NAPOLI – Quando, nel lontano 2003, il monitor collegato con Ginevra diede l’amaro responso, Rosetta Iervolino restò impietrita: nella mano un corno rosso, inutile portafortuna e sul groppone i problemi di una città che per mesi si era concentrata su strambate, virate e gennaker. Ernesto Bertarelli, l’uomo della Coppa America di Vela, aveva detto no a Napoli come sede dell’evento, preferendole Valencia. Oggi, otto anni dopo, la sirena velica ritorna ad incantare la politica napoletana. E stavolta non è nemmeno la storica America’s Cup, bensì la Vuitton Cup, meno prestigiosa anche se sponsorizzatissima.
Candidarsi di nuovo ad ospitare una kermesse del genere dopo uno schiaffone del genere? Sì: già nel programma elettorale dello sconfitto candidato a sindaco del centrodestra, Gianni Lettieri c’era una proposta del genere. Del resto il grande evento piace a Napoli e ai napoletani, lo testimonia la storia recente della città che ancora ricorda uno storico G7 del 1994 con Silvio Berlusconi premier e Antonio Bassolino sindaco.
Il neo-sindaco partenopeo Luigi de Magistris ha da poco preso possesso del suo ufficio a Palazzo San Giacomo, sta ancora prendendo contatti con l’elefantiaca macchina da 13mila dipendenti e sta facendo ancora i conti con la composizione della giunta. Eppure è già stretto nella morsa: a destra c’è il governatore della Regione Campania Stefano Caldoro che detta condizioni su tempi e modi della presentazione della candidatura partenopea. A sinistra (per modo di dire) c’è Vincenzo De
Luca, il sindaco-imperatore di quella Salerno che pure si candida a ospitare il match race. Il problema è politico: nel 2003, la candidatura di Napoli all’America’s Cup determinò una discussione intensa e accesa su tre punti fondamentali: il porto e la destinazione di Bagnoli, il futuro di Napoli Est e ovviamente, il decoro del centro storico, compresa la riqualificazione del centro storico. La Coppa America allora, così come oggi la Louis Vuitton Cup, appartengono alla categoria degli eventi che in dialetto napoletano si definiscono “frijenno magnanno”, ovvero cotti e mangiati, immediati, tempestivi.
In parole povere: se a Bagnoli per catalizzare l’interesse di chi deciderà dove tenere le regate della Vuitton ci vuole un porto più grande e dunque una variante al Piano regolatore generale, se a Napoli Est ci vuole qualcosa in più di quanto è stato fatto finora (dunque un’altra variante al Prg) se al centro storico magari i costruttori napoletani – che si sono già fatti avanti per “sponsorizzare” la kermesse – chiederanno vincoli meno pesanti, e quindi ancora varianti al Piano, come risponderà il sindaco eletto al grido di «niente più mani sulla città»? Il rischio reale è quello una discussione totalizzante su un unico tema, come accadde ai tempi della Iervolino.
Solo che de Magistris che rischia di più. Potrebbe finire col “bruciare” il periodo di luna di miele con una città già fortemente disillusa per poi trovarsi in autunno con tanti problemi irrisolti: traffico e strade colabrodo, sotto-servizi idrici e fognari disastrati, bilancio comunale in rosso profondo e cumuli di monnezza che arrivano al primo piano dei palazzi.
Per scongiurare ciò, il primo cittadino si sta concentrando sulla giunta che ha promesso di render nota lunedì 13: per ora intorno a un nucleo di nomi più o meno certi, per lo più docenti universitari come Alberto Lucarelli e Riccardo Realfonzo, si vanno aggiungendo altri nomi come quello di Giuseppe Narducci, il pubblico ministero della procura Antimafia di Napoli, già protagonista del processo Calciopoli e di quello sulle presunte collusioni con il clan dei Casalesi da parte del coordinatore campano Pdl Nicola Cosentino. Narducci non conferma né smentisce per ora, ma di certo c’è che ha chiesto un periodo di aspettativa al Csm che domani deciderà nel merito. Per lui si profilerebbe una delega alla Sicurezza e forse a Gare e Appalti.
E a proposito di calcio, il sindaco ha detto la sua anche a proposito dell’inchiesta sul calcio scommesse e sulla presenza a bordo campo, durante Napoli-Parma dello scorso campionato, di Antonio Lo Russo, esponente dell’omonimo clan camorristico del quartiere Miano: «Mi meraviglio che la società del calcio Napoli permetta a certa gente di stare a bordo campo. Il calcio deve cambiare, ci sono troppi soldi che girano attorno a quel mondo. Ne parlerò domani con De Laurentiis». Notizia in realtà vecchia di mesi, riportata dal Fatto quotidiano, ma che oggi, in concomitanza con l’inchiesta sul calcio scommesse, evidentemente è tornata d’attualità.
Tornando alla politica, il nodo è l’equilibrio coi partiti del centrosinistra: oggi il Pd, dopo un incontro col sindaco, ha reso noto che non entrerà con propri assessori in giunta, preferendo sostanzialmente dare un appoggio esterno a de Magistris. Ma non si tratta di tenere le distanze: il vero accordo tra il primo cittadino e i democrat è sulle aziende partecipate e sulle dirigenze; dove de Magistris non metterà mano a breve per due motivi. Il primo è il voler rispettare le scadenze naturali dei consigli d’amministrazione e dei contratti con i manager per evitare il pagamento di penali. Il secondo è per capire effettivamente, dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2010, cosa è possibile cambiare “in corsa” e cosa invece va cancellato o rifatto totalmente. Le tensioni sono soprattutto a sinistra: nella Federazione delle Sinistre la moltitudine di correnti e persone che si sono “fatte avanti” per occupare una poltrona da assessore rende difficile e non indolore la scelta. Diverso il discorso di Sel: i vendoliani come il Pd hanno appoggiato De Magistris solo al secondo turno. Una parte vorrebbe entrae in giunta, un’altra invece propenderebbe per un nome
“di area”. Di certo c’è che anche lì la resa dei conti è vicina: sabato ci sarà un’assemblea autoconvocata che probabilmente chiederà la testa del gruppo dirigente locale.