«Nonostante la crescente domanda di prodotti biologici, la loro qualità nutrizionale è carente». A confermare le indicazioni dell’Unione Europea secondo la quale scegliere questo tipo di alimenti fa bene all’ambiente ma non necessariamente alla salute, è l’American journal of Clinical Nutrition. Come spiega in una sua ricerca pubblicata lo scorso anno (sulla base di una revisione sistematica di studi di qualità), non ci sono prove per sostenere una differenza di qualità tra i nutrienti biologici e alimentari convenzionali.
Le piccole differenze nel contenuto di nutrienti rilevati sono biologicamente plausibili e si riferiscono principalmente ai metodi di produzione. Lo studio della prestigiosa rivista di alimentazione americana distrugge il mito dell’organic food: non ha alcuna qualità positiva che lo distingua dal cibo ordinario, quello ottenuto dai campi e dalle stalle normali dove si usano prodotti chimici. Si tratta della ricerca più vasta e approfondita mai compiuta su quest’argomento, con pubblicazioni dal 1958 al 2008 e più di 52 mila resoconti scientifici elaborati negli ultimi 50 anni. La sintesi del direttore scientifico del progetto, professor Alan Dangour, è che «non emerge prova di alcun beneficio significativo per la salute derivante dal nutrirsi di alimenti cosiddetti biologici. Tracce di minuscole differenze si possono osservare, ma è improbabile che abbiano rilevanza per la salute pubblica».
Non è una bocciatura per chi sceglie di spendere di più e consapevolmente per una qualità migliore, ma solo una chiara indicazione scientifica. Perché, nonostante la consapevolezza di Bruxelles e della comunità scientifica, la domanda di cibo sano associata all’idea del biologico è in continua crescita. Secondo la Coldiretti, sulla base dei dati Ismea Ac Nielsen, nel 2010 la spesa degli italiani in prodotti biologici confezionati ha visto il suo boom aumentando del 11,6% su base annua. A registrare i maggiori tassi di crescita sono nell’ordine i salumi (+56,4%), pasta e riso (+22,3), biscotti, dolciumi e snack (+13,5%), i lattiero caseari (+13,2%), pane e prodotti sostitutivi (+12,3%), oli (+10,2%), miele (+8%), ma anche le uova (+7,4%) e frutta e ortaggi bio, in crescita del 4,2%.
L’andamento di mercato, dove per il biologico in Italia si stima una spesa superiore a 3 miliardi di euro, conferma l’attenzione degli italiani alla qualità della tavola. Una tendenza che premia il biologico, ma anche il tipico e il prodotto a chilometri zero, acquistato direttamente dagli agricoltori o nei mercati di campagna amica dove – secondo la Coldiretti – hanno fatto la spesa 8,3 milioni di italiani nel 2010. Un settore che nel nostro Paese dà lavoro a 45.509 operatori biologici (censiti nel 2010), mentre sono coltivati a biologico 1.106.684 ettari con una crescita del 10 per cento.
Anche l’associazione dei consumatori Altroconsumo ha sposato la tesi di Bruxelles: «in sintesi il biologico fa bene all’ambiente ma non necessariamente alla salute» dice Emanuela Bianchi, alimentarista di Altroconsumo. «Perché rispettare i suoli, i cicli della natura, il “benessere animale” (sono banditi gli allevamenti intensivi) e non usare invece i pesticidi, non è sufficiente per affermare che fa anche bene. È un passo troppo lungo». Un duro colpo alle convinzioni biologiche degli italiani è stato dato dal timore per l’Escherichia coli in Europa e le conseguenti paure alimentari.
Sono infatti 43 le persone decedute a causa dell’infezione da E.coli scoppiata in Germania, secondo l’ultimo dato diffuso dalle autorità sanitarie europee. A distanza di più di un mese dalle prime evidenze, restano non chiari molti aspetti relativi alla genesi di un caso che ha determinato paura, calo dei consumi, perdita di reddito da parte degli agricoltori, contraccolpi sull’affidabilità delle istituzioni preposte alla tutela della salute e che ha investito il biologico a causa dell’individuazione del focolaio in un’azienda del settore, la Gaertnerhof Bienenbuettel, in bassa Sassonia. Paure che hanno spinto gli operatori del biologico italiani a lanciare un allarme: «Si registrano tentativi di discredito e sabotaggio del settore bio, attraverso la diffusione sui media di informazioni false e errate». In particolare, viene contestata l’associazione tra batterio killer e agricoltura biologica: «La proliferazione dell’E.coli non ha niente a che vedere con uno specifico metodo di coltivazione, che comunque deve rispettare precise norme igieniche». E il cetriolo, l’insalata e i semi di germoglio biologici sono salvi.