In politica non mi bisogna mai farsi impressionare dai cambiamenti. I cambiamenti vanno letti. Talvolta sono conseguenti all’insuccesso, talvolta son il frutto della presunzione. L’investimento di Angelino Alfano va letto in molti modi. Dubito che sia interpretabile come un cambiamento radicale. Cambiare, infatti, è solo un dato preliminare. Fondamentale è come si cambia. Talvolta la modalità suggerisce anche che il cambiamento è solo una tecnica, ma non una sostanza.
Consideriamo il modello di cambiamento che ha al centro il problema della successione.
Un modello che ha come principio la salvezza e la salvaguardia dell’istituzione, e dunque la continuità del potere. E’ il modello della successione monarchica. Forse l’esempio più istruttivo alla data di oggi è rappresentato dall’esperienza di Elisabetta II e dunque dall’idea di continuità possibile di una dinastia che ha il problema del salto di generazione. E’ la sindrome Carlo d’Inghilterra, della sua eterna attesa e della gestione di un passaggio di testimone che tutti si aspettano il più lontano possibile. In questo caso il messaggio costantemente lanciato è la possibilità del rinnovamento attraverso un innesto giovanile cui è affidato il compito di garantire la continuità. La discontinuità, infatti, verrà testimoniata nell’investitura, non nel progetto rappresentato dall’investito. L’atto e non la sostanza segnerà il cambiamento. La sostanza, al contrario, dovrà garantire il massimo di continuità possibile.
Interpretiamo allora l’ultima stagione del PDL a partire da questo fenomeno. Ci sono stati almeno due stagioni politiche dell’area che ha avuto finora Silvio Berlusconi come dominus incontrastato. La prima è la fase della fondazione: vi fanno parte figure che vedremo scomparire rapidamente. Per esempio: Antonio Martino, Giuliano Urbani, Tiziana Parenti. Sono quelli che hanno una visione culturale autonoma o una fisionomia professionale data. Più o meno nel 1997 sono già in uscita.
La seconda stagione è fatta da figure che hanno una competenza, ma soprattutto hanno una storia politica propria. E’ costituita in gran parte da personale politico che proviene dal mondo del Psi, del Pci e della Dc. Gli unici ad avere una formazione di gestione politica. Sono la classe politica di Forza Italia. Sono i cinquantenni e i sessantenni quelli che costituiscono la prima cerchia dei testimonial. Se non hanno un mercato politico proprio – come per esempio Roberto Formigoni – la sconfitta li mette seriamente in forse. E obbliga non solo a cambiare per vivere, ma appunto a fare un salto per continuare ad essere ciò che si è stati finora. Un passaggio che verrà proposto come il cambiamento, ma appunto perché esprima il massimo di continuità, fondata sul mandato fiduciario del dominus.
Angelino Alfano classe 1970, è un prodotto interno di Forza Italia, se si eccettua una esperienza di dirigente giovanile della Dc ad Agrigento. Presentato come il nuovo che avanza a me sembra il giovane che consente al vecchio di darsi un tono e di guardare al futuro con tranquillità. Proprio perché il suo mandato non è il cambiamento, o meglio la discontinuità. L’investitura senza alcun trauma o conflitto garantisce anzi il contrario.
*storico