Si parla di lui come successore di Mario Draghi a Palazzo Koch, ma in attesa di capire se Lorenzo Bini Smaghi sarà davvero il nuovo governatore di Bankitalia, sembra che la sua permanenza ai vertici di Eurotower sia giunta al termine. Proprio per via dell’ex direttore generale del Tesoro ai tempi di Ciampi, Mario Draghi. Troppi due italiani, Paese che il mercato considera al limite degli ultimi della classe in Eurozona. Il primo a dirlo fu Nicholas Sarkozy – in cambio dell’appoggio francese a Draghi – seguito a distanza di un mese dopo da Jan Kees de Jager: «Per noi è importante mantenere l’equilibrio all’interno del board Bce», aveva sottolineato al Financial Times il ministro delle Finanze olandese.
Trattati alla mano, non esiste una regola che imponga al 54enne di rimettere anzitempo il suo mandato, che scade nel 2013. Si tratta quindi di una questione di opportunità, o per dirla alla Christine Lagarde, di «lasciare elegantemente il posto». In cambio, secondo alcune fonti, Bini Smaghi avrebbe chiesto rassicurazioni sulla poltrona di numero uno di Palazzo Koch. Un ruolo per cui si è speso pubblicamente l’attuale presidente della banca centrale francese Philippe Noyer in un’intervista radiofonica a fine maggio, dichiarando che «Bini Smaghi ha le qualità ideali per guidare la Banca d’Italia».
Sarà per questo, forse, che di recente l’economista è più logorroico del solito. I suoi strali preferiti riguardano la Grecia. Oggi, a margine dell’Executive Summit on Ethics for Business World in Vaticano, l’economista ha spiegato che «la valutazione fondamentale è se la Grecia sia solvente o no e la valutazione fatta dalla comunità internazionale è che lo sia. Se si guarda alle proprieta’, alle disponibilita’ e alle inefficienze che possono essere modificate, la Grecia e’ fondamentalmente solvente». «il punto», continua l’economista «è: vuole essere solvente? Vuole vendere i suoi beni per sanare il debito? Vuole fare le riforme che sono necessarie per far pagare le tasse? Vuole ridurre le spese militari?». Toni che travalicano il suo consueto aplomb.
Nelle scorse settimane, in una sfortunato editoriale sul Financial Times, lo scorso 30 maggio, l’alto funzionario Ue ha infatti affermato che una ristrutturazione del debito ellenico comporterebbe «drammatici effetti destabilizzanti» e sarebbe come «una sentenza di morte» per il Paese. Quelli che pensano che la soluzione sia un’uscita di Atene dall’Eurozona, per Bini Smaghi, «sono come quelli che a metà di settembre del 2008 dicevano che i mercati erano assolutamente preparati al fallimento di Lehman Brothers» ha poi denunciato.
Il Nobel all’Economia Paul Krugman, nel suo blog sul New York Times, ha definito quell’uscita «totalmente sbagliata», soprattutto in riferimento all’indicatore dell’inflazione core, che per Bini Smaghi non è un buon indicatore per la politica monetaria, in quanto i prezzi di alimentari ed energia possono crescere a un tasso superiore di quelli dei prodotti manifatturieri, spingendo l’inflazione “headline” più in alto rispetto a quella core, un dato che non tiene conto dei prezzi più volatili di alimentari ed energia. Per Krugman, che smonta a suon di grafici le argomentazioni di Bini Smaghi, in un’orizzonte di 36 mesi i due indicatori sono ugualmente predittivi. Ancora il 18 maggio scorso, Bini Smaghi affermava che «la Grecia è un Paese solvente e ricco». Una primavera densa di dichiarazioni per il candidato banchiere centrale.