Chi prova a toccare Rcs muore. Ieri Ricucci, oggi Bisignani

Chi prova a toccare Rcs muore. Ieri Ricucci, oggi Bisignani

Quando un generale vittorioso tornava a Roma il rischio che venisse travolto dall’eccitazione della folla per tanta gloria era tale che era compito di un schiavo, o di un umile soldato, ricordargli i limiti della natura umana. Sembra sia questa l’origine del memento mori, la frase con cui si ricordava al povero generale che prima o poi anche lui avrebbe dovuto girare i piedi all’uscio. Nell’Italia moderna dei potentati economici ad assumersi il ruolo di ricordare ad ognuno la propria umana finitezza ci pensa spesso Rcs Mediagroup. La vulgata sul gruppo editoriale milanese è infatti che chi la tocca muore. Ne ha fatto le spese Stefano Ricucci, il barbaro che stava calando su via Solferino, e si potrebbe pensare lo stesso di Vittorio Farina, azionista di maggioranza della Ilte. «Abbiamo manifestato il nostro interesse ma non c’è alcuna trattativa in corso» aveva detto sulla sua ambizione di mettere le mani sugli otto periodici, redazioni incluse, di cui Rcs si vorrebbe liberare (nello specifico lo storico settimanale economico Il Mondo, assieme a Novella 2000, Visto, Astra, Max e Ok Salute e a due riviste specializzate).

Certo Farina non era visto come un barbaro alle porte e sembrava essere in prima fila per portarsi a casa le testate Rcs. Del resto nella cerchia di potere attorno al gruppo editoriale la figura di questo stampatore-immobiliarista era ben nota da tempo. Sicuramente dal 2004, quando comprò un blocco di immobili di Banca Intesa. Gran parte dei palazzi venne poi girata a società della galassia di Marco Tronchetti Provera e di Pirelli Real Estate. Un’operazione di cui si favoleggia ancora nel mondo della finanza milanese, tanto più adesso che qualcuno ha acceso una piccola luce.

Solo che alle Ilte non c’è solo Farina. Al suo fianco c’è anche Gigi Bisignani: «Mi annoiai subito a fare il giornalista e arrivai alla Ferruzzi dove sono diventato direttore generale della sede di Roma» dice il faccendiere ai magistrati di Napoli che lo indagano. «Praticamente – aggiunge – ero l’omologo di Gianni Letta alla Fininvest. Guadagnavo 300-400 milioni l’anno. E dopo la vicenda della tangente Enimont, Vittorio Farina mi ha invitato a lavorare con lui; oggi sto alla Ilte dove guadagno 12-13 mila euro al mese». Che ruolo abbia esattamente alla Ilte è ancora tutto da chiarire ma le dichiarazioni dell’ex cronista dell’Ansa confermano alcune intercettazioni della procura di Napoli da cui emerge in maniera chiara e distinta la forte vicinanza fra i due.

La trattativa con Rcs si è così improvvisamente fermata e l’accordo, che fino al giorno prima veniva dato quasi per fatto, è improvvisamente diventato irreale, come gli elefanti che volano o i settimanali che fanno profitti. Il 16 giugno infatti il comitato esecutivo di Rcs Mediagroup ha dato lo stop alla vendita dei periodici: già perché il comitato «ha esaminato le dichiarazioni di interesse pervenute dal mercato per la loro acquisizione, ritenendole inadeguate. Il comitato ha dato mandato all’amministratore delegato di condurre gli opportuni approfondimenti per individuare le forme più adeguate per la ristrutturazione ed il recupero di redditività delle testate, ovvero per la loro dismissione». I comitati di redazione delle testate coinvolte, vale a dire i sindacati, erano già sul piede di guerra e, a leggere quelle righe, devono aver tirato un gran sospiro di sollievo di non finire nelle mani della Ilte. Fortuna per loro, di fare la guerra a Farina non c’è stato alcun bisogno. La Procura di Napoli aveva già emesso il suo memento mori per il generale fin lì così vittorioso. 

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