – sono tripli rispetto al tasso di inflazione e rischiano di avere ripercussioni pesanti sull’economia nazionale. In sostanza – è la tesi dell’associazione dei consumatori – il servizio è rimasto uguale, cioè pessimo, se si considerano gli Intercity, e l’aumento dei prezzi non ha spiegazione alcuna.
Andiamo con ordine. I rincari medi ammontano al 7% per Intercity, Espresso e Frecciabianca; inferiori i rincari dei treni Alta Velocità (+2%). Il che si traduce, secondo quanto calcolato dall’ufficio legale del Codacons, in una maggiore spesa per i viaggiatori di 17 euro a famiglia su base annua. «Non siamo tenuti a informare su ogni singolo aumento», ci fanno sapere da Trenitalia, precisando che l’incremento medio del 7% è relativo alle tariffe dei treni sotto Contratto di Servizio con lo Stato (Intercity, Intercity Notte, Espressi Notte ed alcuni Eurostar). Insomma, le tariffe sono decise dal committente, lo Stato, appunto, così come previsto dal contratto di servizio. In sostanza: il servizio rimane uguale, i treni Espressi e Intercity, soprattutto quelli notturni, rimangono quelli fatiscenti di sempre, però il biglietto aumenta. E perché? “Chiedetelo allo Stato”.
Il committente, però, in questo caso è anche il padrone dell’azienda fornitrice del servizio: lo “Stato”, infatti è proprietario di Ferrovie dello Stato che a sua volta controlla al 100% Trenitalia. Insomma, poco importa chi abbia deciso: l’aumento c’è stato. E riguarda soprattutto quei treni che – come da dati Pendolaria, il rapporto annuale di Legambiente – sono i più soggetti a ritardi e a lamentele. Basta seguire per una settimana la sezione “Viaggia treno” presente sul sito di Trenitalia e che permette di constatare in tempo reale quali convogli viaggino puntuali e quali in ritardo. Qualunque stazione scegliamo, sarà difficile trovare un giorno senza un treno Intercity o Espresso che non faccia ritardo. Altra questione poi è l’entità del ritardo stesso. Infatti per Trenitalia fino a 15 minuti dopo l’orario previsto, il treno sulla carta è puntuale. Andatelo a dire a chi ha appena perso una coincidenza.
Comunque gli aumenti non sono stati solo quelli dei treni soggetti a Contratto di servizio. E qui la stessa Trenitalia c’entra eccome. Infatti sono aumentati da pochi giorni anche i cosiddetti “treni a mercato”, quei treni, cioè, soggetti a rischio d’impresa. Quelle tratte e quei convogli che devono ripagarsi i costi solo con il prezzo del biglietto. È incrementato di poco, appena del 2% il prezzo dei Frecciarossa, già da febbraio e i Frecciargento. Più sette per cento invece per i cosiddetti Frecciabianca.
«Questi treni devono ripagarsi con il mercato, senza aiuti statali, quindi si è agito nell’ottica della sostenibilità economica degli stessi e di un concomitante recupero del tasso inflattivo», è la risposta dell’azienda. Insomma, è il mercato baby. La domanda arriva spontanea: perché è stato necessario aumentare i prezzi dei biglietti?
Sull’Alta velocità di Trenitalia hanno viaggiato, nel 2010, 18 milioni di passeggeri. Più di un milione al mese che, fino a sabato scorso, hanno potuto usufruire anche gratuitamente della linea wifi, grazie a un accordo con Telecom Italia. C’è stato un incremento del 24% dei passeggeri sulla Roma-Milano e del 23% sulla Milano Napoli. I costi dei biglietti però su queste direttrici sono rimasti invariati. I ritocchi ci sono stati altrove, dove l’affluenza è stata minore e dove i treni viaggiano costantemente con numerosi posti liberi.
L’Alta velocità, insomma, è un successo sulle rotte più commerciali, dove ha rosicchiato passeggeri alle compagnie di volo, un po’ meno in altre città dove il prezzo comunque elevato dei biglietti fa continuare a preferire lo spostamento in auto e dove, dopo un’euforia iniziale, c’è stata una emorragia di utenza.
«Nonostante tali adeguamenti dei prezzi – ci ribattono da Trenitalia – resta ancora molto consistente la differenza fra i prezzi base dei servizi ferroviari in Italia, rispetto a quelli dei principali paesi europei di riferimento. A parità di costi di produzione e di standard qualitativi». Questo può essere vero per i Frecciarossa, non certo per gli altri Eurostar né tantomeno per gli Intercity.