Bisignani, quel ponte tra prima e seconda repubblica

Bisignani, quel ponte tra prima e seconda repubblica

«Oggi se ne parla come di episodi lontani, ma Bisignani rappresenta la linea di continuità del potere andreottiano tra la prima e la seconda repubblica». Lo spiega a Linkiesta Giorgio Galli, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Milano, tra i più noti politologi italiani. Per Galli, «Bisignani, assieme a Gianni Letta, è stato uno dei grandi organizzatori della struttura che ha poi scelto di appoggiare la discesa in campo di Berlusconi nel 1994».

Stamani Luigi Bisignani, faccendiere ed ex giornalista, è stato messo ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. Non sappiamo se la sua parabola sia davvero finita, ma come è cominciata?
La prima volta che si sente parlare di Bisignani risale ai tempi in cui lavorava nella corrente andreottiana della politica romana, quel sistema di potere di cui ora si parla come se fosse preistoria ma che in realtà è sempre sopravvissuto in tutti questi anni. Il nome di Bisignani è poi tornato agli onori delle cronache in riferimento alla P2 di Licio Gelli, e come capo dell’ufficio stampa di Gaetano Stammati che negli anni ’70 fu ministro del Tesoro durante il governo Andreotti. Prima delle vicende giudiziarie legate alla maxitangente Enimont, che furono fatali a Bettino Craxi, Bisignani fu coinvolto nell’affare Eni-Petromin: una tangente per assicurare al gruppo italiano un contratto petrolifero in Arabia Saudita. Fino a oggi, però, Bisignani era sempre uscito indenne dai procedimenti giudiziari.

Berlusconi una volta disse di Bisignani: «è più potente di me». Qual è il rapporto tra i due?
Alle origini di Forza Italia, quando il Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) si ritrovò in difficoltà, Bisignani era legato a quel sistema di potere di derivazione piduista che contribuì a strutturare la discesa in campo di un Berlusconi – appoggiata da Fede e osteggiata da Confalonieri – piuttosto indebitato, ma forte dell’esperienza vincente di Publitalia. Anche Gianni Letta, che prima di diventare l’eminenza grigia dipinta dalla stampa italiana era il direttore vicino ad Andreotti del Tempo di Roma, ebbe un ruolo attivo come “organizzatore” della nuova corrente politica berlusconiana. 

Alla luce delle recenti tornate elettorali, questa “struttura di appoggio” tiene ancora?
Quando è cominciata la parabola berlusconiana, Letta e Bisignani erano dei 30-40enni, oggi sono passati due decenni e quando sento Ferrara che chiede a Berlusconi di ritornare quello del 1994 mi viene da ridere. Il Cavaliere non è mai stato l’inventore di una nuova rivoluzione liberale, semmai artefice dell’evoluzione dei compromessi che caratterizzavano la prima repubblica, e di un potere formato attorno a una certa cultura televisiva. Se, come sostiene Marshall McLuhan, “il mezzo è il messaggio”, il grande salto di internet probabilmente rappresenta anche un cambiamento in termini di rappresentazione del potere. Un salto la cui portata e dimensione non è avvertita da Letta e Bisignani. Tuttavia, a meno che sulla scena italiana non si affacci un nuovo soggetto politico in grado di aggregare consenso, anche l’opposizione è legata allo stesso universo culturale e comunicativo di Bisignani: non vedo novità all’orizzonte.

Nessuno, quindi, prenderà il posto di Bisignani come perno di interessi diversi ma legati allo stesso blocco di potere?
Il sistema di Craxi e Andreotti è crollato dall’interno come l’impero sovietico. Dopo il ’68, la costellazione di movimenti confusi in Italia non è stata in grado di generare un soggetto politico capace di esprimere una retorica diversa, e quindi il sistema non venne messo in discussione. Oggi, come allora, credo sia difficile accada il contrario. 

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